La scoperta del polonio avveniva il 18 luglio 1898 quando i coniugi Pierre e Marie Curie dopo aver analizzato tonnellate di un minerale grezzo chiamato pechblenda si accorsero che non era solo l’uranio ad essere contenuto in quelle rocce ma anche altre sostanze ben più radioattive. La prima ad essere individuata fu il polonio, chiamato così in omaggio alle origini polacche della scienziata che per le sue scoperte fu l’unica a ricevere sia il Nobel per la Fisica che quello per la Chimica.
Le scoperte prima del Polonio
Alla fine dell’Ottocento la ricerca scientifica procedeva con più velocità di quanto non avesse fatto nei secoli precedenti e una serie di scoperte si susseguirono nell’arco di pochissimi anni, tra queste vi fu la scoperta del Polonio ad opera dei coniugi Pierre e Marie Curie.
Nel 1895 era stata la volta della scoperta dei raggi X, i misteriosi raggi scoperti dal fisico tedesco Wilhelm Conrad Röntgen, in grado di penetrare la materia solida. Questi erano stati impiegati per radiografare la mano della moglie di Röntgen, Anna Berthe, e nel 1895 l’immagine aveva fatto il giro del mondo, determinando scalpore e interesse in tutto l’ambiente scientifico.
Marie Curie, tuttavia, che in quel momento era dottoranda alla Sorbona di Parigi, si interessò presto a un altro tipo di radiazione individuata casualmente dal fisico francese Henri Becquerel, nel 1896, mentre studiava i fenomeni di fosforescenza dei sali di uranio.
Pierre e Marie Curie contribuirono a esplorare la scoperta di Becquerel analizzando sistematicamente diversi campioni di pechblenda (l’uranite, una delle principali fonti di uranio) e misurandone i risultati con l’elettrometro (strumento utilizzato per la misurazione delle correnti elettriche deboli).
La scienziata iniziò dunque a studiare le emissioni dell’uranio utilizzando una camera a ionizzazione che forniva una misura quantitativa più accurata delle lastre fotografiche.
Marie Curie scoprì che una volta ridotti in polvere i minerali contenenti uranio rivelavano di non avere lo stesso livello di radiazioni ed erano più radioattivi dello stesso uranio.
La scoperta di un nuovo elemento
Le analisi della scienziata rivelarono che la pechblenda, in qualità di minerale grezzo, risultava eccessivamente radioattivo rispetto alla quantità di uranio e torio contenute al suo interno e che presumibilmente doveva esserci qualcos’altro dietro queste proprietà.
Una prima risposta arrivò il 18 luglio del 1898 quando la coppia di scienziati identificò una sostanza 300 volte più attiva dello stesso uranio: avevano scoperto il polonio, che battezzarono così in onore delle origini polacche di Marie, che nacque Maria Skłodowska.
Però qualcosa ancora non tornava: i campioni erano ancora troppo radioattivi, e la sola presenza del polonio e dell’uranio non spiegava il fenomeno.
A pochi mesi di distanza i Curie informarono l’Accademia delle Scienze di aver individuato anche un’altra sostanza che appariva nelle analisi dei campioni della linea spettrale e che proprio per il fatto di essere 900 volte più radioattiva dell’uranio fu chiamata radio.
Inoltre, a partire da quel momento la scienziata sviluppò una tecnica per separare chimicamente il radio dalla pechblenda, in cui è presente in concentrazioni inferiori a 1 parte per milione.
Il radio sotto forma di sali venne conservato in un tubo di vetro sigillato e da lì diede origine a nuove sostanze che si manifestavano in forma gassosa oppure sotto forma di depositi solidi sulle pareti interne del contenitore ed erano a loro volta radioattive. Il gas fu chiamato Emanazione del radio e le altre sostanze furono classificate col nome di Radio A, Radio B, ecc. a mano a mano che venivano isolate.
Le scoperte successive
Sarebbero stati necessari altri 4 anni prima che il lavoro dei due scienziati consentisse loro di determinare il peso atomico delle nuove sostanze presenti in pochi granelli di sabbia estratti dalla lavorazione di dieci tonnellate di pechblenda. Solamente il 28 marzo del 1902 Marie Curie annotò nel suo quaderno «RA = 225,93. Peso atomico di Radio».
Gli studi sulla radioattività determinarono sia per Becquerel che per i Curie l’assegnazione del premio Nobel per la Fisica nel 1903 per gli “straordinari servigi che essi hanno reso grazie alle loro ricerche congiunte sui fenomeni di radioattivi scoperti dal Professor Henri Becquerel”.
Nonostante la fama e la notorietà acquisita rimase salda l’etica dei coniugi Curie che intenzionalmente non depositato il brevetto del processo di isolamento del radio, in modo che la comunità scientifica potesse continuare ad effettuare liberamente le ricerche nel campo della radioattività.
La pericolosità del radio per la salute umana, tuttavia, non fu compresa ancora per almeno un paio di decenni e, anche se Marie fu lei stessa a patirne i gravi effetti morendo per una grave forma di anemia aplastica, a lungo i prodotti radioattivi vennero utilizzati come una panacea per tutti i mali e impiegati di frequente in prodotti igienico sanitari come saponette, dentifrici, unguenti curativi, acque miracolose e molti altri.
Dopo la tragica morte del marito, banalmente investito da un carro, Marie lo sostituisce nell’insegnamento universitario di fisica generale e diviene la prima donna a occupare una cattedra alla Sorbona.
La scienziata continua il suo lavoro e riesce a isolare il polonio e il radio puro ricevendo nel 1911 il Nobel per la Chimica e divenendo l’unica persona alla quale il premio venne assegnato in due distinte categorie.