Cancro della prostata: +3% di nuovi casi l’anno tra gli under 50

Cancro della prostata, Alberto Lapini: "malattia in aumento perché più ricercata rispetto al passato"
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Il tumore della prostata è una malattia sempre più “giovanile” nel nostro Paese. Il numero di nuovi casi cresce del 3,4% l’anno tra gli uomini residenti in Italia con meno di 50 anni. Un incremento che va affrontato anche grazie a due “armi” sempre più importanti: l’uro-oncologia di precisione e la multidisciplinarietà. Trattamenti personalizzati sul singolo caso e una gestione condivisa del paziente, da parte di gruppo di diversi specialisti medici, possono aiutare a contrastare la crescente incidenza del tumore maschile più diffuso nella Penisola. E’ questo il messaggio lanciato durante il XXXI congresso nazionale della SIUrO (Società Italiana di Urologia Oncologica), che si svolge in questi giorni in modalità on line e vede la partecipazione di urologi, oncologi, radioterapisti e anatomo-patologi da tutta Italia. “Il carcinoma prostatico risulta in aumento anche perché, rispetto al più recente passato, viene maggiormente ricercato tra l’intera popolazione – afferma il dott. Alberto Lapini, Presidente Nazionale SIUrO -. Spesso nei pazienti più giovani la neoplasia è asintomatica oppure molto aggressiva. Si rende poi necessario svolgere indagini genetiche a livello familiare per potere individuare più precocemente possibile i nuovi casi. Gli uomini con un parente di primo grado affetto da questa malattia presentano un rischio fino a 3 volte più alto di svilupparla. Per chi invece ha più di un familiare colpito il rischio aumenta addirittura di 5 volte. Così è possibile svolgere interventi di terapeutici tempestivi in grado di aumentare le opportunità di guarigione”. “Il tumore prostatico è emblematico circa la necessità di ricorre all’uro-oncologia di precisione – aggiunge il dott. Giario Conti, Segretario Nazionale SIUrO -. Dobbiamo riuscire a dare un inquadramento sempre più appropriato dei nostri pazienti è per farlo possiamo ricorrere a nuovi strumenti a nostra disposizione. La ricerca sta perfezionando i test genetici e altre tecnologie diagnostiche in grado di perfezionare la selezione delle terapie. Le mutazioni dei geni BRCA1 e BRCA2 andranno sempre più ricercati, anche nei tumori genitourinari, per scoprire l’utilità o meno del ricorso ad una nuova classe di farmaci, gli inibitori di PARP. Sono già utilizzati con successo nella cura del carcinoma della mammella e dell’ovaio. Tra non molto vi sarà anche la possibilità di impiegarli anche contro il tumore alla prostata avanzato, metastatico o resistente alla castrazione. Le terapie mirate rientrano invece da diversi anni in tutte le linee guida, nazionali ed internazionali, per il trattamento del carcinoma renale. L’uso dei test ed altri esami è perciò sempre più rilevante nella nostra pratica clinica quotidiana”. “Strettamente legata alla uro-oncologia di precisione è la multidisciplinarietà che rappresenta il principio cardine su cui si basa la nostra Società Scientifica – sottolinea il dott. Renzo Colombo, Vice Presidente SIUrO -. Le strategie terapeutiche devono essere decise e concordate da un team in cui vi è un lavoro coordinato di diversi professionisti medici. Il carcinoma alla prostata, rene, vescica, testicolo o pene sono patologie molto complesse e che richiedono strategie integrate per dare risposte più personalizzate ai nostri pazienti. Sono in arrivo infatti importanti novità cliniche che stanno consentendo una conoscenza più dinamica e approfondita di queste malattie”.

Lo scorso anno in Italia il totale dei casi di tumori genitourinari è stato di 76.800: 36.000 nuovi casi per il cancro alla prostata, 13.500 al rene, 2.300 al testicolo e 25.000 alla vescica. “Lo scorso anno la pandemia ha pesantemente influenzato i livelli di assistenza per i nostri pazienti – sostiene il dott. Rolando Maria D’Angelillo, Consigliere Nazionale SIUrO -. In molte strutture sanitarie oncologiche i trattamenti chirurgici, farmacologici e radioterapici sono stati interrotti o comunque drasticamente ridotti. In questo inizio autunno del 2021 la situazione risulta decisamente migliorata e i rischi di contagio da Coronavirus in ospedale sono quasi nulli. Tuttavia notiamo ancora una diffidenza da parte di alcuni pazienti a recarsi nei nostri ambulatori per ricevere cure ed esami”. “Una possibile soluzione è il ricorso a terapie a lungo termine, trimestrali e semestrali, per il trattamento del carcinoma prostatico – afferma Conti -. Questa tipologia di somministrazione limita gli accessi agli ospedali e al tempo stesso favorisce l’aderenza terapeutica. Anche i controlli di prevenzione dallo specialista urologo devono proseguire dopo i mesi difficili che abbiamo vissuto. I tumori, infatti, continueranno a colpire uomini e donne anche quando l’emergenza Covid sarà terminata”. “Nelle neoplasie urologiche la sopravvivenza a cinque anni in Italia si attesa a oltre l’80% – conclude Lapini -. Un dato in continuo miglioramento e che non deve essere vanificato dal Coronavirus. Bisogna però proseguire nella ricerca medico-scientifica e nell’individuazione di nuovi strumenti diagnostici e terapeutici soprattutto per la gestione dei casi avanzati o metastatici”.

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