Maltempo, il geologo Di Marco a MeteoWeb: “Catania è un grosso piastrone di cemento che lascia poco spazio al verde, ecco come si è sviluppata l’alluvione”

"Si tratta di un evento eccezionale nella quantità di acqua che è arrivata al suolo. Per cui, è difficile per una città come Catania gestire un volume idrico così importante": il geologo Di Marco spiega i fattori alla base dell'alluvione che ha colpito la città etnea
MeteoWeb

Nelle scorse ore, Catania è stata investita da un violento nubifragio che, sommato alle piogge eccezionali dei giorni scorsi, ha lasciato sott’acqua buona parte della città, con strade trasformate in veri e propri fiumi in piena che hanno trascinato via tutto ciò che incontravano sul loro cammino. Purtroppo nell’evento, un uomo ha perso la vita, portando a 2 morti e un disperso il triste bilancio dell’ondata di maltempo sulla Sicilia orientale, innescata da un Ciclone Mediterraneo.

Dopo la devastazione di ieri, “ora che ha spiovuto, a Catania c’è un’apparente condizione di calma”, dice ai microfoni di MeteoWeb il geologo Sergio Di Marco, Presidente della Società Italiana di Geologia Ambientale (SIGEA) – sezione Sicilia. “Ci sono le tracce di quello che è accaduto ma sembra che ci sia un graduale ritorno alla normalità. Il problema è che si prevede che nei prossimi giorni possa esserci nuovamente un’altra ondata di precipitazioni e quindi che possa ripetersi quello che abbiamo già visto. Per questo, c’è questa fase di calma apparente in questo momento e di conta dei danni”.

Per quanto riguarda l’evento, si tratta sicuramente di un evento eccezionale nella quantità di acqua che è arrivata al suolo. Per cui, è difficile per una città come Catania gestire un volume idrico così importante. Catania ha dei problemi strutturali legati al fatto che è una città che si è sviluppata nei secoli non prevedendo di dover gestire questo tipo di situazioni che avevano carattere d’eccezionalità in passato, invece adesso stanno diventando ordinarie, perché si ripetono con grande frequenza. Il problema è che Catania ha un grosso dislivello tra l’area di monte e l’area di valle. Sostanzialmente è un grosso piastrone di cemento che ha lasciato sempre poco spazio al verde. Tutta l’acqua si concentra agli assi di flusso trasversali, per esempio la via Etnea”, emblematica del disastro di ieri, attraversata da un vero e proprio fiume in piena. “Raccoglie tutta l’acqua che proviene dalle traverse laterali e poi nell’area di valle, quando l’acqua acquista velocità e volume, diventa ingestibile e quindi abbiamo assistito a questo deflusso importante, con tutte le conseguenze del caso”, spiega Di Marco.

Non solo Catania, ma tutta la Sicilia orientale, tra le province di Messina, Catania e Siracusa, ha subito gli effetti di piogge alluvionali eccezionali. “Questo evento ha interessato un’area estremamente ampia, per cui, oltre ai problemi che sono legati alle condizioni dell’ambiente urbano, quindi ad un’occupazione del suolo molto invasiva, all’impermeabilizzazione legata alla cementificazione che impedisce all’acqua di infiltrarsi, e tutti gli assi di deflusso naturali che sono stati obliterati dall’urbanizzazione del territorio, nelle aree esterne si sono presentati problemi legati ad una gestione del territorio che negli anni non è stata ottimale. Gli incendi estivi che tendono a privare il terreno della vegetazione, abbandono delle aree montane, quindi con i terreni lasciati incolti, infrastrutture che quando sono state progettate non tenevano conto della possibilità di eventi così improvvisi: tutti questi fattori si sono sommati e hanno creato condizioni critiche. Abbiamo visto i grossi problemi nell’area di Scordia, l’esondazione del Simeto, Randazzo ha avuto grossi problemi, l’Alcantara in piena. Insomma, un territorio che è stato soggetto ad una quantità di piogge non gestibile”, ha dichiarato Di Marco.

Quindi, contro questa quantità eccezionale di pioggia, si sarebbe potuto fare ben poco? “Allo stato attuale sì, perché il sistema è quello, per cui non riesce a gestire” simili quantità di pioggia. “Quello che bisogna fare, però, è rivedere a carattere generale lo sviluppo che bisogna dare al territorio. Cercare di lavorare in maniera più integrata tra tutte le componenti che concorrono a definire il rischio idrogeologico, non lasciare nulla al caso, non lavorare solamente sull’emergenza ma lavorare sulla programmazione, che è il vero handicap della Sicilia in generale e un po’ di tutto il territorio nazionale, perché si lavora molto sull’emergenza e poco sulla programmazione. E soprattutto bisogna evitare che tra una settimana ci dimentichiamo di quello che è successo, per poi ricordarcene quando si ripresenterà il problema”, afferma Di Marco.

Già da domani, un nuovo peggioramento delle condizioni meteo interesserà la Sicilia orientale, già duramente colpita nei giorni scorsi. “Il problema sarà il ripetersi di quello a cui abbiamo assistito”, per cui è necessario che “la popolazione eviti di esporsi a condizioni di rischio. A questo proposito, sarebbe opportuno proporre un piano di educazione che possa fare sì che la gente sia consapevole dei comportamenti ottimali da tenere in certe situazioni, proprio per evitare le condizioni che possono mettere a repentaglio la vita della popolazione”, afferma il geologo. “È un territorio che è già stato messo a dura prova”, quindi le nuove piogge in arrivo potranno provare “l’innesco di nuovi eventi di dissesto e tutto quello che ne consegue. Sicuramente il fatto di aver avuto questa esperienza fa sì che le persone siano attente in questo momento e questo è importante. La Protezione Civile si sta muovendo come di solito, mettendo a disposizione le sue risorse ma l’ampiezza del territorio è tale per cui bisogna stare attenti e sperare che questi eventi non siano della stessa intensità di quelli degli ultimi due giorni”, conclude il geologo Sergio Di Marco.

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