Sulla rivista Nature è stata pubblicata una ricerca che studia l’impatto della radioattività naturale sul funzionamento dei computer quantistici e evidenzia come le particelle gamma e i muoni cosmici (normalmente presenti nell’ambiente) possano interferire con i complessi meccanismi alla base del funzionamento dei qubit, gli elementi costitutivi dei computer quantistici. Alla ricerca, condotta dalla University of Wisconsin-Madison e da altre istituzioni americane e francesi, hanno collaborato ricercatrici delle sezioni INFN di Roma 1.
I qubit, abbreviazione per “quantum bit” (bits quantistici), sono costituiti da circuiti integrati superconduttivi; possono allo stesso tempo salvare ed elaborare dati in parallelo, rendendo i computer quantistici più veloci e potenti rispetto ai computer tradizionali. Una delle sfide fondamentali nella ricerca sui qubit – spiega l’INFN – è come estenderne la durata, evitando o correggendo errori di memoria che possono comprometterne il funzionamento.
Studiando le prestazioni di una matrice di qubit per diverse ore, gli scienziati hanno osservato che, in molti casi, diversi qubit erano simultaneamente affetti da errori di memoria: un problema cruciale per lo sviluppo di un computer quantistico. Infatti, i protocolli per correggere errori di memoria prevedono che se un qubit fallisce, gli altri possano conservare l’informazione rendendola così recuperabile. Se invece si presentano più errori simultaneamente l’informazione andrà irrimediabilmente perduta. Dunque, è fondamentale comprendere l’origine di questi errori simultanei.
Attraverso simulazioni sviluppate dal team dell’INFN che hanno riprodotto l’effetto dell’interazione di particelle della radioattività naturale con i circuiti superconduttivi, sviluppate dal team dell’INFN, è stato possibile dimostrare che questi errori simultanei sono dovuti alla radioattività naturale.
“L’esperienza maturata in ambito INFN nello studio, modellizzazione e riduzione della radioattività ambientale ci ha permesso di portare un contributo innovativo alla ricerca sul funzionamento dei qubits e si è rivelata di grande importanza per l’interpretazione dei risultati sperimentali“ sottolinea Claudia Tomei, ricercatrice della sezione INFN di Roma 1.
La ricerca oggetto di questo studio e i risultati ottenuti sono stati di ispirazione per il progetto “SQMS” (Superconducting quantum materials and systems center), coordinato dal Fermilab di Chicago e finanziato dal Department of Energy (DoE) degli Stati Uniti e di cui l’INFN è l’unico partner non statunitense.
“Le tecnologie quantistiche costituiscono un ambito di ricerca e sviluppo in rapida evoluzione, con possibili applicazioni in molteplici ambiti, dalla crittografia allo studio della materia oscura, e SQMS mira a ottenere significativi progressi in questo ambito, sviluppando in cinque anni un computer quantistico d’avanguardia, dalle prestazioni e velocità di calcolo mai raggiunte finora,” commenta Laura Cardani, responsabile del progetto SQMS per la sezione INFN di Roma 1.
Nell’ambito del progetto, l’INFN si occuperà di misurare dei prototipi di SQMS in un ambiente fortemente schermato dalla radioattività ambientale, sfruttando un sito unico: i Laboratori Nazionali del Gran Sasso (dove è in corso la costruzione di un nuovo laboratorio per ospitare futuri computer quantistici).
“Questi studi avranno diversi obiettivi” spiega Giulia D’Imperio, ricercatrice della sezione INFN di Roma 1, “dimostrare che il tempo a disposizione per il calcolo aumenta e gli errori simultanei in diversi qubit diminuiscono, ma anche approfondire gli studi fatti finora e comprendere meglio gli effetti della radioattività naturale sul funzionamento dei qubits”.