Tutti conoscono il nome di Cavallo Pazzo, l’indomito e leggendario capo indiano che con l’aiuto di Toro Seduto sconfisse le truppe del generale Custer nella Battaglia di Little Bighorn, ma non tutti sanno che il Crazy Horse Memorial che lo ritrae su una delle montagne delle Black Hill costituisce la più grande scultura del mondo.
Si tratta di un’opera non ancora completata anche perché i Lakota hanno la ferma volontà di non accettare nessun aiuto dal governo federale, ma vogliono portare a termine il progetto solo grazie agli introiti del Crazy Horse Orientation Center e alle donazioni private.
Cos’è il Crazy Horse Memorial
Cavallo Pazzo fu un leggendario capo nativo americano che ha un posto speciale nella storia del continente nord-americano, motivo per il quale è a lui dedicato il Crazy Horse Memoria, il celebre monumento che si erge nelle granitiche montagne delle Black Hills nel South Dakota.
Le Colline Nere sono una piccola catena montuosa che precede le Montagne Rocciose, costituite da guglie di granito ricoperte di conifere scure che per i Lakota (che con i Nakota e i Dakota costituiscono una delle tre grandi Nazioni del popolo Sioux) erano e continuano ad essere un luogo sacro, la casa del Grande Spirito.
Precisamente il monumento si trova a 7 chilometri dalla cittadina di Custer, a 16 chilometri da Hill City e a soli 30 chilometri dall’altrettanto famoso monumento Mt. Rushmore che ritrae i 4 presidenti americani simbolo del Paese.
Il Crazy Horse Memorial costituisce la più grande scultura esistente al mondo, ma è una scultura ancora incompleta di cui è ben visibile solo il volto del celebre capo della tribù Oglala Lakota.
Una volta terminato rappresenterà il condottiero in sella al suo destriero, con i capelli al vento e il braccio sinistro teso in avanti. Un’opera scolpita dalle colossali dimensioni, largo quasi 200 metri e alto 172 metri, interamente ricavato dalla durissima roccia delle Black Hills.
Per comprenderne le dimensioni basta sapere che la sola testa del cavallo del Memoriale può contenere l’intera scultura di Mount Rushmore, con tutte e quattro le teste dei Presidenti Americani.
La storia del Crazy Horse Memorial
L’inizio della realizzazione del monumento risale al lontano 1948 e avvenne per opera di uno scultore di origine polacca ma nativo di Boston, Korczak Ziolkowski, che iniziò la monumentale opera grazie al patrocinio di Chief Standing Bear, il capo della tribù Lakota, Henry Orso in Piedi.
“Vogliamo un monumento che sovrasti quello dei Grandi padri di Washington“, disse Orso in Piedi allo scultore che aveva lavorato nel cantiere di Mount Rushmore; perché da sempre le statue dedicate a Washington, Jefferson, Lincoln e Roosevelt rappresentano una provocazione per i nativi americani rappresentato i volti di coloro che contribuirono al loro sterminio e al suprematismo bianco.
Lo scultore giunse sulle Black Hills un anno primo, su invito dei nativi americani e si mise a lavorare sull’opera possedendo solo 176 dollari nel portafoglio, ma spinto da un ideale di libera impresa portò avanti l’impresa convinto che si trattasse di un’opera educativa e culturale e che per tale motivo dovesse rimanere un progetto senza scopo di lucro ma realizzato solo a scopo umanitario.
Ziolkowski, convinto che l’opera dovesse essere finanziata solo dalla sollecitazione dell’interesse pubblico e non dalle tasse dei cittadini, rifiutò per ben due volte l’offerta di sponsorizzazione federale che gli avrebbe garantito 10 milioni di dollari per portare avanti il progetto e coinvolse tutta la sua famiglia nell’opera, alla moglie Ruth si deve l’istituzione della Fondazione del Crazy Horse Memorial, e ancora oggi l’avanzamento della scultura viene seguito dai loro figli e nipoti.
Lo scultore purtroppo è morto nel 1982, ma i suoi discendenti continuano a portare avanti il suo sogno e il programma associativo creato e lanciato da Ziolkowski nel 1978.
Visitare il Crazy Horse Memorial
Chi compie il viaggio per visitare il memoriale a Cavallo Pazzo può scoprire la storia del monumento grazie a un contributo video proposto nel Crazy Horse Orientation Center e poi proseguire la visita nell’annesso museo, inaugurato nel 1973 e divenuto di grande attrattiva per i turisti grazie all’esposizione e alla notevole collezione di manufatti dei nativi americani. Il centro d’orientamento è un complesso vastissimo che include anche lo studio storico dello scultore e il suo laboratorio, e consente di approcciarsi alla cultura nativa americana grazie al centro culturale ed educativo.
Il Crazy Horse Memorial è visitato da almeno 1 milione di turisti ogni anno e ogni sera d’estate è possibile assistere allo show “Legends in Light”: uno spettacolo di giochi di luce, animazioni colorate e suoni che, fra le altre cose, vanno a rappresentare quella che sarà la forma finale della scultura.
Si tengono solo due volte ogni anno la “Night Blast”, un evento pirotecnico che illumina la montagna con la luce creata da numerosi falò sapientemente posizionati lungo il sentiero e le parti scolpite, creando un bellissimo effetto scenografico.
Sebbene molti attendano con trepidazione di vedere l’opera ultimata, nessuno è in grado di dare una data certa, sia per le grandi difficoltà a scavare nella dura roccia delle Black Hills, sia per l’orgogliosa volontà delle tribù Lakota a rifiutare ogni forma di finanziamento statale e procedere con i soli introiti del Memorial e grazie alle donazioni dei privati.
Online, tuttavia, è possibile seguire l’avanzamento dei lavori grazie a un servizio di web-cam istituito proprio a tale fine e dove giornalmente, dalle 6 del mattino e fino alle 21, una fotocamera posizionata nei pressi scatta immagini ad un intervallo di 90 minuti.
Chi era Cavallo Pazzo
Tashunka Uitko, in inglese Crazy Horse, fu un capo indiano della tribù dei Lakota (quelli che dispregiativamente in francese venivano chiamati Soiux), visse nel South Dakota nella seconda metà del 1800 e a lui sono dedicati molti libri e leggende, come quella che gli attribuiva capacità magiche e l’invulnerabilità ai proiettili.
Insieme a Toro seduto e altri capi guerrieri guidò il suo popolo nella vittoria contro il generale Custer nella celebre battaglia di Little Bighorn, cambiando per sempre la percezione dei nativi americani.
La reazione del governo statunitense alla sconfitta fu durissima: la riserva dei Lakota fu posta sotto legge marziale, fu pretesa la consegna delle armi e dei cavalli e venne vietata la caccia al di fuori della riserva. Alle tribù ribelli furono tagliati i viveri e pretestuosamente vennero accusati di aver sconfinato, infine, gli Stati Uniti si presero ciò che premeva loro, la sovranità sul territorio delle Black Hills.
Cavallo Pazzo fu ucciso l’anno successivo, pugnalato alle spalle da un soldato mentre il suo popolo si arrendeva ai bianchi per non morire di fame.
Molti sostengono però che il suo spirito aleggia sui suoi discendenti proprio in quelle riserve dove le tribù di nativi, nonostante tutto, continuano a portare avanti la propria cultura.