Il mito del calcio brasiliano e mondiale, Pelè, è ricoverato da sei giorni in un ospedale di San Paolo, in Brasile, dove si è sottoposto ad una operazione chirurgica. Come raccontano i giornali nazionali brasiliani, Pelé, 80 anni, ha raggiunto il 31 agosto l’ospedale per eseguire una serie di test di routine che erano stati rinviati a causa della pandemia di Covid-19. Nel corso delle analisi è stata scoperto un sospetto tumore al colon destro per il quale si è resa necessaria l’operazione chirurgica.
A conferma di quanto si legge sui giornali brasiliani, lo stesso Pelè ha pubblicato un posto su Facebook. “Affronterò questa partita con un sorriso sul viso, tanto ottimismo e gioia per vivere circondato dall’amore della mia famiglia e dei miei amici“, ha scritto.
“Amici miei, grazie mille per i messaggi di affetto. Ringrazio Dio perché mi sento molto bene e che mi ha dato il Dr. Fabio e il Dr. Miguel per prendersi cura della mia salute. Sabato scorso sono stato sottoposto a un intervento chirurgico per una lesione sospetta al colon destro. Il tumore è stato identificato durante gli esami di cui ho parlato la settimana scorsa“, ha spiegato Pelè. Sei giorni fa, infatti, lui stesso aveva annunciato sui social che doveva recarsi in ospedale solo per un controllo di routine, ma che si sentiva molto bene fisicamente. “Non sono svenuto e sono molto sano. Sono andato in ospedale per un controllo di routine perché non potevo camminare durante la pandemia. Domenica non giocherò!“, aveva scritto Pelé su Instagram.
Secondo Mundo Deportivo, però, a seguito degli accertamenti i medici hanno ritenuto necessario il ricovero in ospedale del leggendario calciatore. Negli ultimi anni la salute di Pelé è peggiorata e, a causa della pandemia di coronavirus, il tre volte campione del mondo è rimasto isolato nella sua casa di San Paolo. Joe Fraga, un caro amico di Pelé, che gestisce l’attività dell’ex giocatore, ha annunciato sui social che Pelé sta meglio e che ora si attendono gli esiti degli “esami del sangue completi, colonscopia, radiografie“, ha scritto.
Tumore al colon retto
Come si legge sul sito web dell’ospedale ad alta specializzazione Humanitas, il cancro colo-rettale è il terzo tumore in ordine di frequenza nell’uomo e il secondo nella donna, con circa 49.000 nuovi casi diagnosticati in Italia nel 2019. Anche se la mortalità è scesa dagli anni ’90, rimane in ogni caso la seconda causa di morte per cancro in entrambi i sessi.
Questa neoplasia insorge nel grosso intestino (il colon e il retto), a partire dalla proliferazione incontrollata delle cellule della mucosa (il rivestimento interno della parete intestinale).
Nella maggior parte dei casi si sviluppa a partire da polipi adenomatosi, proliferazioni cellulari benigne visibili mediante la colonscopia, che possono evolvere in senso maligno in circa 10-15 anni. Per lungo tempo infatti rimane asintomatico, ma, grazie ai programmi di screening, è possibile una diagnosi precoce così da poterlo prevenire e curare.
I principali fattori di rischio di questa patologia, precisano ancora gli esperti di Humanitas, sono:
- età: circa il 90% dei pazienti ha più di 50 anni.
- storia familiare: il rischio aumenta se un cancro colorettale o polipi adenomatosi sono stati diagnosticati a parenti (in particolare genitori e fratelli).
- storia medica personale: il rischio aumenta se il soggetto è affetto da una malattia infiammatoria cronica dell’intestino (colite ulcerosa o malattia di Crohn), o se ha già rimosso in passato un cancro o un polipo.
- sovrappeso e scarsa attività fisica.
- dieta: elevato introito di carne rossa, insaccati, farine e zuccheri raffinati e grassi, soprattutto se di origine animale. Una dieta ricca in frutta e verdure, carboidrati non raffinati e vitamina D contribuisce a ridurre il rischio di sviluppare una neoplasia colorettale.
- fumo e alcol.
La principale prevenzione si basa sulla correzione dei fattori di rischio eliminabili (dieta, mancanza di attività fisica, fumo, alcol).
Poiché questo tumore rimane asintomatico per lungo tempo, la prevenzione di maggior impatto è quella che passa attraverso la rimozione delle lesioni precancerose (polipi adenomatosi) che generalmente impiegano anni prima di evolvere in senso maligno. Con l’identificazione e la rimozione degli adenomi prima della trasformazione in carcinoma e la diagnosi di carcinomi in stadio iniziale, si può ottenere una significativa riduzione della mortalità. In questo modo è possibile ridurne l’incidenza e, grazie al riscontro di carcinomi in stadi precoci, migliorare le chance di guarigione completa dopo adeguata terapia.