Cambiamento climatico: facciamo un po’ di chiarezza

MeteoWeb

In questa era mediatica che stiamo vivendo, fondata sulla diffusa informazione alla portata di tutti senza alcun filtro sulla veridicità di ciò che si legge, è sempre più difficile trasmettere alla pubblica opinione il messaggio che non esistono risposte semplici a problemi complessi. Tutti vogliono una spiegazione immediata, semplice, convincente, possibilmente senza formule chimiche o fisiche, senza complessi calcoli matematici o statistici.  Anche il fatto che la scienza non sia una fede con i suoi dogmi ma necessita di poter essere contestata per appurarne la veridicità, è qualcosa che non sembra accettata da tutti. Per ultimo mi sono reso conto che mai come nel caso del cambiamento climatico, le competenze necessarie per trattare la questione riguardino campi così diversi che vanno dalla meteorologia, alla chimica, fisica, biologia, astronomia, geologia, paleontologia….. un universo di conoscenze che è difficile trovare in un unico uomo di scienza.

Che sia in atto un cambiamento climatico è fuori di dubbio. Che l’uso dei combustibili fossili immetta nell’atmosfera notevoli quantità di CO2 è altrettanto assodato, ma qualche perplessità sulle cause e sui rimedi, a mio parere, rimangono. Per capirci meglio, se la colpa è tutta del’uomo, migliorare la condizione non dovrebbe essere troppo difficile. Se però vi sono altre cause che non dipendono da noi, bisogna valutare se i costosi interventi sul clima che stiamo approntando, siano soldi spesi nella giusta direzione oppure serve altro.

La martellante ma alquanto generica informazione data  dai media sul riscaldamento globale e sulle sue cause esclusivamente antropiche, quasi sempre abbonda di scenari catastrofici nel nostro  prossimo futuro, mentre scarseggia di dati sicuri ed oggettivi. Al di là delle opinioni che ciascuno di noi si è fatto su questa questione, proviamo a tralasciare le prese di posizione tendenti a squalificare le tesi avversarie ed elencare con rigore scientifico tutto ciò che è stato assodato così da costituire una base comune su cui ragionare e formulare ipotesi che si possano verificare sperimentalmente. Quindi separiamo i fatti dalle opinioni.

Il fatto che la discussione sia stata velocemente chiusa su un unico colpevole: la CO2,  chiudendo la bocca a tutti coloro che pur accettando il riscaldamento globale, nutrivano dubbi su una interpretazione semplicistica del fenomeno, non fa onore alla Scienza. E’ già accaduto con un  altro caso eclatante : il famoso BUCO NELL’OZONO. Negli anni ’70 e ’80, quando i satelliti, per la prima volta, cominciarono a monitorarlo, si stava allargando e, giustamente , si lanciarono allarmi per l’aumento dei tumori della pelle a causa della maggior quantità di radiazioni ultraviolette che potevano arrivare sulla Terra. Fu così che in gran fretta si stabilì in modo “inequivocabile” che l’unica colpa fosse dei CFC  (Cloro-Fluoro-Carburi) usati principalmente negli impianti di refrigerazione. Entro l’anno  2000   oltre 90 paesi firmarono un accordo per sostituire i CFC con altri prodotti e da quell’anno la produzione scese da 1 milione di tonnellate l’anno a 100.000. Dal 2007 la produzione è cessata. Naturalmente la demolizione dei vecchi impianti frigoriferi  continuò e continuerà a riversare nell’atmosfera CFC fino alla loro completa sostituzione. Ebbene che cosa è successo? Nonostante questi interventi il buco ha continuato ad allargarsi. Poi da alcuni anni si è improvvisamente rimpicciolito (dati della NASA) ed ora è  piccolo come mai lo è stato da quando lo osserviamo coi satelliti.. Sentite cosa dice Richard Engelen, ricercatore del Cams. “Questa anomalia non è realmente correlata a una vittoria del protocollo di Montreal, dove i governi hanno cercato di ridurre il cloro e il bromo nell’atmosfera, perché questi sono ancora lì. È molto più legato a un evento dinamico”.  Si, avete letto bene i CFC sono ancora tutti lì nell’atmosfera, eppure il buco si sta rimpicciolendo. Questo è solo un esempio di come si possa arrivare a delle conclusioni errate perché basate su conoscenze incomplete.

Partiamo da un semplice chiarimento sullo scioglimento dei ghiacci e conseguente aumento del livello dei mari. Il comune lettore poco informato (dai media) non sa che esistono vari tipi di ghiaccio in base al tipo di acqua che li ha formati e al luogo dove si trovano.

  • Ghiaccio della calotta artica (quello intorno al polo nord per capirci). Il nostro pianeta non ha sempre avuto due calotte ghiacciate. Per averle entrambe è necessaria una di queste due condizioni. 1) che intorno ad un polo esista un mare chiuso da continenti. Nel nostro caso il mar Glaciale Artico è praticamente chiuso su un lato dalla la Siberia e sull’altro dal Canada e dall’Alaska. 2) che il polo sia occupato da un continente, nel nostro caso l’Antartide. Questa condizione è molto particolare e dato che i movimenti delle placche sono molto lenti, occorrono milioni di anni affinché cambi la loro dislocazione. Dunque in questo momento (inteso come era geologica) abbiamo due grandi masse ghiacciate nelle zone polari. Ma attenzione: Il ghiaccio della calotta artica (quella a nord) è formato da acqua salata (ovvero mare ghiacciato) dello spessore dai 3 ai 5 metri nei mesi più freddi ovvero Gennaio e Febbraio e questo ghiaccio, come un enorme iceberg, galleggia sull’acqua, frantumandosi e riducendosi durante la stagione estiva. Un totale scioglimento di questa calotta artica non provocherebbe nessun innalzamento del livello degli oceani poiché la sua trasformazione da ghiaccio a liquido andrebbe ad occupare il volume spostato dalla massa ghiacciata secondo la legge di Archimede.
  • Ghiaccio della calotta Antartica. Diversa questione  è l’Antartide, continente ricoperto da una enorme massa di ghiaccio di acqua dolce, dello spessore, in alcuni punti, di oltre 3 kilometri, dovuto alle precipitazioni nevose. Questo ghiaccio, sciogliendosi andrebbe invece ad influire sui livelli oceanici. L’attuale situazione vede un continuo restringimento della calotta artica mentre in Antartide la situazione è più complessa perché in alcune zone diminuisce, in altre aumenta con un bilancio abbastanza in pareggio.
  • Ghiacci continentali. Formano i ghiacciai sulle Alpi, sull’Himalaya, sull’Islanda e soprattutto sulla Groenlandia. Si tratta di ghiaccio di acqua dolce e in tutti questo luoghi che ho indicato è in riduzione. Il fenomeno non è recente ma a giudicare dalle gigantesche morene, valli glaciali e laghi di origine glaciale, questa recessione è iniziata migliaia di anni fa ben prima che l’uomo ci mettesse del suo. In controtendenza i ghiacciai della Patagonia che invece sono in leggera crescita E questo rimane un elemento che andrebbe discusso, ovvero le cause non certo antropiche, che hanno dato inizio al disgelo. Bisogna inoltre ricordare che l’espansione o la recessione dei ghiacciai non è necessariamente dovuto alla variazione delle temperature, se da – 10°C si passa a – 7°C il ghiaccio non si scioglie comunque. Il fattore importante sono la quantità di precipitazioni nevose a monte della lingua glaciale che alimentano la formazione di nuovo ghiaccio facendolo scivolare a valle. La questione quindi è più complessa di come viene normalmente proposta.

L’innalzamento del livello dei mari sembra essere la naturale conseguenza dello scioglimento dei ghiacciai (calotta artica esclusa). Anche qui però la situazione è alquanto complicata perché il livello degli oceani dipende anche dalla dilatazione termica. Se l’acqua degli oceani si scalda aumenta di volume ma con una anomalia: tra 0°C e 4 °C diminuisce invece che aumentare.   Come si fa a misurare questa crescita di livello? Prendendo dei riferimenti sulla costa direte voi. Abbiamo accertato che durante l’ultima glaciazione, terminata circa 10.000 anni fa, il livello degli oceani era 100/120  metri più basso dell’attuale. Siberia, nord del Canada, Scandinavia e nord Europa, oltre alle Alpi erano sotto una enorme calotta di ghiaccio, la quale col proprio peso era in grado di deformare ed “affondare” la litosfera terrestre che “galleggiando sul mantello” si comporta come una nave che quando viene caricata affonda di quel tanto che le permette di spostare tanta acqua quanto pesa fino a raggiungere un nuovo equilibrio ; oppure immaginate di prendere una palla e  schiacciarla con le dita; quando togliamo la pressione dei polpastrelli  lei ritorna come prima. Così sciogliendosi i ghiacci, oggi il Canada e gli altri territori che hanno subito lo schiacciamento, si stanno sollevando di oltre 1 cm all’anno . Questo fenomeno si chiama ISOSTASIA e rende complicato accertarsi di quanto si stia veramente innalzando il livello degli oceani soprattutto se stiamo parlando di millimetri.

LA  CO2  (ANIDRIDE CARBONICA O BIOSSIDO DI CARBONIO) dove si nasconde? In realtà è meglio parlare del ciclo del carbonio piuttosto che della CO2. Infatti il carbonio si presenta in forme differenti. Nell’atmosfera come CO2, nelle acque come ione bicarbonato HCO3e nelle rocce come Calcare ovvero Carbonato di calcio CaCO3. Si tratta quindi di un ciclo biogeochimico che riguarda la biologia, la geologia e la chimica.

IL CICLO DEL CARBONIO

Trovo spesso sui giornali la CO2 inserita nell’elenco degli inquinanti. Niente di più errato. La CO2 è un gas serra insieme ad altri come: il  metano, il vapore acqueo, il protossido d’azoto,  i CFC (Clorofluorocarburi ) ed altri; però la CO2 ha subito una persecuzione continua negli ultimi 40 anni. E’ stato additato come il male supremo, come unica vera causa dei nostri problemi. Eppure è presente nell’atmosfera in una proporzione piccolissima  (circa 4 parti per milione ovvero 0,041 %) mentre l’Azoto è al 78% e l’ossigeno al 21%. Senza ossigeno la vita potrebbe esistere ma senza CO2 no. Proprio così.  Senza questo gas la vita sul nostro pianeta non esisterebbe per due motivi. Il primo è che in assenza di effetto serra le temperature oscillerebbero tra valori estremi difficilmente vivibili. Il secondo motivo è che la CO2 è un reagente della fotosintesi clorofilliana senza la quale non vi sarebbe cibo per nessuno . Ma se nell’atmosfera è così poca, dove si nasconde questa sfuggente molecola?

Ora purtroppo non posso esimermi da usare alcune formule, ma voi seguite la filosofia che sta dietro a queste reazioni, è la cosa più importante.   Prima di tutto scriviamo un dato che conosciamo bene, cioè la quantità di CO2 che noi umani , utilizzando i combustibili fossili, immettiamo nell’atmosfera in un anno. (i dati sono quelli ufficiali dell’ IPCC). Sono 29 giga tonnellate. Questa  CO2 era contenuta nei combustibili fossili e quindi si tratta di una quantità  realmente  aggiunta . E’ CO2 che prima non c’era. O meglio sarebbe dire che c’era milioni di anni fa ma fu immagazzinata ad esempio dalle piante  trasformandosi poi in depositi di idrocarburi e di carbone. Si tratta di una quantità certamente grande ma la CO2 entra in cicli complessi che la assorbono e la emettono. Il rapporto tra assorbimento ed emissione è determinato da alcuni fattori il principale dei quali è la temperatura. Ma anche il pH (ovvero la misura dell’acidità) influiscono sull’equilibrio delle reazioni chimiche.

Le due principali reazioni chimiche-biologiche che interessano la CO2 sul nostro pianeta sono:

LA FOTOSINTESI e LA RESPIRAZIONE CELLULARE.

  • Le piante con la Fotosintesi, grazie all’energia solare, catturano la CO2 dell’atmosfera e la trasformano in cibo per loro e per noi espellendo ossigeno.
  • Con la Respirazione il cibo viene ossidato producendo energia per la loro e nostra sopravvivenza.

Scrivendo le due reazioni ci si accorge che l’una è il contrario dell’altra.

FOTOSINTESI     CO2  + H2O      formano      Glucosio + Ossigeno

RESPIRAZIONE    Glucosio + Ossigeno   formano  CO2  + H2O

Emissioni da combustibili fossili provocate dall’uomo29   G.Ton
Respirazione animali e piante 439    G.Ton
Assorbimento da fotosintesi450   G.Ton
Emissioni oceani332  G.Ton
Assorbimento oceani338   G.Ton

Riassumendo, le due reazioni che si palleggiano la CO2 sono: la respirazione che “estrae” dal Glucosio la CO2 e la libera nell’atmosfera e la Fotosintesi che la cattura e la ritrasforma in glucosio. Poiché le piante hanno bisogno di acqua, luce e CO2 per compiere questa magica reazione e mantenere in vita il pianeta e, come è facile immaginare, l’acqua e la luce sono di solito abbondanti, il fattore che può limitare la crescita di una pianta è la CO2. Un suo aumento anche di poche parti per milione accelerano i processi fotosintetici. Quindi se sommiamo la CO2 prodotta dalla respirazione più quella prodotta dalla decomposizione dei materiali organici del terreno dovrebbe più o meno pareggiare i conti con quella catturata dalla fotosintesi. I dati riportati in tabella (ricordo che sono quelli ufficiali del  IPCC ) sembrano concordare con questa ipotesi. L’altro enorme serbatoio di CO2  sono gli oceani. Qui la questione è molto complessa a dimostrazione che non è così immediato  trarre conclusioni sicure sulle cause e sugli effetti. Cercherò di spiegarla nel modo più semplice possibile. Potete saltare tutte le formule ed andare direttamente alle conclusioni (se vi fidate di me) oppure farle vedere ad un vostro amico chimico per valutarne la veridicità.

Le gocce di pioggia intercettano la COdell’aria trasformandola in acido carbonico.

                              CO2 + H2O <=> H2CO

È quello che succede in una bottiglia di acqua gassata. Si aggiunge CO2 che reagendo con l’acqua dà questo risultato. Ma non finisce qui perchè come vedete qui sotto l’acido carbonico si dissocia negli ioni carbonato e bicarbonato.

Quindi nell’acqua che scorre erodendo le rocce avremo tutti gli ioni e le molecole che trovate qui sotto:

CO2 + H2O <=> H2CO=>H+  + HCO3       +        CO3 2-

 acido carbonico               ione bicarbonato            ione carbonato                        REAZIONE 1

L’acido carbonico è capace di sciogliere le rocce ( calcaree) in ioni Calcio e Bicarbonato che,  rilasciati vengono trasportati dai fiumi nell’oceano. Nell’oceano, gli organismi usano gli  ioni per formare conchiglie di Carbonato di Calcio:

Ca2+ (ione Calcio)   + 2 HCO3ione bicarbonato    => CaCO3 (Carbonato di Calcio)   + CO2   + H2O

Ma il Carbonato di Calcio non sempre raggiunge i fondali perché ad una certa profondità a causa di cambiamenti di pH viene nuovamente disciolto in ioni di Calcio, Bicarbonato e CO2, questo succede perché  con la profondità, l’acqua di mare diventa più acida. Questa profondità varia a seconda degli oceani e va da 3.000 a 5.000 m di profondità.

Quindi, se iniziamo il processo con due molecole di CO2 perché come vedete occorrono 2 ioni bicarbonato per ogni ione calcio, i due bicarbonati vanno a formare il guscio di carbonato   rilasciando, come si vede nella reazione qui sopra, una sola molecola di CO2 nell’atmosfera. Pertanto, questo processo di erosione e sedimentazione rimuove una molecola di CO2 dall’atmosfera. spingendo la reazione verso destra, ossia diminuendo la quantità di CO2 nell’atmosfera. Il vulcanismo naturalmente rimette in libertà la CO2 spostando la reazione a sinistra.

La questione interessante è che un aumento della temperatura delle acque superficiali degli oceani sposta a sinistra (ovvero verso una produzione di CO2 ) la reazione 1. Un semplice esperimento lo potete fare aprendo una bottiglia di acqua gassata a temperatura ambiente e confrontarla con una estratta dal frigorifero. Più calda è l’acqua  più bollicine di CO2 vedrete scappare dalla bottiglia. Ma non è tutto. Se la temperatura aumenta, la decomposizione delle rocce aumenta e assorbe più CO2 dall’atmosfera, diminuendo così l’effetto serra e abbassando la temperatura. Al contrario, con temperature più basse, l’erosione diminuisce, consuma meno CO2 che si accumula nell’atmosfera generando un effetto serra più intenso che andrà a riscaldare maggiormente il nostro pianeta.. In questo modo il ciclo del carbonio potrebbe regolare la temperatura terrestre sui tempi lunghi usando i “serbatoi di rocce calcaree” per aumentare o diminuire l’effetto serra.

Se non avete già stracciato questa pagina dalla disperazione per non avere capito nulla… ebbene sappiate che la descrizione che vi ho data è una versione semplificata. Nella  realtà le interazioni sono ancora più complesse. Volevo  solo farvi comprendere quanto problematico  sia l’equilibrio tra tutte queste reazioni che sono concatenate e dipendono da fattori come temperatura, pH, pressione atmosferica, profondità e tipo di oceano ed altro ancora. Se proprio vogliamo semplificare potremmo chiederci: se la CO2 aumenta nell’atmosfera, aumenta l’effetto serra, quindi gli oceani si riscaldano aumentando così il rilascio di CO2 e la quantità di vapore emessa,  con conseguente aumento dell’effetto serra. Il vapore aumenta l’effetto serra ed il  riscaldamento aumenta la CO2 nell’atmosfera, qual è la causa e qual è l’effetto? Si chiama feed-back positivo: Una volta iniziato si autoalimenta. Però una riflessione, guardando la tabella sottostante, si può fare

Se osservate nella tabella che riporta le gigatonnellate di CO2 prodotte dalle attività umane, e  le confrontate con le quantità scambiate   tra atmosfera ed oceani più quelle che riguardano fotosintesi e respirazione, noterete che i numeri in gioco sono da 10 a 20 volte maggiori del contributo antropico.  Trovo quindi difficile immaginare che solo aggiungendo  qualche decimale a quel numero 29 la catastrofe sia dietro l’angolo. Guardate gli altri numeri nella tabella. Una variazione anche minima percentualmente nella attività della fotosintesi o nelle emissioni degli oceano, inciderebbe 10 volte di più che non l’attività umana nell’uso degli idrocarburi.

Questo discorso può essere compreso solo se si conosce bene la chimica e voi direte che chi scrive gli articoli la conoscerà molto bene. Ecco come funziona l’informazione. Si accetta per verità tutto quello che troviamo sui social. Così tutti si fidano e nessuno ha il coraggio di alzare un dito e di dire: < scusi voglio capire…>

Quindi  pongo una domanda semplice alla quale nessuno ha ancora dato una risposta precisa corroborata da prove scientifiche. Circa 20.000 anni fa la Terra era coperta da enormi distese di ghiaccio. I ghiacciai scavavano i grandi laghi prealpini e le vallate come Valtellina, Valle d’Aosta ecc. I massi erratici portati dai ghiacciai potete vederli ancora oggi a Central Park a New York. La CO2 era a valori bassissimi e l’apporto antropico inesistente. L’albedo (cioè la capacità riflettente  del nostro pianeta)  era elevato dato che la vasta estensione dei ghiacci rimandava verso lo spazio l’energia solare, molto più di oggi , riducendo di molto la possibilità di un surriscaldamento del nostro pianeta. Come è stato possibile che in un tempo relativamente breve i ghiacci si siano sciolti e tra 11.000/12.000 anni fa, sia incominciato l’Olocene, un’era con temperature in aumento? I nostri antenati hanno vissuto un cambiamento climatico spaventoso, forse narrato come diluvio universale, ma sono sopravvissuti pur con le scarse tecnologie in loro possesso.

ACIDIFICAZIONE DEGLI OCEANI

Più CO2  entra negli oceani più acido carbonico si forma e più il pH diminuisce (ovvero l’acidità aumenta). Attualmente il pH è 8.1 quindi leggermente basico, 200 anni fa era 8.2. In realtà l’acqua marina si può definire una soluzione tampone che tende a reagire in modo automatico alle variazioni leggere di valori di acidità. Inoltre poiché la variazione è molto lenta vi sono studi che dimostrano una cosa abbastanza ovvia e cioè che gli organismi marini, per selezione, tendono ad adattarsi ai nuovi valori di acidità In caso contrario non sarebbero sopravvissuti alle varie ere geologiche e alle estinzioni di massa che hanno determinato il passaggio da un’era ad un’ altra.

LA DEFORESTAZIONE .   Un annoso problema che riguarda i cambiamenti climatici è quello della deforestazione praticata in alcune regioni del pianeta, allo scopo di lasciare spazio a monoculture come quella dell’olio di palma o della soia oppure del mais. Le obiezioni sono principalmente due.

La prima riguarda la biodiversità che va largamente perduta.  Anche volendo ritornare, dopo alcuni anni, alla situazione iniziale, non avremo più la possibilità di vedere riformarsi la foresta primaria e con essa tutte le reti alimentari che sosteneva. Avremo un insediamento di nuove specie animali e vegetali. Nuove nicchie ecologiche. un drastico mutamento dell’intero ecosistema. Va sottolineato che episodi di questa natura , ovvero incendi di parti di foresta, oggi certamente provocati dall’uomo, sono sempre accaduti anche per cause naturali nel corso dei millenni e quello che vediamo oggi è il prodotto di selezioni e adattamenti successivi.

La seconda obiezione riguarda invece i gas serra. Le foreste, grazie alla fotosintesi, assorbono grandi quantità di CO2 , rallentando così il suo aumento nell’atmosfera dandoci quindi una mano a combattere il riscaldamento globale. Questa seconda affermazione mi ha incuriosito. Quanta capacità di assorbimento di biossido di carbonio ha una foresta nei confronti della specie agricole coltivate? Va subito chiarito che non è facile stabilire con certezza questi parametri che dipendono da tantissimi fattori come la quantità e la distribuzione delle piogge (senza acqua le piante non crescono), dalla temperatura (la foresta amazzonica e la taiga siberiana hanno ritmi di crescita diversissimi) dalla composizione del terreno e via dicendo. Comunque ho cercato nei migliori siti internet paragonando i risultati di molte ricerche e facendo medie. Questi sono i risultati:

In un anno, un ettaro di  foresta delle medie latitudini assorbe dalle 2 alle 6 tonnellate di CO2 . Poche se paragonate ad un ettaro di prato da giardino che ne assorbe 2 tonnellate. Sembra un controsenso ma non lo è. La biomassa per ettaro di una foresta è molto grande ma la parte che attua la fotosintesi è ridotta alle foglie più alte che svettano all’apice dell’albero. I tronchi e le grandi radici non sono verdi e non partecipano all’assorbimento della CO2. Inoltre la grande quantità di materiali in decomposizione nel sottobosco da parte di funghi e batteri produce CO2 in quantità.  I dati ufficiali dicono che ogni italiano produce 5,5 ton di CO2 l’anno. Quindi 1 ettaro di nuova foresta potrebbe a mala pena compensare le emissioni annuali di 1 italiano. Dato che la superficie dell’Italia è di 301.000 km quadrati pari a 30.100.000 ettari anche trasformando l’Italia in una foresta che la ricopra interamente, eliminando quindi città e strade, potremmo assorbire  CO2 per 31 milioni di italiani. I numeri sono quelli che contano con gli slogan non si risolvono i problemi.

Prendiamo un altro esempio. Il 2020, anno terribile. Per mesi e mesi aerei  a terra, navi ferme, fabbriche chiuse,attività economiche e movimento auto ridottissime. Praticamente quello che l’IPCC aveva chiesto di fare per ridurre le emissioni (senza crederlo possibile) per colpa di un virus il miracolo è avvenuto . Un esperimento impossibile da realizzare è stato fatto. La pandemia ha bloccato praticamente tutto ciò che produce CO2  per 4/5 mesi a livello mondiale. Il prezzo del petrolio era sceso a zero perché nessuno lo comprava. Il risultato? Sicuramente l’inquinamento dell’aria  è diminuito, ma udite udite: lo storico Osservatorio di Mauna Loa ha registrato, il 3 maggio 2020 una concentrazione di 418.2 ppm di CO2 , e nel mese aprile 2020 di 416.18 ppm. La CO2 continua ad aumentare al ritmo di prima. La cosa vi stupisce? Non dovrebbe sapendo che la CO2 prodotta dalle attività umane a pieno regime costituisce solo il 3% del totale. Sarebbe come  decidere la gestione di una azienda possedendo solo il 3% delle azioni.

Io abito in una zona votata quasi interamente alla cultura del mais. Le foreste ormai nella pianura Padana sono solo un ricordo. Così ho voluto calcolare la capacità di assorbimento della CO2 di un ettaro di terreno coltivato a mais.  Il calcolo non è difficile, ma se la chimica non è il vostro forte, o credete a quello che scrivo o meglio fate rifare i calcoli a un chimico o biologo di vostra fiducia. La reazione della fotosintesi è la seguente:

6 CO2    + 6 H2O     danno    6 O2     +   C6H12O6     (GLUCOSIO)

Prendendo i dati da “L’informatore Agrario” risulta  che un ettaro coltivato a mais produce dalle 18 alle 24 tonnellate di sostanza secca. Utilizziamo il dato medio, al netto di tutto, di 21 tonnellate. Con la fotosintesi dunque si producono 21 tonnellate di biomassa ovvero  21.000.000 di grammi di glucosio poi trasformato in amido e cellulosa dalla pianta. La massa molare del Glucosio è 180 g/mole quindi  dividendo 21.000.000 di grammi per 180 g/mole otteniamo il numero delle moli di glucosio prodotte:

21.000.000 gr diviso 180 gr/mole = 116.666 moli di glucosio

Come si vede nella reazione della fotosintesi, per ogni mole di glucosio prodotta vengono assorbite 6 moli di CO2.

Quindi  166.666 moli di glucosio richiedono  166.666 X 6 = 700.000 moli di CO2

La massa totale della CO2 assorbita sarà quindi  700.000 moli  X  la massa molare della CO2  (PM 44 )     ovvero 44 gr/ mole

700.000 moli  X  44 gr/mole  =  30.800.000 gr.  ovvero più di 30 tonnellate!!!

Ricordate che i dati ufficiali dicono che una foresta assorbe in un anno dalle 2 alle 6 ton di CO2.

Non c’e da stupirsi le piantine di mais sono seminate fittissime e la pianta è quasi totalmente verde quindi fa fotosintesi in ogni sua parte o quasi. Bisogna aggiungere inoltre che per produrre il mais il terreno rimane impegnato per circa 4/5 mesi. per il resto dell’anno si può coltivare altro con ulteriore assorbimento di gas serra.

Questo calcolo l’ho fatto esclusivamente per far capire a tutti che le nostre opinioni stanno a zero. Nelle questioni scientifiche contano i numeri anche se non ci piacciono.

Ma attenzione, tutto questo ragionamento per capire quanto biossido di carbonio riusciamo ad immagazzinare nelle piante non ha senso e vi dico il perché.

Iniziamo col dire che un nuovo fronte di polemiche riguarda gli allevamenti intensivi  (ovini e vacche da latte e da carne) e l’alimentazione umana con carni rosse che è risaputo non fanno bene alla salute (se consumate in grandi quantità). Ebbene queste bestie, allevate in quantità enormi a causa della grande richiesta di consumatori prevalentemente carnivori, con il loro  catabolismo emettono una incredibile quantità di CO2. e di metano. Questo è perfettamente vero ma da dove arrivano questi gas?  Semplicemente dalla digestione e successiva demolizione del glucosio nel processo della respirazione:

6 O2     +   C6H12O6     (GLUCOSIO)     a dare            6 CO2    + 6 H2O

dunque la CO2  prodotta non è niente altro che quella assorbita dalle piante di cui si nutrono. Il ciclo del carbonio così si chiude e il saldo è zero. Esattamente come usare la legna nella stufa. Si rimette nell’atmosfera il biossido di carbonio che la pianta aveva immagazzinato nel tronco che andiamo a bruciare.

La reazione che produce metano invece aggiunge effetto serra al sistema essendo questo gas un “fattore serra” più potente della CO2.

CO2   +   4H2   →   CH4   +  2 H2O

Ma quanto può incidere sul volume totale  dell’atmosfera le emissioni gassose intestinali dei bovini (peraltro non differenti da quelle umane)?

Aggiungiamo che dalle rilevazioni satellitari della NASA e secondo uno studio condotto dalla Boston University, tra il 2000 e il 2017 la superficie totale verde del pianeta ha guadagnato un numero di ettari di dimensioni approssimativamente uguali alla foresta pluviale amazzonica. C’è da stupirsi? No, il fattore limitante della fotosintesi è la quantità di CO2 disponibile e all’aumentare di questa aumenta la fotosintesi.

Concludendo. Difendiamo le foreste per le straordinarie forme di vita che contengono e mangiamo meno carne rossa  per la nostra salute. Usiamo più la bicicletta dell’automobile ma non facciamone una religione. I fattori in gioco sono molteplici e vanno tenuti tutti in considerazione altrimenti si spacciano bugie per verità inconfutabili.

Prof. Riccardo Magnani

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