“Sognavo di diventare un’astronauta, e per questo ora in Afghanistan rischio la vita”: la storia di “N”, 16enne con l’amore per la scienza

Giulia Carla Bassani ha condiviso su Instagram la storia di una ragazza afghana che, appassionata di sport e di scienza, ora teme per la sua vita e per quella della sua famiglia
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Ho ricevuto un’e-mail da una ragazza in Afghanistan: sognava di diventare un’astronauta, ed ora è condannata al carcere per essere stata un atleta e una studentessa“: è affidato a Giulia Carla Bassani, ingegnere aerospaziale specializzato in sistemi spaziali, il racconto e la lettera di una ragazza afghana che, appassionata di sport e di scienza, ora teme per la sua vita e per quella della sua famiglia.

Ecco di seguito il testo integrale del post che Giulia Carla Bassani ha pubblicato su Instagram, nella speranza di potere diventare la voce di “N”.

Ho ricevuto un’e-mail da una ragazza in Afghanistan.
Vorrei poterla chiamare per nome, ma per ragioni di sicurezza non posso. Quindi mi riferirò a lei come N.
N ha 16 anni, è nata nel 2004. Appartiene alla minoranza etnica degli Hazara e ha due sorelle più piccole. N era un’atleta e una studentessa, giocava in una squadra di pallavolo e sognava di diventare un’astronauta. Per questo mi ha seguito su Instagram, per questo mi ha scritto. Era così, prima. Ora N è condannata al carcere per essere stata un atleta e una studentessa.
“Se esco allo scoperto, mi tagliano la testa” scrive.

Mi racconta la sua vita e i suoi successi. Ha iniziato a giocare a pallavolo nel 2014, la sua squadra ha vinto i campionati provinciali e ha partecipato ad altri tornei interprovinciali. La pallavolo non era semplicemente una passione, era anche un modo per mantenersi in buona forma fisica per seguire il suo sogno.

“Ora che i talebani hanno occupato il nostro Paese ho dovuto distruggere tutte le mie attrezzature da pallavolo” mi dice, “perché non ci siano più prove e non uccidano me e la mia famiglia”.

Faceva parte di due gruppi scientifici, uno dei quali sull’astronomia, ma ora entrambi si sono fermati. Mi racconta di aver partecipato anche a un concorso astronomico, l’International Astrophysics and Astronomy Competition (IAAC) ed è arrivata in finale.

E non posso fare a meno di sorridere, con il cuore che si stringe dolorosamente, perché mi ricorda tanto me stessa e il mio entusiasmo per le gare di astronomia, ai tempi del liceo.

E alla fine conclude. “I talebani vogliono distruggere i miei sogni. Sognavo di poter lasciare la Terra, un giorno, mentre ora non posso nemmeno fuggire da questo angolo polveroso del pianeta per salvare la mia vita. Non so se tu leggerò mai questa lettera, scritta in un angolino della mia casa, ma in questo momento rappresenti la mia unica speranza”.

N ha 16 anni e il mio cuore è spezzato. Perché penso a me stessa a 16 anni, una ragazza piena di sogni proprio come N, e mi immagino nei suoi panni. Perché proprio come lei è rinchiusa in un paese infernale, io mi scopro con le mani legate.

Non ho né il potere né i mezzi per salvare N e non so come dirglielo e la costernazione è enorme.

Le ho spiegato che il mio unico potere, in questo momento, è la mia voce. Non so se condividere la sua storia possa rappresentare una piccola speranza, per lei e per le migliaia di ragazze e donne nella sua condizione, ma almeno rappresenta occhi che vedono e orecchie che ascoltano. Queste donne sono in una gabbia di solitudine e paura, in bilico tra un presente interiore e un futuro incerto, private della loro voce e isolate dal mondo. Se una voce può aiutare, io la fornisco.

Ti capisco, N. Ho letto la tua lettera. Ti ascolto e ti vedo e sono con tutti voi. Non ho i mezzi per salvarti, ma se le parole hanno davvero un potere, non esiterò a usarle.

Farò qualsiasi cosa in mio potere per far finire la tua lettera nelle mani giuste e non avrò mai pace.

Avrei potuto essere te. Accidenti, tutti avremmo potuto esserlo“.

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