Morto in Cina il primo paziente affetto dal ‘vaiolo delle scimmie’: è accaduto a maggio ma la notizia è stata diffusa ora

Confermato in Cina il primo caso di morte per infezione da Monkey B Virus, che ha un tasso di mortalità del 70-80%
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E’ accaduto ormai da settimane ma la notizia è stata resa nota solo in questi giorni. E’ morto in Cina il primo paziente affetto dal vaiolo delle scimmie, ovvero il Monkey B Virus (BV), un virus simile a quello del vaiolo ma meno grave: la notizia, pubblicata sabato dalla stampa cinese, è stata ripresa oggi dai media occidentali. Il pazienta era un veterinario di Pechino di 53 anni che lavorava in un istituto di ricerca sui primati non umani. L’uomo, la cui identità non è però stata resa nota, aveva accusato i primi sintomi di nausea e vomito un mese dopo avere dissezionato le carcasse di due scimmie, all’inizio di marzo.

Secondo il settimanale in lingua inglese del Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie, il veterinario aveva provato a curarsi in diversi ospedali, ma per lui non c’è stato nulla da fare: è morto lo scorso 27 maggio. Si tratterebbe del primo caso mortale o clinico rilevato in Cina di BV, dunque è ufficialmente il primo caso di infezione umana del virus identificato finora nel Paese.

Un’analisi del liquido cerebrospinale del veterinario eseguita ad aprile aveva confermato l’infezione, mentre i test effettuati sulle persone con cui ha avuto stretti contatti hanno dato esito negativo. Il virus in questione è stato isolato per la prima volta nel 1932 e si tratta di un alfaherpesvirus enzootico nei macachi del genere Macaca, che può essere trasmesso per contatto diretto o attraverso lo scambio di secrezioni corporee. Ha un tasso di mortalità del 70-80%.

Il virus Monkey B, o virus dell’herpes B, è prevalente tra i macachi, ma è estremamente raro – e spesso mortale – quando si diffonde agli umani. Negli esseri umani, tende ad attaccare il sistema nervoso centrale e causare infiammazione al cervello, portando a una perdita di coscienza, ha affermato Kentaro Iwata, esperto di malattie infettive presso l’Università di Kobe a Tokyo. Se non trattata, c’è un tasso di mortalità di circa l’80%.

Ci sono state meno di 100 infezioni umane segnalate di herpes B dal primo caso di trasmissione da primate a uomo nel 1932, molte delle quali in Nord America, dove gli scienziati tendono ad essere più consapevoli della malattia, ha detto Iwata. È probabile che ci siano casi di virus che non sono stati rilevati, ma gli esperti credono ancora ampiamente che si tratti di una condizione estremamente rara tra gli esseri umani.

Le vittime tendono ad essere veterinari, scienziati o ricercatori che lavorano direttamente con i primati e potrebbero essere esposti ai loro fluidi corporei attraverso graffi, morsi o dissezioni. Nel 1997, un ricercatore di primati a New York morì sei settimane dopo che una scimmia in gabbia le aveva lanciato una goccia di liquido in faccia, colpendola con un occhio. Secondo i Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie , c’è stato solo un caso documentato di un essere umano infetto che ha diffuso il virus a un’altra persona.

Sia l’herpes B che il nuovo coronavirus sono “la conseguenza dei salti di specie“, ha affermato Nikolaus Osterrieder, decano del Jockey Club College of Veterinary Medicine and Life Sciences di Hong Kong. “Ma la differenza importante è che nel caso dell’herpes B, è un vicolo cieco. Non è in grado di saltare da un essere umano a un altro umano“, ha aggiunto. “SARS-CoV-2, d’altra parte, ha acquisito la capacità di diffondersi a un nuovo ospite“.

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