Utilizzando i telescopi spaziali XMM-Newton dell’ESA e NuSTAR della NASA, gli astronomi hanno osservato flare di raggi X emessi intorno al buco nero supermassiccio nella galassia chiamata I Zwicky 1 (I Zw 1): un’ulteriore analisi ha rivelato brevi lampi di fotoni coerenti con il riemergere dell’emissione dal lato nascosto del buco nero. Si tratta di fotoni che si riverberano dal lato opposto del disco di accrescimento del buco nero e vengono piegati attorno al buco nero e ingranditi dal forte campo gravitazionale.
I Zw 1 si trova a circa 800 milioni di anni luce di distanza, nella costellazione dei Pesci. Nota come Mrk 1502 o LEDA 3151, è classificata come galassia di tipo Seyfert 1. Ospita un buco nero supermassiccio circa 10 milioni di volte più massiccio del nostro Sole.
Gli astronomi non si aspettavano di vedere nulla emergere dal lato nascosto del buco nero, poiché nessuna luce può sfuggire da esso, ma a causa dell’estrema gravità del buco nero che deformava lo Spazio tutto intorno, gli echi di luce da dietro il buco nero venivano piegati attorno ad esso, rendendoli visibili a XMM e NuSTAR.
“Qualsiasi luce che entra in quel buco nero non esce, quindi non dovremmo essere in grado di vedere nulla di quello che c’è dietro il buco nero,” ha spiegato Dan Wilkins, ricercatore presso il Kavli Institute for Particle Astrophysics and Cosmology presso Stanford University e SLAC National Accelerator Laboratory. “Il motivo per cui possiamo vederlo è perché quel buco nero sta deformando lo Spazio, piegando la luce e attorcigliando i campi magnetici attorno a se stesso“.
La scoperta è scaturita dallo studio focalizzato sulla misteriosa “corona” del buco nero di I Zw 1, che è la fonte della brillante luce a raggi X. Gli astronomi pensano che la corona sia il risultato del gas che cade continuamente nel buco nero, dove forma un disco rotante tuto intorno. Questo disco di gas viene riscaldato fino a milioni di gradi e genera campi magnetici che vengono attorcigliati in nodi dal buco nero rotante. Quando il campo magnetico viene bloccato, alla fine si “spezza”, rilasciando l’energia immagazzinata al suo interno: ciò riscalda tutto ciò che lo circonda e produce la corona di elettroni ad alta energia che producono la luce a raggi X.
Il bagliore scaturito da I Zw 1 era così brillante che alcuni dei raggi X brillavano sul disco di gas che finiva nel buco nero.
I raggi X che si riflettevano sul gas dietro il buco nero erano piegati attorno a questo e questi lampi più piccoli arrivavano ai telescopi con un ritardo.
Queste osservazioni corrispondono alle previsioni di Albert Einstein su come la gravità piega la luce attorno ai buchi neri, come descritto nella sua teoria della relatività generale.
“Cinquant’anni fa, quando gli astrofisici iniziarono a fare ipotesi su come il campo magnetico potesse comportarsi vicino a un buco nero, non avevano idea che un giorno avremmo potuto avere le tecniche per osservarlo direttamente e vedere in azione la teoria della relatività generale di Einstein,” ha spiegato Roger Blandford, del Kavli Institute for Particle Astrophysics and Cosmology presso la Stanford University e SLAC National Accelerator Laboratory.
La ricerca è stata pubblicata su Nature.