La vitamina D è un probabile candidato per il trattamento del Covid poiché le sue caratteristiche di modulazione immunitaria hanno effetti sui pazienti con malattia da SARS-CoV-2: è quanto ha rilevato un nuovo studio, pubblicato sul Cardiology Journal la scorsa settimana.
Nella ricerca dal titolo “Vitamin D supplementation to treat SARS-CoV-2 positive patients. Evidence from metaanalysis“, Luiza Szarpak (Institute of Outcomes Research, Polonia University) e colleghi hanno indagato gli effetti della supplementazione di vitamina D per il trattamento di pazienti positivi a SARS-CoV-2 con sindrome respiratoria acuta grave.
Il team di ricercatori ha proceduto ad una revisione sistematica e ad una meta-analisi, focalizzando l’attenzione sulla mortalità a 14 giorni e in ospedale.
Otto articoli sono stati inclusi nella revisione per un totale di 2.322 singoli pazienti, di cui 786 nel gruppo di supplementazione di vitamina D e 1.536 nel gruppo di controllo.
L’uso di vitamina D, in rapporto all’assenza di supplementazione, è stato associato a una inferiore mortalità a 14 giorni (18,8% vs 31,3%), a un tasso inferiore di mortalità ospedaliera (5,6% vs. 16,1%), a una più rara ammissione in terapia intensiva (6,4% vs 23,4%) così come a minore ventilazione meccanica (6,5% vs 18,9%).
In seguito all’analisi, i ricercatori hanno concluso che l’integrazione di vitamina D nei pazienti positivi a SARS-CoV-2 ha un potenziale impatto positivo sui pazienti con sintomi sia lievi che gravi. Poiché diversi studi di controllo randomizzati di alta qualità hanno dimostrato un beneficio in relazione alla mortalità ospedaliera, secondo il team si studiosi la vitamina D dovrebbe essere considerata una terapia supplementare di forte interesse: se la vitamina D dovesse dimostrare di ridurre i tassi di ospedalizzazione e i sintomi al di fuori dell’ambiente ospedaliero, il costo e il beneficio per gli sforzi di mitigazione della pandemia globale sarebbero sostanziali.