Vanessa Nakate è una 24enne attivista per il clima dell’Uganda. Oggi, insieme all’attivista svedese Greta Thunberg, ha parlato alla Youth4Climate in corso al MiCo di Milano. “Vengo da Kampala, in Uganda, uno dei Paesi dove più velocemente si stanno avvertendo gli effetti dei mutamenti del clima, ed è ironico visto che l’Africa è una delle aree con le emissioni più basse. Storicamente l’Africa è responsabile solo del 3% emissioni ma gli africani stanno già soffrendo i più duri impatti dei mutamenti climatici”, con “alluvioni e siccità” a causa delle quali “molti africani stanno perdendo le loro vite”. E “chi pagherà per questo?“, ha detto nel suo discorso.
“Perché i leader mondiali guardano quello che succede e continuano a non agire? Perché succede nel sud del mondo?”. Nonostante le promesse, “ci sono poche prove dei miliardi di dollari promessi per affrontare queste emergenze ma noi stiamo ancora aspettando“, e “mentre i leader parlano, ci sono distruzioni”. Però “parlare non è più abbastanza per noi“, prosegue l’attivista ugandese, “non è possibile che ci sia adattamento a perdere le proprie tradizioni, la propria storia, adattamento al morire di fame“, e allora, in tutto ciò, “perché è così facile per i leader aprire nuove miniere di carbone ma così difficile capire che perdita e devastazione sono con noi già ora?“, e “perché minimizzano gli impatti futuri e non agiscono per danni e devastazioni che sono già con noi ora?“. Degli aiuti ai Paesi più poveri e più duramente colpiti dall’emergenza climatica “se ne è sussurrato nelle precedenti COP, ma ora è momento di mettere al centro delle negoziazioni” questo tema, l’aiuto per chi subisce “danni che non sarà possibile evitare“. Insomma, “è ora di prendere coscienza che servono più fondi di quelli promessi per l’adattamento” e che devono arrivare “come finanziamenti a fondo perduto e non prestiti che vanno a pesare sul debito esistente“, sottolinea Vanessa.
In Africa a causa dell’emergenza climatica “la siccità non ha lasciato nulla per la gente, salvo agonia fame e morte“, che colpiscono “fino a 86 milioni di persone solo nell’Africa subsahariana“, poi ci sono “l’aumento del livello dei mari, la desertificazione, la scarsità acqua” e ancora “gli incendi in Algeria e le alluvioni in Uganda e Nigeria”, mentre “il Madagascar è sull’orlo della più veloce carestia a causa del clima”, prosegue l’attivista ugandese. “E non c’è non solo l’Africa ma anche i Caraibi e il Bangladesh. Ci saranno milioni di rifugiati climatici“, e “chi pagherà per le comunità che devono fuggire dalle linee costiere del Bangladesh, per le migliaia di specie che scompariranno? Per quanto tempo dovremo piangere la terra e i campi e per quanto dovranno morire piante e animali? Per quanto tempo dovranno subire i campi le conseguenze delle condizioni meteo estreme?“.
‘‘I leader osservano un pianeta danneggiato, perso. Prima si pensava che questo succedesse solo nel sud del mondo ma non è così. La perdita e il danno adesso sono possibili ovunque nel mondo. Dovunque vado, i leader dicono che vogliono raggiungere emissioni zero“, ma “è ora che i nostri leader si sveglino e inizino ad agire, è ora di mantenere le promesse“, quindi “basta promesse vuote e summit e conferenze vuote, è ora di mostrare i soldi, è ora e non dimenticate di ascoltare le persone delle aree più colpite. L’azione climatica non è qualcosa che si può scegliere ma abbiamo bisogno anche di affrontare il concetto di perdita e danno che sono già una realtà. È giunto il momento di occuparci di chi è più vulnerabile. E’ giunto il momento che i leader si svegliano. È ora di mantenere le promesse“, ha concluso Vanessa.
Chi è Vanessa Nakate
Vanessa Nakate è cresciuta a Kampala, dove il padre era un leader politico locale. Nella casa di famiglia nel quartiere di Kitintale, le foto di Vanessa nel suo vestito di laurea tappezzano il salotto, segno, dice la giovane, dell’importanza che i suoi genitori hanno dato all’istruzione di Vanessa e delle sue quattro sorelle per dar loro un futuro luminoso. Si è dedicata all’attivismo ambientale nel 2019 dopo essersi laureata in economia aziendale alla Makerere University. Si è anche interessata ai Fridays for Future, il movimento con cui Greta Thunberg ha iniziato le sue proteste contro i decisori politici, affinché ascoltassero gli scienziati e agissero. Vanessa ha partecipato a quasi 60 proteste di Fridays for Future e ha fondato Youth for Future Africa, che in seguito si è trasformato nel movimento Rise Up, che punta ad amplificare le voci degli attivisti dell’Africa. Gli obiettivi di Vanessa sono aumentare la consapevolezza sui pericoli dei cambiamenti climatici, sulle cause e sugli effetti.
Vanessa si descrive come “una combattente per le persone e il pianeta”. Il suo libro “A Bigger Picture: My Fight to Bring a New African Voice to the Climate Crisis” sarà pubblicato a novembre. “Non si può avere giustizia climatica senza giustizia razziale. Non è giustizia se non include tutti”, è uno dei suoi slogan più famosi.
Ha guidato la campagna per salvare la foresta pluviale del Congo, che sta affrontando una diffusa deforestazione. Questa campagna, in seguito, si è diffusa ad altri Paesi, dall’Africa all’Europa. Tra le sue battaglie, anche quella contro l’inquinamento atmosferico a Kampala, l’innalzamento delle acque nel Lago Vittoria e i finanziamenti alle compagnie petrolifere del carbone. Le sue storie e quelle degli attivisti che combattono insieme a lei, in vari luoghi del pianeta, sono raccolte sul profilo Instagram One Million Activist Stories. “È importante ascoltare gli attivisti del Sud del mondo perché rappresentano comunità diverse”, ha spiegato.
Vanessa è stata una delle giovani attiviste del clima scelta per parlare alla COP25 in Spagna ed è stata una delle 20 attiviste che hanno scritto una lettere indirizzata ai partecipanti del World Economic Forum di Davos, chiedendo loro di smettere di finanziare i combustibili fossili. Proprio al World Economic Forum, dove rappresentava i movimenti ambientalisti insieme ad altre 5 attiviste – tutte bianche e occidentali – si è verificata una vicenda che l’ha resa, sua malgrado, protagonista. Quando l’Associated Press ha pubblicato la foto delle giovani all’evento, Vanessa è stata tagliata fuori dall’immagine. “Non avete cancellato solo una foto. Avete cancellato un continente”, ha commentato lei in un video su Twitter, in cui denunciava l’esclusione delle voci nere e delle comunità più vulnerabili dal dibattito globale sul clima. Sui social, si è scatenata un’ondata di sostegno nei suoi confronti e alla fine l’agenzia di stampa si è scusata in pubblico e in privato: l’intento – hanno dichiarato – era solo quello di fare un primo piano di Greta Thunberg, presente nella foto. “Nonostante questo incidente sia stato così doloroso, ha cambiato la storia per diversi attivisti nel Sud del mondo. Penso che ciò che mi ha davvero aiutato a diventare quello che sono oggi sia il fatto che ho parlato e che le persone hanno risposto con il supporto”, ha riconosciuto Vanessa in seguito.