L’osservazione dallo spazio dell’universo nello spettro delle alte energie continua a fornire informazioni determinanti per l’individuazione e la classificazione delle più brillanti sorgenti celesti, contribuendo al contempo alla comprensione dei meccanismi e delle dinamiche responsabili dei segnali che esse emettono. A dimostrarlo uno studio pubblicato sulla rivista The Astrophysical Journal Supplement Series e guidato dai ricercatori italiani dell’INFN e dell’ASI Agenzia Spaziale Italiana nell’ambito della collaborazione internazionale Large Area Telescope (LAT), uno dei due rivelatori a bordo del Fermi Gamma-ray Telescope della NASA, che ha prodotto il primo elenco di sorgenti transienti extragalattiche, una particolare classe di oggetti astrofisici estremi contraddistinti da un’emissione non continua e variabile di raggi gamma, cioè di fotoni ad alte energie. L’indagine, condotta analizzando 10 anni di dati di Fermi-LAT, ha reso possibile estrarre un catalogo completamente nuovo rispetto a quelli finora pubblicati, denominato Fermi-LAT Long Term Transient Catalog (1FLT).
Per trovare le sorgenti che irraggiano luce di altissima energia anche solo per brevi periodi – spiega l’INFN – i ricercatori hanno analizzato 10 anni di dati di Fermi-LAT suddividendoli in 120 cicli di 1 mese l’uno e aggiungendo altrettanti 120 cicli temporalmente sfasati di 15 giorni per essere sicuri di non perdere transienti a cavallo tra 1 mese e l’altro. Applicando le procedure di analisi standard che hanno portato alla rivelazione delle 5788 sorgenti dell’ultimo catalogo generale rilasciato dalla collaborazione Fermi-LAT, è stato quindi possibile trovare 142 nuove sorgenti puntiformi caratterizzate da una estrema variabilità temporale nella radiazione emessa.
“È la prima volta che viene osservato il cielo gamma da un punto di vista tale da fare emergere la parte alle basse energie e questo ci ha permesso di studiare una nuova popolazione di sorgenti che mostrano un andamento spettrale più attenuato rispetto a quanto visto fino ad ora”, spiega Sara Cutini, responsabile delle attività di Fermi della Sezione INFN di Perugia. “È stato un lavoro dal punto di vista computazionale molto impegnativo, che ha richiesto molti mesi di calcolo, ed è stato possibile farlo solo grazie a soluzioni di calcolo per l’analisi messe a disposizione dal progetto INFN-Cloud” sottolinea Isabella Mereu, ricercatrice INFN e membro del gruppo di Perugia che ha guidato la creazione del catalogo.
La maggior parte delle nuove sorgenti gamma transienti individuate da Fermi-LAT sono associate a blazar, galassie attive con al loro centro buchi neri supermassicci. Trentaquattro di queste sorgenti sono state individuate in periodi di osservazione di oltre un mese, confermando così la loro natura transiente e la solidità della rivelazione. A differenza dei cataloghi generali, in cui si trova una frazione maggiore di sorgenti extragalattiche di alta energia, in 1FLT sono presenti sorgenti che mostrano uno spettro di energie inferiori, non facilmente rilevabili in tempi scala lunghi perché compatibili con radiazione dominante di bassa energia proveniente dalla nostra stessa galassia.
Non tutti i segnali oggetto dello studio apparso nel The Astrophysical Journal Supplement Series sono di origine nota. Le rimanenti sorgenti sconosciute sono di estremo interesse astrofisico, in quanto potrebbero rappresentare un importante indizio della presenza di materia oscura, aiutando gli scienziati a comprendere le caratteristiche e il comportamento di questa misteriosa e diffusa componente dell’universo. “Non dimentichiamoci che 40 sorgenti dell’1FLT – sottolinea Gino Tosti, Professore dell’Università degli Studi di Perugia e associato INFN – non hanno una controparte conosciuta nelle altre lunghezze d’onda quindi non è stato possibile identificarne la natura. Questo apre nuove speranze e prospettive nella ricerca della materia oscura nelle sorgenti transienti del cielo gamma.”
“Questo risultato corona un lungo lavoro guidato dal team italiano all’interno della collaborazione internazionale Fermi-LAT e conferma l’importanza di osservare il cielo sfruttando in maniera innovativa i dati che abbiamo, inoltre ci permette di avere informazioni e di aprire nuove frontiere verso quello che sarà il futuro dell’astronomia gamma da satellite, l’astronomia al MeV”, conclude Elisabetta Cavazzuti, coautrice di questo lavoro e responsabile del programma Fermi per l’ASI.
“I tempi scala e l’entità della variabilità del flusso registrato da una sorgente celeste sono informazioni importantissime per capire la sua natura. Questo è particolarmente vero per le sorgenti non identificate, cioè quelle che non sono ancora associate a nessun oggetto celeste già noto. Sono circa il 30% del totale e rappresentano un grande spazio di scoperta, tutto da esplorare”, afferma Patrizia Caraveo, responsabile per INAF dello sfruttamento scientifico dei dati Fermi-LAT.
Lanciato nel 2008, il Fermi Gamma-ray Space Telescope è un rivelatore di raggi gamma per lo studio dei fenomeni astrofisici estremi. Grazie ai due rivelatori con i quali è equipaggiato, LAT e GBM (Glast Burst Monitor), e alla sua orbita, posizionata a 550 chilometri dalla Terra, il telescopio è in grado di intercettare i raggi gamma prima che essi interagiscano con l’atmosfera del nostro pianeta e di stabilire con precisione la direzione e l’energia di ogni evento osservato. In particolare, per quanto riguarda Fermi-LAT, La comunità di ricercatori italiani impegnati nella missione, supportata dall’INFN, dall’INAF e dall’ASI, è stata responsabile dello sviluppo e della costruzione del tracciatore al silicio ed è attivamente impegnata nell’attività di analisi dei dati.