A compimento del nostro lungo e intenso cammino attraverso le pagine della Commedia di Dante, che ci ha portati a leggere l’opera attraverso una chiave nuova, o quanto meno poco nota: quella della scienza, della geologia e dell’interdisciplinarietà, vogliamo chiudere il contributo che MeteoWeb ha fortemente voluto dare all’anno dedicato al Sommo Poeta, con una puntata che è forse più introduttiva che conclusiva. Vogliamo infatti introdurre e proporre una teoria poco battuta fino a questo momento, ma che potrebbe rivelarsi assai valida. E per farlo ci affidiamo, come nelle 33 puntate precedenti, alle ricerche e alle conoscenze dei due esperti che ci hanno guidato in questo lungo cammino, esattamente come Virgilio ha guidato Dante: il prof. Giuliano Panza e la professoressa Rita Zoccoli. Insieme, i nostri studiosi, sono riusciti non solo a farci ripercorrere la Divina Commedia quasi come fosse un saggio letteral-geologico, ma, rispondendo ai seguenti quesiti, sono anche riusciti a proporre un’interpretazione inedita dell’identità di Marco Lombardo.
Come per Carneade, per antonomasia, si potrebbe dire: “Marco Lombardo! Chi era costui?” Perché Dante gli affida l’importante compito di esprimere le sue più personali e profonde convinzioni politiche e religiose? E perché intorno a lui c’è quasi un alone di mistero, che non fa altro che infittire l’enigma e portarci a chiedere: ma è davvero un quasi anonimo Marco Lombardo, o dietro a quel nome si cela qualcuno di ben più ‘famoso’ e noto a tutti noi da secoli?
1 – Chi si cela dietro l’identità di Marco Lombardo?
Il canto XVI del Purgatorio è detto anche canto di Marco Lombardo o del Libero Arbitrio.
Dante e Virgilio si trovano nella terza cornice, quella degli Iracondi, che, per contrappasso, camminano entro un fumo denso e soffocante dal quale sono accecati. Dante parla con Marco Lombardo, personaggio di cui si hanno scarse e vaghe notizie storiche, ma al quale è affidato il compito di trattare il problema cruciale del Libero Arbitrio nel canto centrale di tutta la Commedia.
Viene spontaneo chiedersi perché Dante abbia scelto questo oscuro personaggio per esprimere le sue più personali e profonde convinzioni politiche e religiose. Secondo i commentatori antichi Marco Lombardo era “suavissimo uom di corte” (Novellino), “Savio e valente uomo” (G. Villani)… Tralasciando ulteriori dettagli sul suo nome (lombardo o Lombardo o di Ca’ Lombardi), ci si chiede perché Dante incontri questo “suavissimo” uomo di corte nella cornice III degli Iracondi. Chi si cela dietro il nome di Marco Lombardo? Vale la pena di fare un’indagine e cercare indizi. Il “detective” sospetta che dietro Marco Lombardo si celi l’identità di Marco Polo.
2 – Quali sono gli elementi che ci fanno comprendere che possa trattarsi proprio di Marco Polo?
Dante, profondo conoscitore della “Gaia Scienza” ovvero dell’arte della poesia dei trovatori provenzali del XII sec., leggeva agevolmente il Franco-Italiano, lingua usata da Rusticiano da Pisa ne “Le devisament dou monde” ovvero il “Milione” a lui dettato da Marco Polo durante la prigionia genovese. E’ ragionevole pensare che Dante non sia rimasto indifferente alla lettura del “Milione” ed abbia colto la religiosità naturale, la ricerca spirituale del giovane Marco Polo, curioso ma al contempo rispettoso dei costumi di ogni popolo. Nella sua laicità il giovane mercante fa intendere che esiste una religione naturale scolpita nell’animo umano, che permette la distinzione del Bene dal Male grazie alla sola Ragione.
A Dante può essere piaciuta la figura del Buddha del cui pensiero Marco Polo offre l’interpretazione, riconoscendo analogie fra Buddismo e Cristianesimo nella rinuncia ai piaceri materiali in vista del Bene Supremo. Tale interpretazione ragionevolmente può aver ispirato a Dante: “Un uomo nasce alla riva dell’Indo…” (Par. XIX, 68-78), quando si chiede quale sia la sorte degli Spiriti Giusti che non hanno conosciuto la vera Fede.
3 – Perché Dante avrebbe collocato Marco Polo in Purgatorio tra gli Iracondi?
Ci si domanda perché mai Dante abbia collocato Marco Polo in Purgatorio tra gli Iracondi.
Dalla lettura del “Milione” si evince l’autentica personalità di Marco Polo, per comprendere la quale valgono sempre le parole di Maria Bellonci che nel suo “Marco Polo” afferma: “Marco è un personaggio dotato di un flusso di vitalità altamente arguto, quasi severo e nello stesso tempo estremamente libero che tutto sospinge alla scoperta del mondo; il che vuol dire scoprire se stesso attraverso le cose”.
Pur tuttavia dal suo rientro a Venezia (1295) e dopo il suo rientro in patria dopo la prigionia a Genova (1299), i documenti parlano di lui come di persona sovente implicata in cause processuali per la proprietà ( A. Zorzi, Vita di Marco Polo veneziano, Bompiani). Le sue vicende legali fanno pensare che egli fosse combattivo, focoso, sanguigno.
E’ ipotesi verosimile pensare che Dante abbia conosciuto Marco Polo per fama ed abbia scelto di collocarlo in Purgatorio tra gli Iracondi che, per contrappasso, camminano dentro un fumo denso e nero, come in vita furono vinti dal fumo dell’ira.
Per Marco Polo c’è anche il contrappasso (contrappasso nel contrappasso) di chi ha molto veduto (“del mondo seppi”) e che in Purgatorio né vede né può essere visto: è solo voce. Il suo eloquio è conciso, talora brusco, essenziale come quello di chi è uso andar per mare o per aspro cammino.
4 – Questa identificazione di Marco Lombardo con Marco Polo è già stata presa in considerazione in passato? Da chi?
I commentatori antichi e moderni della Divina Commedia tendono ad escludere l’identificazione di Marco Lombardo con Marco Polo, se si eccettua un “ammiccamento” di Giovanni Boccaccio, che definisce Marco Lombardo di origini veneziane e forse vuole sottintendere uno “stratagemma” operato dal Sommo Poeta allo scopo di “deviare i sospetti”. Inoltre non si può dimenticare che Dante chiama “gran Lombardo” (Par. XVII) Bartolomeo della Scala. Cangrande della Scala faceva risalire l’origine della sua famiglia ad un Khan (condottiero) àvaro giunto in Italia. La leggenda che i della Scala fossero discendenti da un Khan di origine mongola, conquistatore dell’Italia longobarda, può essere la causa della scelta di Dante nel denominare Bartolomeo della Scala il “gran Lombardo”.
Anche se “Lombardo” come aggettivo, nel ‘300, significava “liberale, generoso”, il collegamento a Marco Lombardo (Purg. XVI) è quasi spontaneo. Può alludere anche al Marco che più di tutti ebbe a che fare con il mongolo Gran Khan Kubilai, fondatore del primo Impero cinese, ovvero a Marco Polo.
Sembra che i mercanti Polo passassero spesso per Verona, città vicina a Venezia ed importante snodo commerciale, meta obbligata per i traffici mercantili. Forse i loro racconti sui Khan della via della seta spinsero gli Scaligeri ad assumere l’appellativo di “Can”.
La vicinanza, non solo geografica, tra Verona e Venezia suggerisce la seguente soluzione:
Bartolomeo della Scala : gran Lombardo = X : Marco Lombardo.
X = Marco Polo
5 – Qual è il punto in comune tra il Milione e il punto di vista di Dante in merito alla laicità e alla “religione naturale scolpita nell’animo umano, che permette la distinzione del Bene dal Male grazie alla sola Ragione”?
Gli uomini – afferma Marco Lombardo – attribuiscono la responsabilità di tutti gli eventi solo agli influssi astrali, ma, se così fosse, non ci sarebbe il premio per chi ha agito bene e la dannazione per chi ha agito male. Per distinguere il Bene dal Male, Dio ci ha dato la ragione, che, se guidata correttamente, annulla l’influsso degli astri(1). Il motivo per cui la corruzione umana è dilagante va attribuito al venir meno della guida sia dell’Imperatore che del Pontefice, da quando quest’ultimo ha riunito in sé il potere temporale e quello spirituale. In tal modo egli può “fare il bello e cattivo tempo(2)”, dedicandosi principalmente ai beni terreni e dando al suo gregge un pessimo esempio con la sua “mala condotta”.
Non si dimentichi che Marco Polo fu testimone diretto della Bolla papale “Unam Sanctam”(1302) con cui Bonifacio VIII legittimò alla Chiesa il potere spirituale e temporale, motivazione più che sufficiente per giustificare l’invettiva di Marco (Lombardo?, Polo?) contro il Pastore che “non ha l’unghie fesse”, ovvero non distingue le cose temporali da quelle spirituali. Ma la ragione più importante per la quale nel personaggio di Marco Lombardo potrebbe essere identificato Marco Polo si deve far risalire alla scomunica lanciata su Venezia nel 1309 da papa Clemente V, il “pastor sanza legge”. Nel Cerchio VIII, Bolgia III dove sono dannati i Simoniaci, Dante, per bocca di papa Niccolò III, fa una “prenotazione” per Clemente V: finirà anche lui conficcato nella sua stessa buca di pietra con la testa all’ingiù e le piante dei piedi in fiamme. Clemente V infatti fu simoniaco, lussurioso, fu colui che inaugurò la Cattività avignonese ed amò “puttaneggiar coi regi”. La delusione di Marco Polo dovette essere enorme; non più curioso del mondo, iracondo per frustrazione, si chiuse nella sua ristretta cerchia famigliare, portando in giudizio con animosità cugini e cognati, per difendere i propri interessi.
6 – Come si colloca il libero arbitrio in questo contesto? Qual è il suo ruolo?
Chi meglio di Marco Polo può trattare il tema del libero arbitrio? Egli ha conosciuto cristiani, pagani, “saracini e tarteri”, come si è detto; ha potuto sperimentare direttamente la realtà della Legge naturale che accomuna l’umanità intera. “Lume v’è dato a bene ed a malizia” ovvero la Ragione che consente all’uomo di distinguere il Bene dal Male. “Liberi soggiacete” non è un ossimoro, poiché l’uomo ha bisogno di “guida” e “fren”, cioè di un capo spirituale e di uno temporale.
7 – Dante potrebbe aver conosciuto Marco Polo personalmente?
Dante forse conobbe Marco Polo personalmente, nessun documento ce lo rivela, ma non si può escludere che abbia letto il Milione e che di Marco Polo abbia stimato profondamente la religiosità rispettosa di ogni liturgia, di un sincretismo tutt’altro che superficiale simile alla sua personale religiosità, che si esprimeva con un linguaggio improntato sia al Cristianesimo sia al mondo antico greco-romano. Non fu forse Dante in odore di eresia? Dante è annoverato tra Catari, Albigesi, Templari e Massoni. Vari commentatori si sono soffermati sull’interpretazione dei versi 61-63 del Canto IX dell’Inferno, cerchio degli Eretici, allo scopo di dimostrare l’eresia dantesca:
“o voi ch’avete li ‘ntelletti sani,
mirate la dottrina che s’asconde
sotto ‘l velame de li versi strani”
Carlo A. Levi(3), René Guénon(4) e altri studiosi segnalano l’esistenza dell’esoterismo dantesco precisando talora l’appartenenza del Poeta ad una loggia massonica. In ogni caso si può sicuramente affermare su solide basi storiche l’anticlericalismo di Dante, motivato dalle sue ben note convinzioni politico-religiose. Si pensi alla sua “intuizione” sulla Donazione di Costantino (De Monarchia) di cui Dante negò il valore giuridico, ben prima che Lorenzo Valla (1440) dimostrasse che il documento è apocrifo.
8 – Se Marco Lombardo è Marco Polo, perché Dante non avrebbe usato il suo vero nome?
Dante non è nuovo agli stratagemmi. Così come ha potuto collocare nell’Inferno (canto XXXIII) Alberigo dei Manfredi e Branca d’Oria, ancora viventi sulla Terra, ugualmente avrebbe potuto collocare in Purgatorio l’ancora vivente Marco Polo. Inoltre Dante, per ammirare in sicurezza la sua Beatrice, usa lo stratagemma della “donna dello schermo” (La Vita nova, cap. 5). Analogo stratagemma usa forse per Marco Polo: Marco Lombardo è l’”uomo dello schermo” utilizzato per fuorviare il lettore, senza quindi richiedergli lo sforzo di conciliare la cosmologia asserita nel “Milione” con quella di Dante, ovvero che l’emisfero australe abbia terre emerse e sia abitato, “per la contraddizione che nol consente(5)”(Inf. XXVII, 120). Dante infatti nella sua finzione poetica concepisce la Terra rigorosamente suddivisa in Emisfero della terra ed Emisfero dell’acqua.
9 – Dante e Marco Polo hanno due vedute differenti sul tema terra acqua, ma il sommo poeta evita volontariamente di polemizzare, nonostante l’argomento fosse fonte di diatribe a quel tempo. Cosa potrebbe insegnarci oggi l’atteggiamento di Dante nel contesto delle dispute attuali, relative al Covid-19 e dunque ai vaccini, o ad un tema annoso come quello del Riscaldamento Globale? Quali sono le discriminanti per comprendere chi è esperto e chi non lo è?
Come abbiamo visto, con lo stratagemma dell’uomo dello schermo Dante evita di polemizzare direttamente con Marco Polo sul tema terra acqua, ignorando volutamente le numerose diatribe dei suoi tempi(6).
Simile atteggiamento potrebbe essere salutare per evitare le dispute attuali, relative a Covid-19 (Vaccino SARS-CoV-2) e Riscaldamento Globale, tra “esperti” definiti tali in modo acritico dai mass media che ignorano tanti chiari contributi scientifici e giornalistici quali ad esempio: (https://www.meteoweb.eu/2021/07/il-prof-scafetta-il-clima-segue-cicli-naturali-i-modelli-dellipcc-non-sono-validati-scientificamente/1701740/) (https://wsimag.com/it/scienza-e-tecnologia/62062-covid-19-il-dramma-italiano) (https://www.meteoweb.eu/2021/03/sars-cov-2-flusso-aria-contagio-distanza-sicurezza/1566365/) (https://www.meteoweb.eu/2021/09/linfinito-errore-di-fabrizio-gatti/1718616/) (https://www.meteoweb.eu/2021/
10 – Infine, il viaggio: questo è il leitmotiv di Dante, di Marco Polo e di Don Anderson. Qual è il vero significato del viaggio nelle opere di cui abbiamo parlato? E può essere, il viaggio, un’ulteriore prova a favore del fatto che Marco Lombardo è in verità Marco Polo?
Il significato del viaggio di Dante può essere schematizzato utilizzando le quattro chiavi di lettura suggerite dal Poeta stesso nel Convivio (Trat. II, Cap. 1):
-
- senso letterale, cioè l’immaginario viaggio ultraterreno;
- senso allegorico, cioè la conversione del Poeta dal suo traviamento con l’aiuto della Ragione e delle Verità rivelate;
- senso morale, cioè ammonimento agli uomini su quanto sia facile cadere in peccato e quanto difficile liberarsene;
- senso anagogico, cioè con significato escatologico dimostra come l’umanità tutta, dallo stato di infelicità e di disordine, possa raggiungere la felicità.
La questione della ortodossia o eterodossia del Cristianesimo dantesco è ancora dibattuta. Resta tuttavia rilevante l’enciclica di Benedetto XV “In praeclara summorum” che nel 1921, in occasione del sesto centenario della morte di Dante, dichiara il profondo cattolicesimo del Poeta, ne giustifica l’anticlericalismo, esorta allo studio della sua Opera anche per la diffusione della Fede cattolica.
Tuttavia ogni commento alla Divina Commedia appare riduttivo e il Poeta continua ad accompagnarci nel nostro viaggio personale.
Nel viaggio di Marco Polo si intuisce la sua grande sete di vedere e di sapere, la sua giovanile vitalità, il suo bisogno di religiosità e di ricerca spirituale, non certo appagata dallo spocchioso clero cattolico del tempo.
Nel settimo centenario della morte di Dante è suggestivo richiamare la memoria di un suo grande ammiratore, lo scienziato Don Anderson. D.A., come Dante Alighieri! Egli ne era un profondo conoscitore, molto più di tanti Italiani che lo ignorano e che talora – come da testimonianza – lo disprezzano.
Tre viaggi nel pianeta Terra: quello di Dante in verticale, quello di Marco Polo in orizzontale, quello di Don Anderson che, utilizzando anche miti di Dante, va dalla superficie della Terra al suo nucleo ed è insieme comprensivo dei segreti delle più remote ere geologiche.
Epilogo
Termina dunque il nostro contributo all’anno dedicato a Dante. Un contributo che vuole essere evocativo, ma soprattutto propositivo, perché pensare che ciò che è stato nel passato resti nel passato è un concetto errato se non addirittura dannoso. La “Storia è maestra di vita”, dicono, e in quest’ottica la letteratura, così come la geologia e la scienza, sono macroelementi di una Storia, la nostra, che non dobbiamo e non possiamo dimenticare, affinché il futuro possa essere più prevedibile, nei limiti del possibile, e dunque maggiormente affrontabile in maniera oculata e decisa.
NOTE:
1. Concetto presente già in Odissea, I, 33-35.
2. Gioco di parole su “temporale”.
3. “Il vero segreto di Dante e Marco Polo”, Treviso, Zuppelli, 1905.
4. “L’esoterismo di Dante”, Adelphi, 2001.
5. Con lo stratagemma dell’uomo dello schermo Dante evita di polemizzare direttamente con Marco Polo sul tema terra acqua, ignorando volutamente le numerose dispute dei suoi tempi.
6. Controversa è tutt’ora l’attribuzione a Dante della “Quaestio de aqua et terra”.
Al seguente link è possibile leggere tutte le precedenti 33 puntate del viaggio di MeteoWeb nella Commedia di Dante Alighieri:
https://www.meteoweb.eu/category/dante-alighieri-marco-polo-divina-commedia/