Utilizzando le misurazioni della missione Earth Explorer Swarm dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), gli scienziati hanno sviluppato un nuovo strumento che collega l’intensità e la direzione del campo magnetico alle rotte di volo degli uccelli migratori. Questo rappresenta un enorme passo in avanti per comprendere come gli animali utilizzano il campo magnetico della Terra per coprire grandi distanze.
Al giorno d’oggi, è quasi inimmaginabile partire per un lungo viaggio senza essere dotati di qualche forma di navigazione satellitare o almeno di una mappa. Gli animali migratori, tuttavia, riescono ad attraversare interi oceani e continenti, viaggiando grazie alle loro straordinarie abilità. Nonostante decenni di ricerca, ancora non comprendiamo completamente come questi animali siano in grado di trovare la loro rotta, sebbene si sospetti che le linee del campo magnetico terrestre siano tra i segnali che li guidano.
I recenti progressi nel GPS e nella miniaturizzazione dei dispositivi di localizzazione hanno permesso agli ecologi di etichettare gli animali migratori, dagli uccelli alle balene, per comprendere come viaggiano da A a B. Tuttavia, anche se i dati di monitoraggio degli animali sono ora comuni, sono state condotte poche analisi su come gli animali rispondono alle condizioni geomagnetiche reali, poiché il campo magnetico cambia continuamente nel mondo, in modo particolare durante le tempeste geomagnetiche.
Finora, non c’era modo di valutare con precisione l’intensità del campo magnetico nel momento e nella posizione del passaggio dell’animale, il che permetterebbe agli ecologi di studiare come utilizzano questa forza naturale per gli spostamenti. Tuttavia, un nuovo strumento consente per la prima volta agli ecologi di calcolare l’intensità e la direzione del campo magnetico lungo le rotte migratorie degli animali. Sviluppato dagli scienziati dell’University of Saint Andrews, in Scozia, in collaborazione con i ricercatori del British Geological Survey e della University of Western Ontario, in Canada, il nuovo strumento combina i dati della missione del campo magnetico Swarm dell’ESA con i dati archiviati nel Movebank, un database di milioni di posizioni e orari di uccelli e mammiferi, come pipistrelli e balene, in viaggio.
La ricerca, pubblicata recentemente su Movement Ecology, spiega come sono stati calcolati i valori e fornisce esempi applicati all’oca dalla fronte bianca, che vola dalla Siberia alla Germania nella sua migrazione autunnale. “Abbiamo utilizzato l’ora e le posizioni GPS dell’animale per trovare i dati Swarm più vicini. Questo poi ci ha permesso di calcolare il campo magnetico atteso nella posizione dell’animale a causa del campo magnetico generato dal nucleo della Terra e ha tenuto conto dell’influenza locale della geologia e dell’effetto istantaneo della ionosfera e della magnetosfera. Questi contributi sono stati sommati e aggiunti ai dati GPS, incluse le misurazioni di Swarm dai rilevamenti satellitari più vicini per ciascuna posizione GPS. Questo ci ha dato la migliore stima possibile del campo magnetico nella posizione dell’animale”, spiega Urška Demšar, dell’Università di St Andrews.
Questa nuova ricerca significa che lo studio dei movimenti degli animali ora può combinare i dati di monitoraggio con le informazioni geofisiche e portare a nuove informazioni sul comportamento migratorio. Questo è dimostrato nello studio da un piccolo esempio biologico, che mostra che durante le tempeste geomagnetiche, le oche erano influenzate e generalmente si allontanavano dalla direzione migratoria verso nord. Questo è solo un piccolo esempio che non può ancora essere generalizzato ma che dimostra le possibilità che ora sono aperte per lo studio della migrazione animale con i dati magnetici reali contemporanei.
Senza la disponibilità dei dati Swarm, i modelli e il software di supporto, non sarebbe stato possibile creare uno strumento d’analisi così semplice da utilizzare. “Questo è il primo utilizzo diretto dei dati Swarm nell’ecologia e quindi rappresenta una nuova emozionante strada di ricerca tra i geofisici, gli scienziati dei dati spaziali e gli ecologi”, spiega Ciarán Beggan DEL British Geological Survey.