Una delle feste più celebri del Messico è certamente il Dia de los Muertos, che si celebra i primi due giorni di novembre in tutta l’America Latina, con un apparato di tradizioni che rivaleggia per sfarzo e caratteristiche con l’Halloween anglosassone.
Gli usi e i costumi sono differenti a seconda delle antiche culture che un tempo dominavano sulla zona, se quelli della regione meridionali, in particolare nelle zone di Oxaca, Michoacan e del Chiapas, tendono a essere più colorate; nelle zone rurali si assiste a una maggiore solennità; mentre nelle grandi città le celebrazioni arrivano persino ad essere irriverenti.
Le origini del Dia de Muertos e le differenze con Halloween
Anche per i messicani, analogamente a quanto accade per molti altri popoli, la convinzione è quella che durante questo periodo le porte del Paradiso rimangano aperte, consentendo alle anime dei defunti di tornare sulla terra per ricongiungersi con i propri cari. Le famiglie quindi, per accoglierli, preparano cibi e bevande per offrirli agli spiriti.
La grande differenza con Halloween è dunque proprio questa, mentre nel mondo anglosassone la convinzione è che gli spiriti siano malevoli e tentino di possedere i vivi, nella festività messicana gli spiriti sono accolti con gioia.
Le origini di questa festa risalgono alle civiltà mesoamericane degli Aztechi, dei Toltechi e altre culture di questi luoghi, che consideravano irrispettoso il concetto di lutto per i cari estinti.
Per queste culture la morte era una fase naturale dell’esistenza e i morti continuavano ad essere membri delle comunità che venivano tenuti in vita nella memoria e nello spirito.
Oggi il Dia de los Muertos rientra nella lista dei patrimoni culturali immateriali dell’UNESCO, grazie alle sue tradizioni così vive e caratteristiche.
La Calavera Catrina
Quella del Dia de los Muertos è una festa a cui partecipano tutti, perché chiunque si riversa nelle strade affollando le città di giorno e di notte, ma soprattutto usando vestirsi da scheletro e dipingendosi il volto per imitare la Calavera Catrina.
La Calavera Catrina è la Signora della Morte, la sua origine coincide con quella della dea Azteca Mictecacihuatl, regina degli Inferi con il compito di proteggere le ossa dei defunti. Agli inizi del Novecento la sua immagine cambiò aspetto grazie a un’acquaforte del vignettista José Guadaupe Posada che la ritrasse in abiti francesi, con l’evidente intento satirico di criticare gli indigeni messicani che cercavano di emulare lo stile europeo.
Una citazione che viene attribuita a Posada riporta queste parole: “Todos somos calaveras”, siamo tutti scheletri: nel senso che siamo tutti uguali, vittime delle stesse trappole create dall’uomo.
La parola calavera significa infatti teschio, tuttavia, nella cultura messicana ha assunto un valore molto più profondo. Le calaveras sono immagini ricorrenti anche nei disegni e nelle incisioni dei popoli mesoamericani dai già citati Aztechi e Toltechi sino ai Maya, da cui sono giunti sino ai nostri giorni nei graffiti, nei vestiti, nei gioielli e persino nei tatuaggi di questi luoghi.
Questi teschi ricordano di celebrare la vita e la mortalità, di posare un occhio al passato e uno al futuro senza dimenticarsi di rimanere nel presente, rinnovano il concetto di sacralità della vita e ricordano che La Muerte è solamente un altro rito di passaggio che non deve essere temuto, ma abbracciato e festeggiato. Anche la morte è vita e le calaveras ricordano agli uomini di vivere ogni momento al massimo delle potenzialità e di credere comunque nell’immortalità dell’anima.
Le calaveras sono anche delle caramelle a forma ovviamente di teschi. Originariamente erano solamente di colore bianco, oggi si trovano di tutti i gusti e i colori, ma vengono ancora posti sugli altari dei defunti come offerta. Ancora una volta i vivi e i morti sono uniti perché queste delizie sono proprio per tutti.
L’altare e il cibo per i defunti
Il fulcro del Dia de los muertos è costituito proprio dall’altare per i defunti, l’ofrenda, che viene allestito nelle case private, nei cimiteri e persino nelle piazze.
Questi altari rappresentano la porta tra la vita e la morte e non servono come tradizionalmente avviene per adorazione, ma con lo scopo di accogliere gli spiriti nel regno dei vivi.
Ogni elemento ha una propria funzione: le bevande e il cibo sono offerti per consentire ai defunti di ristorarsi dopo il lungo viaggio; il papado picado è un festone di carta traforato ritagliato a forma di scheletro che simboleggia la fragilità della vita, e il suo colore doppio, giallo e viola, rappresenta la dualità della morte e della vita; le candele davanti alle foto della famiglia rappresentano il fuoco mentre i semi la Terra; l’incenso invece serve a purificare l’aria.
Tra le bevande offerte vi sono: la pulque, una bevanda dolce e fermentata che si ricava dalla linfa dell’agave, ma anche l’atole, una sorta di porridge caldo creato a partire dalla farina di mais, da zucchero di canna e spezie come cannella e vaniglia, e naturalmente non può mancare anche la cioccolata calda.
Oltre ai teschi di zucchero, si trova sugli altari il Pan de Muertos, un pane dolce caratterizzato da semi di anice, e le calendule, che fioriscono proprio durante questo periodo dell’anno. In alcune cittadine i petali di questo fiore vengono distribuiti per creare una sorta di sentiero dalle tombe agli altari così da guidare gli spiriti verso le loro case.
In molti villaggi, inoltre, si usa trascorrere tutta la notte nel cimitero in una festa in cui si cena, si suonano musiche, si ricordano i defunti e si beve sino al mattino.