Un ambizioso progetto internazionale, innovativo e senza precedenti, si propone di trivellare un’area vulcanica, per realizzare l’unico osservatorio magmatico al mondo: in questo viaggio verso l’ignoto, nelle profondità della Terra, denso di sfide scientifiche e tecnologiche, guidato da scienziati e ingegneri da 4 continenti, l’Italia è protagonista, grazie al ruolo di primo piano rivestito dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, coinvolto fin dalle prime fasi di ideazione del progetto Krafla Magma Testbed (KMT).
L’obiettivo del progetto KMT, ha spiegato ai microfoni di MeteoWeb Paolo Papale, Dirigente di Ricerca dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, “è quello di realizzare una infrastruttura nuova e unica per le geoscienze, costituita da una serie di pozzi aperti all’interno e nell’intorno di un corpo magmatico intra-crostale. Una tale infrastruttura sarebbe in grado di portare le geoscienze a un livello attualmente non accessibile, in maniera non dissimile da quanto altre infrastrutture in altri settori delle scienze già hanno fatto in passato; ad esempio, il Large Hadron Collider di Ginevra nel campo della fisica delle particelle, o il telescopio Hubble nel campo dell’astrofisica“.
L’Italia con l’INGV ha un ruolo da protagonista in questa impresa, “è a livello mondiale uno degli Istituti di ricerca più importanti per quanto riguarda gli studi nel campo della vulcanologia, ed è in assoluto quello che produce il maggiore impatto per quanto riguarda le pubblicazioni scientifiche sull’argomento (fonte SciVal, www.scival.com). E’ naturale, quindi, che l’Istituto sia stato protagonista fin dalle prime fasi di ideazione del KMT, e che continui a esserlo. Le potenzialità per la partecipazione dell’INGV sono quasi infinite, nel senso che attraverso le sue numerose sezioni che comprendono i due grandi Osservatori Vulcanici italiani, il Vesuviano e l’Etneo, l’Istituto copre praticamente l’intero spettro delle discipline e delle tecniche di studio applicate ai vulcani. In questa prima fase del progetto KMT l’INGV ha già effettuato una campagna di misure multi-parametriche al Krafla, che ha compreso il posizionamento di array sismici in acquisizione sia passiva che attiva (cioè, la messa in posto di numerosi sismometri secondo geometrie prestabilite, che per un dato periodo hanno misurato onde sismiche causate sia da terremoti naturali, sia da scoppi artificiali effettuati appositamente con cariche di esplosivo); la misura della distribuzione dell’anomalia gravimetrica (cioè la misura delle variazioni del valore dell’accelerazione di gravità in vari punti della caldera, che si relazionano alla distribuzione delle masse nel sottosuolo); la misura del campo elettrico locale (che si relaziona alla distribuzione dei fluidi nelle rocce); la misura del flusso e della composizione delle emissioni gassose nella caldera, e della distribuzione della temperatura sul fondo calderico. Attualmente l’INGV coordina il progetto europeo IMPROVE, che coinvolge altri otto partner accademici più tre partner industriali di vari paesi europei, e che include una parte consistente dedicata alla geofisica e geochimica di superficie al Krafla, e allo studio delle dinamiche e dei processi nel magma e nelle rocce circostanti, compreso lo studio della circolazione dei fluidi nel sistema geotermale. Infine, attraverso il supporto di EPOS-Italia, l’INGV è attualmente impegnato nella simulazione al computer delle fasi durante le quali la futura perforazione incontrerà il magma, al fine di valutare le condizioni termiche e meccaniche all’interno del pozzo quando questi si aprirà direttamente sul magma; questi risultati saranno fondamentali per la definizione dei materiali da utilizzare e delle condizioni ottimali in cui operare durante la perforazione“.
KMT prende origine dalle attività di perforazione presso il vulcano islandese Krafla, durante le quali le trivelle della compagnia energetica di stato islandese hanno accidentalmente incontrato magma alla profondità di circa 2 km: è l’unico caso al mondo in cui si conosce la posizione esatta di un corpo magmatico in profondità, a una temperatura di circa 900°C. Ciò ha reso possibile progettare perforazione, campionamento, studio, monitoraggio, e sperimentazione diretta della camera magmatica.
“La storia del KMT nasce in Islanda, e precisamente alla caldera del Krafla (una caldera è una struttura vulcanica costituita da una ampia depressione invece che dal più classico cono), nel 2009, nell’ambito di un progetto denominato Icelandic Deep Drilling Project (IDDP),” ha ricordato il vulcanologo INGV. “Lo scopo dell’IDDP era quello di trivellare all’interno della caldera fino a una profondità di circa 4 km, dove ci si attendeva di trovare fluidi in condizioni supercritiche (ovvero fluidi in particolari condizioni di elevata temperatura e pressione, tali da renderne lo sfruttamento per scopi di produzione energetica teoricamente molto più vantaggioso che per fluidi geotermici di tipo convenzionale). Il Krafla è tra i vulcani maggiormente monitorati e studiati al mondo, e ulteriori campagne di prospezione geofisica in vista dell’IDDP confermavano l’assenza di magma nei primi 4 km dalla superficie. Invece, a poco più di 2 km di profondità le trivelle smisero di avanzare, finché all’interno dei fanghi di perforazione non venne rivelata la presenza di ossidiana, ovvero di magma vetrificato a seguito di rapido raffreddamento. Fu così chiaro che le trivelle avevano incontrato, in maniera del tutto inattesa, un corpo magmatico alla profondità di 2,1 km“.
Per gli scopi dell’IDDP, ha proseguito Papale, “l’incontro accidentale col magma rappresentò un serio problema: non si erano raggiunti i fluidi alle condizioni cui si puntava. Dal pozzo naturalmente salivano fluidi, e ben presto fu chiaro che si trattava del pozzo a temperatura più alta al mondo (la temperatura del magma era intorno ai 900°C). I fluidi erano anche estremamente acidi e corrosivi. La Landsvirkjun, la compagnia geotermica che opera la centrale geotermica del Krafla, fu in grado di operare dei test sui fluidi che fuoriuscivano, verificando che se fossero stati risolti alcuni problemi tecnici legati alle condizioni estreme cui si trovava, quel pozzo sarebbe stato in grado da solo di produrre tanta energia quanta ne produceva l’intero impianto, costituito da circa venti pozzi produttivi. Tuttavia, l’elevata temperatura e l’estrema acidità dei fluidi causò ben presto la corrosione dei rivestimenti interni del pozzo, causandone danneggiamenti irreparabili e obbligando quindi alla sua chiusura“.
L’IDDP non aveva raggiunto i suoi obiettivi, ma aveva fatto qualcosa di ancor più importante, “aveva mostrato che è possibile raggiungere un corpo magmatico profondo, e aveva stimolato l’interesse del mondo scientifico nei confronti di una possibilità mai prima realizzata, ovvero quella di ingegnerizzare un pozzo direttamente aperto nel magma per scopi scientifici. Da allora – ha spiegato l’esperto INGV – una comunità internazionale sempre più ampia continua a raccogliersi nell’ambito del KMT, coinvolgendo scienziati e ingegneri da quattro continenti. Il piano scientifico che è stato sviluppato, e che si è iniziato a implementare, prevede una serie di fasi organizzate intorno a obiettivi di tipo scientifico, tecnologico e industriale“.
Il Krafla Magma Testbed ha obiettivi eccezionali e dovrà affrontare sfide di non poco conto.
Per quanto riguarda gli obiettivi scientifici, il vulcanologo INGV evidenziato che lo scopo è:
- “osservare, misurare, campionare magma all’interno della crosta terrestre, che conosciamo solo indirettamente attraverso le prospezioni geofisiche e geochimiche, le ricostruzioni petrologiche, le osservazioni sui materiali eruttati o su antichi magmi poi solidificati p. es. a formare corpi granitici, ma che non abbiamo mai osservato direttamente;
- comprendere alcuni aspetti fondamentali dei processi che hanno portato all’origine dei continenti;
- effettuare veri e propri esperimenti su un sistema magmatico e vulcanico reale, misurandone le quantità di interesse dal profondo fino alla superficie;
- comprendere a un livello mai raggiunto in precedenza le relazioni tra i processi magmatici profondi e le misure di superficie, che sono alla base dei sistemi di controllo e monitoraggio dei vulcani ad alto rischio, p. es. i Campi Flegrei che minacciano gran parte della città di Napoli;
- sviluppare sistemi di monitoraggio e metodi di studio di nuova generazione per conoscere e comprendere le dinamiche dei vulcani e anticiparne le possibili evoluzioni“.
Po ci sono gli obiettivi tecnologici: il magma, ha proseguito Papale, “può essere considerato come la frontiera delle condizioni estreme esistenti in prossimità della superficie terrestre; tuttavia, abbiamo inviato sonde e strumenti su Marte e su Venere, ma mai fino al magma. Lo sviluppo del KMT richiede di affrontare e superare problemi molto complessi di tipo ingegneristico e tecnologico (e che coinvolgono la scienza dei materiali), non dissimili da quelli che si pongono per l’esplorazione di altri corpi del sistema solare; fornendo un’occasione unica per lo sviluppo e la sperimentazione di macchinari e strumentazioni utilizzabili in altre situazioni estreme (p. es., la superficie di Venere si trova a oltre 450°C di temperatura, a una pressione oltre 90 volte maggiore di quella sulla superficie terrestre, e la sua atmosfera è densissima e composta per oltre il 90% da anidride carbonica)“.
Da evidenziare anche gli obiettivi industriali: Papale ha sottolineato che “la sorgente ultima dell’energia geotermica è il magma; ciò nonostante, gli attuali impianti di sfruttamento geotermico esistenti al mondo utilizzano solo una parte irrisoria dell’energia disponibile, estraendo energia da fluidi a temperature da alcune decine di gradi (bassa entalpia, utilizzata essenzialmente per riscaldamento) fino a circa 300°C (alta entalpia, per la produzione di energia elettrica). Le temperature magmatiche sono in realtà assai più elevate: le trivelle dell’IDDP si trovavano intorno ai 900°C quando hanno incontrato il magma al di sotto del Krafla. Nei mesi successivi a tale incontro, prima che le condizioni estreme di temperatura e acidità danneggiassero in maniera irreparabile il pozzo causandone la chiusura, i tecnici della Landsvirkjun furono in grado di stabilire, in una serie di test, che le potenzialità di quel singolo pozzo erano tali da come minimo pareggiare la produzione elettrica dell’intero impianto del Krafla, costituito da circa 20 pozzi convenzionali. Il progetto KMT si propone quindi di investigare la possibilità di produrre energia direttamente dai margini di un corpo magmatico, il che avrebbe la potenzialità di rivoluzionare il mondo dell’energia geotermica portandone la rilevanza ad altri livelli rispetto all’attuale. Tutto ciò, in una fase storica dominata dai timori associati al cambiamento climatico, e nella quale la ricerca di sorgenti di energia rinnovabile e pulita (zero carbon footprint) riveste un’importanza cruciale. L’energia geotermica non solo è rinnovabile e pulita, ma a differenza di altre fonti di energia verde e rinnovabile non è aleatoria: non dipende cioè da quanto sole o quanto vento o quanta acqua avremo nei prossimi mesi o anni, consentendo invece programmazioni e valutazioni accurate e robuste“.
L’Islanda è quindi il luogo ideale dove realizzate il progetto KMT, perché “nessuna altra area al mondo presenta attualmente la combinazione di condizioni che rendono la caldera del Krafla ideale per gli scopi sopra descritti: sappiamo con esattezza dove si trova il magma; si tratta di un’area remota, scarsamente abitata, già sede di importante attività industriale; è una delle aree vulcaniche meglio note e studiate al mondo; la compagnia che gestisce il campo geotermico del Krafla ha una approfondita conoscenza geologica, geofisica e geochimica dell’area derivante da decenni di attività produttive, unita a una notevole apertura nei confronti di partner sia accademici che industriali, ed è infatti tra i principali propositori del KMT“. L’Islanda, inoltre, potrebbe solo essere il primo passo di un lungo cammino: “Naturalmente, il KMT intende anche essere un progetto apripista. Una volta che le tecnologie e l’esperienza necessaria siano state sviluppate e affinate alle condizioni ideali offerte dal Krafla, altre aree del pianeta potranno essere valutate, comprese alcune nel nostro paese, che è insieme all’Islanda il più attivo paese vulcanico europeo“.
Per quanto lo stato di avanzamento del progetto, KMT si trova attualmente nella sua “Fase Zero, ovvero nella fase preparatoria per la perforazione, durante la quale si svolgono numerosi studi. La Fase Uno sarà invece quella nella quale si procederà con il primo pozzo scientifico, con lo scopo di: arrivare al magma; campionarne una porzione; posizionare almeno un primo strumento in acquisizione continua (cioè che misura e trasmette dati continuamente) alla base del pozzo, quanto più possibile vicino al magma; mantenere il pozzo in condizioni di stabilità tali da poter essere successivamente riutilizzato per raggiungere nuovamente il magma. Attualmente – ha concluso il vulcanologo – contiamo di poter avviare la Fase Uno nel 2023. Il progetto prevede poi ulteriori fasi, fino alla Fase Cinque di pieno sviluppo e operatività dell’infrastruttura KMT“.