Venere potrebbe essere ancora geologicamente attivo oggi, il che potrebbe significare che il “fratello” planetario della Terra potrebbe essere un candidato per conoscere i segreti della Terra primitiva e dei mondi lontani.
Un team internazionale di scienziati ha utilizzato vecchie immagini radar della missione Magellan della NASA (le operazioni sono terminate nel 2004), per studiare la superficie venusiana: i ricercatori hanno trovato luoghi in cui pezzi di crosta scivolavano come avviene nella banchisa.
Poiché le pianure su cui si sono concentrate le osservazioni sono relativamente giovani, l’attività geologica che innesca i moti è avvenuta non molto tempo fa e potrebbe continuare anche oggi. La ricerca suggerisce che Venere potrebbe generare attività geologica dalle profondità, a differenza della precedente ipotesi secondo cui la crosta del pianeta sarebbe un blocco solido come quello della Luna.
Le placche tettoniche, dove sono presenti, rappresentano molto più della “spinta” dello strato roccioso di un pianeta, o litosfera: sono una parte importante del ciclo del carbonio di un pianeta, ed è questo sistema che consente a un pianeta come la Terra di supportare la vita. La Terra non ha sempre avuto la sua moderna configurazione del ciclo del carbonio: il nostro pianeta era molto più caldo milioni di anni fa e gli scienziati ritengono che questa nuova ricerca relativa alla superficie di Venere potrebbe rispondere alle domande sull’attività tettonica della Terra giovane o di altri pianeti.
L’attività geologica di Venere non è la stessa di quella della Terra, dove le placche si incontrano creando catene montuose come l’Himalaya o massicce regioni di subduzione suboceanica come la Fossa delle Marianne.
L’attività tettonica di Venere potrebbe però essere la prova che su scala globale sotto la superficie del pianeta potrebbe essere presente una regione fusa chiamata mantello.
Dopo che gli scienziati hanno osservato le caratteristiche di questi blocchi litosferici venusiani che si separano, si spingono, ruotano e scivolano, i ricercatori hanno creato un modello al computer di questa attività: hanno scoperto che il moto lento dell’interno del pianeta potrebbe spiegare ciò che hanno osservato.
“La tettonica a placche sulla Terra è animata dalla convezione nel mantello: questo è caldo o freddo in luoghi diversi, si muove, e parte di quel movimento si trasferisce sulla superficie terrestre sotto forma di movimento delle placche,” ha spiegato Paul Byrne, professore associato di scienze planetarie presso la North Carolina State University e autore principale del nuovo studio.
“Lo spessore della litosfera di un pianeta dipende principalmente da quanto è caldo, sia all’interno che in superficie,” ha proseguito Byrne. “Il flusso di calore dall’interno della giovane Terra era fino a 3 volte maggiore di quello attuale, quindi la sua litosfera potrebbe essere stata simile a quella che vediamo oggi su Venere: non abbastanza spessa da formare placche in subduzione, ma abbastanza spessa da essersi frammentata in blocchi che spingevano, tiravano e urtavano“.
Sono in programma ben 3 nuove missioni della NASA e dell’Agenzia Spaziale Europea per studiare Venere come mai prima d’ora, offrendo potenzialmente più osservazioni per svelare i segreti del pianeta. In particolare, gli scienziati sperano che queste missioni forniscano loro dati nuovi e più dettagliati sulla sua superficie.
Il nuovo studio è stato pubblicato ieri su Proceedings of the National Academy of Sciences.