SARS-CoV-2, origine naturale o virus “di laboratorio”? Il virologo Silvestri fa chiarezza: “Le ipotesi sono entrambe plausibili”

Coronavirus: perché dobbiamo considerare plausibile sia l’ipotesi dell’origine naturale che quella dell’origine di laboratorio
MeteoWeb

Le due ipotesi, origine ‘naturale‘ e virus ‘di laboratorio“, per SARS-CoV-2 sono al momento “entrambe plausibili, e chiunque dica che una delle due è ‘certa‘, oppure che è certamente sbagliata, fa un’affermazione non giustificata dalle attuali conoscenze“: è quanto ha tenuto a precisare il virologo italiano Guido Silvestri, docente negli USA, alla Emory University di Atlanta, che in un lungo post su Facebook ha fatto chiarezza su un argomento “non solo alquanto spinoso dal punto di vista tecnico, ma anche prono ad essere contaminato da considerazioni di tipo politico“.

Di seguito il post integrale

“La domanda mi è stata posta domenica scorsa durante la trasmissione televisiva di Lucia Annunziata su RaiTRE, e le mie risposte, insieme a quelle dell’amico Giorgio Palù (presidente di AIFA e, soprattutto, virologo vero), sono state riprese da varie agenzie di stampa e quotidiani. A distanza di un paio di giorni, e dopo essere stato sollecitato in materia dall’amico David Puente, provo a fare chiarezza su questo argomento che è non solo alquanto spinoso dal punto di vista tecnico, ma anche prono ad essere contaminato da considerazioni di tipo politico. Premetto che non è cosa facile, ma ci provo lo stesso, perché purtroppo su questo tema c’è tanta confusione a causa di gente che parla e straparla senza capire niente di virologia.
In particolare, parlerò brevemente della “misteriosa” sequenza di dodici nucleotidi presenti nel genoma di SARS-CoV-2 a cui ho accennato nella mia intervista televisiva. Mi riferisco al sito di clivaggio della furina (un enzima proteolitico) che è presente tra la subunità 1 (S1) e la subunità 2 (S2) della Spike (S) di SARS-CoV-2. Si tratta quattro residui amino-acidici, PRRA (prolina-arginina-arginina-alanina), corrispondenti appunto a dodici nucleotidi (quindi quattro codoni, CCT-CGG-CGG-GCA), inseriti in una posizione strategica tra la serina 680 e l’arginina 681 della proteina Spike (questo prendendo come referenza il virus del pipistrello Rhinolophus affinis RatG13, visto che si tratta del virus più vicino filogeneticamente a SARS-CoV-2, come si vede nella figura allegata qui sotto).
Secondo l’ipotesi della origine “naturale” di SARS-CoV-2 (il famoso salto di specie dal pipistrello all’uomo, con o senza un ospite intermedio), questa sequenza di dodici nucleotide potrebbe essersi inserita come risultato di una mutazione casuale (evento estremamente improbabile per una serie di motivi legati alla biologia della replicazione del RNA nei Coronavirus che non posso approfondire in questa sede) oppure a seguito di un evento di ricombinazione che potrebbe essere avvenuto in un animale infettatosi contemporaneamente con due virus diversi (evento invece molto più probabile). Al contrario, secondo l’ipotesi del “virus da laboratorio”, la sequenza sarebbe stata inserita artificialmente come parte di un esperimento di manipolazione del genoma virale in vitro fatto per studiare i meccanismi patogenetici dei coronavirus umani.
Se ci si muove nell’ambito dell’ipotesi dell’origine “naturale”, la cosa curiosa che si nota a proposito del furin-cleavage site è che le due arginine (R-R) sono sintetizzate a partire da due codoni CGG-CGG che, come tali, non sono mai stati identificati (almeno per quanto io ne sappia al momento) in ogni altra coppia di arginine che facciano parte di un furin-cleavage site di altri coronavirus conosciuti con cui RaTG13 si sarebbe ricombinato per formare SARS-CoV-2. In altre parole, il virus che avrebbe fornito la sequenza nucleotidica specifica corrispondente al PRRA non è al momento conosciuto – da notare che è possibilissimo che un giorno questo virus venga identificato, perché di coronavirus in natura ce ne sono moltissimi, ma per ora questo virus non lo abbiamo scoperto.
Se volete, a questo punto sta ad ognuno di noi decidere, da buoni seguaci di Guglielmo di Occam, quale ipotesi sia più parsimoniosa. Quella dell’origine naturale postula la presenza di un virus in natura che abbia la sequenza di dodici nucleotide del sito di clivaggio per la furina con i due codoni appaiati CGG-CGG, e richiede una spiegazione di come il virus sia partito dalla provincia di Yunnan, dove stanno i pipistrelli a migliaia di km da Wuhan, per far partire l’epidemia nel mercato del pesce di Huanan, che sta ad un tiro di schioppo dal Wuhan Institute of Virology (dove si studiano, appunto, i coronavirus umani). Tuttavia nemmeno l’ipotesi del virus da laboratorio è molto occamista, in quanto al momento non c’è assolutamente alcuna prova che dei ricercatori, a Wuhan o altrove, abbiano creato ed inserito dentro RaTG13 la sequenza di dodici nucleotide di cui sopra.
In definitiva, le due ipotesi – origine ”naturale” e virus di “laboratorio” – sono a questo punto entrambe plausibili, e chiunque dica che una delle due è “certa” (oppure che è certamente sbagliata) fa una affermazione non giustificata dalle attuali conoscenze. Per quanto mi riguarda, io condivido parola per parola quanto scritto su Scienze solo alcuni giorni fa da un gruppo di “giganti della virologia”, tra cui Pam Bjorkman, Ralph Baric, David Relman, Ruslan Medzhitov, Michael Worobey e vari altri:
“We must take hypotheses about both natural and laboratory spillovers seriously until we have sufficient data. A proper investigation should be transparent, objective, data-driven, inclusive of broad expertise, subject to independent oversight, and responsibly managed to minimize the impact of conflicts of interest. Public health agencies and research laboratories alike need to open their records to the public.” (Traduzione mia: Dobbiamo prendere sul serio sia l’ipotesi dell’origine naturale che quella dell’origine di laboratorio. Una indagine valida deve essere trasparente, oggettiva, basata sui dati, fatta da esperti di varie discipline, soggetta a revisione indipendente, e gestita in modo tale da limitare i conflitti di interesse. Agenzie di salute pubblica e laboratori di ricerca devono aprire i loro archivi al pubblico)”.

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