Sclerosi multipla, identificata una proteina chiave che può bloccare l’infiammazione

Una nuova importante ricerca apre la strada alla cura delle sclerosi multipla: l'infiammazione cronica potrebbe essere modulata farmacologicamente
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I ricercatori hanno identificato una proteina chiave nel processo neurodegenerativo della sclerosi multipla progressiva. Si chiama C1q, ed è prodotta dalla microglia (le cellule del sistema immunitario che difendono il cervello) nella progressione delle lesioni al cervello che non si risolvono. Come dimostrato sugli animali, è possibile ridurre lo stato infiammatorio bloccando questa proteina. La scoperta, pubblicata sulla rivista Nature, è stata portata a termine dai ricercatori dell’ospedale San Raffaele di Milano, e apre la strada a nuovi potenziali approcci terapeutici rivoluzionari.

Nei pazienti con sclerosi multipla alcune lesioni cerebrali causate dal processo infiammatorio tipico di questa malattia non si risolvono, ma continuano a espandersi danneggiando aree sempre più estese del tessuto nervoso. Queste lesioni in espansione sono chiamate ‘placche croniche attive’ e contribuiscono alla progressiva perdita di funzioni cerebrali nelle forme più gravi della malattia. I ricercatori, guidati dalla neurologa Martina Absinta, hanno analizzato oltre 66.000 cellule presenti sul confine delle lesioni in espansione, realizzando una loro mappatura precisa attraverso il sequenziamento dell’Rna.

Il sequenziamento dell’Rna messaggero individualmente in ogni singola cellula è una tecnica innovativa – spiega Abstina – che permette di avere una mappa estremamente dettagliata delle diverse cellule, della loro attività e delle loro interazioni lungo la periferia delle lesioni“. Analizzando più nel dettaglio i diversi geni attivati all’interno delle cellule della microglia, i ricercatori hanno visto che la proteina C1q sembra giocare un ruolo chiave nel mantenere l’infiammazione cronica attiva. “Questo lavoro suggerisce che l’infiammazione cronica nella sclerosi multipla progressiva potrebbe essere modulata farmacologicamente – conclude –. La speranza è che inibendo la proteina C1q, si possa avere un approccio terapeutico nuovo per ridurre le lesioni croniche attive e fermare la progressione della disabilità nella sclerosi multipla”.

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