L’Islanda è uno dei Paesi del mondo meno colpiti in assoluto dalla pandemia di Covid-19, grazie alla conformazione naturale del territorio: si tratta di un’isola molto lontana da altre aree abitate, con appena 350 mila abitanti e con un sistema sanitario molto efficiente che ha consentito l’attuazione di test a tappeto per individuare i casi positivi e isolare i focolai sul nascere. Così in tutto il Paese dall’inizio della pandemia abbiamo avuto soltanto 7.801 casi positivi e 30 morti, con uno dei tassi di mortalità in assoluto più bassi al mondo.
L’arrivo del vaccino è stato poi accolto con grande speranza nel Paese che si è sempre contraddistinto per una forte fiducia nei confronti della scienza, con cui ha costanti relazioni per la necessità di adottare misure di prevenzione dai rischi naturali a cui l’isola è esposta (terremoti, eruzioni vulcaniche, inondazioni e tempeste meteorologiche). In poco tempo, quindi, tutti gli abitanti islandesi vaccinabili sono stati vaccinati: ad oggi il 78,48% della popolazione ha ricevuto la prima dose, il 74,33% la seconda. Considerando che le vaccinazioni non sono state autorizzate per bambini e ragazzi fino ai 16 anni (che in Islanda sono circa 75.000), la totalità degli islandesi con più di 16 anni ha ricevuto il vaccino anti-Covid.
Fiduciose di aver risolto il problema, le autorità il 26 giugno hanno revocato tutte le restrizioni anti-Covid, riaperto tutti i locali e dichiarato la fine dell’emergenza.
Adesso, però, in pochi giorni la situazione è precipitata. Dal 20 Luglio è iniziata una nuova ondata che in pochi giorni si è già rivelata la più intensa dall’inizio della pandemia. Nell’ultima settimana in Islanda ci sono stati 869 nuovi casi di Covid-19, un picco che non era mai stato raggiunto prima nel Paese. Tutti i nuovi casi sono stati rilevati tra i vaccinati, e i primi pazienti con difficoltà respiratorie arrivano negli ospedali. Anche loro tutti vaccinati. Dieci persone positive hanno anche già avuto necessità di ricovero.
Il capo epidemiologo del Paese, Thorolfur Gudnason, ha presentato al governo un memorandum sulle nuove restrizioni che poi le autorità politiche dell’Islanda hanno adottato a partire da lunedì 26 luglio. Gudnason ha detto che “le vaccinazioni non si stanno dimostrando efficaci come ci indicavano gli esperti“, fornendo i dati della “crescita esponenziale dei contagi” che sono passati dai 213 della scorsa settimana agli 869 di questa settimana. “Erano quasi tutti vaccinati con ciclo completo“, ha aggiunto il leader della lotta al Covid islandese. “Nonostante le vaccinazioni, potremo vedere tassi di infezione molto più elevati e forme gravi della malattia con un aumento dei ricoveri in ospedale” ha aggiunto Gudnason spiegando che la variante Delta ha portato il Paese in una “fase nuova, in cui dovremo usare le misure vecchie che hanno già funzionato un anno fa. L’emergere di nuove varianti rischia di compromettere l’efficacia dei vaccini e quindi dobbiamo tornare ad utilizzare mascherine, distanziamento e chiusure“.
Il governo, quindi, ha nuovamente imposto il coprifuoco: bar, pub e ristoranti devono chiudere alle 23:00, torna l’obbligo del distanziamento di un metro tra persone non conviventi, gli assembramenti pubblici sono banditi, le mascherine tornano obbligatorie all’interno delle attività e anche i turisti vaccinati che vogliono viaggiare in Islanda dovranno sottoporsi a tampone e potranno entrare solo se il risultato sarà negativo. “Stiamo vedendo che anche i vaccinati si contagiano e si ammalano, quindi siamo costretti ad abolire la norma che consentiva a chi aveva ricevuto il vaccino di entrare liberamente senza test” hanno spiegato le autorità islandesi.
Intanto l’epidemiologo Thorolfur Gudnason, rispondendo alle domande dei giornalisti incontrati in un’apposita conferenza stampa convocata per illustrare le nuove misure e la nuova situazione, ha detto che “nessuno può sapere con certezza come sarà il futuro, può anche essere che saremo costretti ad avere restrizioni per i prossimi cinque, dieci o quindici anni. Non c’è possibilità di fare previsioni. Capisco che le persone si lamentano di questo e vorrebbero certezze, ma non ne abbiamo e non possiamo illuderle. Non è possibile prevedere cosa succede con il virus, e c’è sempre qualcosa di nuovo che cambia quello che pensavamo qualche mese fa. Di certo possiamo dire che l’epidemia non finirà in Islanda finchè non finirà in tutto il mondo. Di certo oggi sappiamo che la protezione dei vaccini è inferiore rispetto a quanto sapevamo in precedenza. Pensavamo che fossero efficaci almeno al 90%, adesso invece sappiamo che forse sono efficaci intorno al 60%. Sui vaccini sappiamo che sono tutti più o meno simili, anche se su quelli di Janssen e Moderna abbiamo meno informazioni rispetto a Pfizer forse perchè sono meno utilizzati e quindi c’è meno ricerca“.