“La zona bianca si conquista dopo 3 settimane consecutive con incidenza di meno di 50 casi per 100mila abitanti. Ma sarebbe ‘cosa buona e giusta’ definire uno standard di persone testate viste le diseguaglianze tra regioni“, ha scritto su Twitter il presidente della Fondazione Gimbe Nino Cartabellotta.
Cartabellotta punta il dito contro la riduzione dei test da parte delle regioni, soprattutto dei casi testati e non dei tamponi. Per capire il punto della situazione, è necessario fare la distinzione tra casi testati e tamponi. Il Ministero della Salute definisce “casi testati” i tamponi fatti a chi non aveva mai fatto un tampone in precedenza. In sostanza, i casi testati sono quei tamponi utilizzati per verificare la prima positività di un soggetto. La differenza tra “tamponi totali” e “casi testati” corrisponde ai “tamponi di controllo”, effettuati sullo stesso soggetto per confermare la guarigione o per altre necessità di ripetere il test.
Secondo Cartabellotta, bisognerebbe definire uno standard di casi testati per 100.000 abitanti a causa delle diseguaglianze esistenti tra le regioni. Secondo i dati della Fondazione Gimbe, nel periodo 12 maggio-1 giugno, la regione che testa di più è il Lazio con una media di 199 al giorno mentre la Puglia è la regione peggiore con 49. Il Dott. Luca Fusaro ha realizzato il seguente grafico, che mostra la percentuale di persone testate in rapporto alla popolazione.
Dal grafico emerge che ci sono alcune regioni che hanno già testato oltre ¾ della popolazione, ossia Lazio e Provincia Autonoma di Bolzano. Nelle regioni che hanno più casi testati rispetto alla popolazione, ne consegue una riduzione della media giornaliera delle persone testate, motivo per il quale la proposta di Cartabellotta di introdurre uno standard di casi testati non sarebbe una misura corretta.