La Palma, la lava del vulcano Cumbre Vieja continua ad avanzare: dall’incontro col mare “un rumore assordante, come milioni di vetri rotti”

Il delta marino creato dall'accumulo di lava del Cumbre Vieja occupa ormai un'area di quasi 30 ettari
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    Foto IGNspain / Ansa
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    Foto Carlos De Saa / Ansa
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Continua l’avanzata della lava che fuoriesce dal vulcano Cumbre Vieja, sull’isola di La Palma alle Canarie, dopo il crollo di una parte del cono principale: lo ha confermato l’Istituto Vulcanologico delle Isole Canarie (Involcán). Da quando ha iniziato a eruttare lo scorso 19 settembre, la lava ha ora ricoperto un’area di circa 400 ettari, secondo l’ultimo rapporto del Department of Homeland Security pubblicato oggi.
Il delta marino creato dall’accumulo di lava occupa ormai un’area di quasi 30 ettari.

L’incontro tra la lava e il mare

L’incontro tra la lava e il mare di La Palma sta generando grandi colonne di fumo: sott’acqua, l’interazione tra le due masse con una così grande differenza termica sta alterando la natura e la forma della colata stessa. Alcuni dei cambiamenti saranno di breve durata, ma altri dureranno per migliaia di anni. Il fenomeno più immediato e caratteristico è la vetrificazione della sua parte esterna, ma non è l’unico.

Nonostante l’enorme dispiegamento tecnico e scientifico su terra, mare e aria, le condizioni sottomarine complicano lo studio della lava. L’Istituto spagnolo di oceanografia, che opera dalla nave Ramón Margalef, sta prelevando campioni dell’acqua ed eseguendo la batimetria nell’area, ma non ci sono al momento telecamere subacquee operative, secondo quanto riporta El País. Tuttavia, in base al tipo di eruzione, ai due tipi di lava espulsi dal vulcano e a ciò che è accaduto in precedenti eruzioni simili, gli scienziati possono anticipare ciò che sta accadendo alla colata sottomarina.

La prima cosa che accade quando la lava si congiunge a più di 800°C (perdendo circa 200°C lungo il percorso da quando ha lasciato il vulcano Cumbre Vieja) con l’acqua di mare a circa 24°C è che la lava si frammenta violentemente e improvvisamente, non esplode (verso l’esterno, come nella bocca del vulcano): ciò che viene prodotto sono principalmente implosioni. Il contrasto termico provoca la solidificazione mentre si contrae. Parallelamente, buona parte del materiale più esposto all’acqua si rompe e si stacca: sono gli idroclasti, una versione subacquea dei piroclasti. Il processo rimane attivo finché nuovo materiale continua ad arrivare dal vulcano, ed è così veloce che la roccia liquida si solidifica senza cristallizzare.

La composizione chimica della lava non cambia una volta sott’acqua, ma la sua natura sì: il professore di petrologia all’Università di Barcellona Domingo Gimeno ha spiegato che “la colata è litificata e la litificazione è così rapida che impedisce ai minerali presenti di potersi cristallizzare“. Nella lava è presente un’ampia varietà di elementi della tavola periodica, molti dei quali metallici, come silicio, ossigeno, alluminio, ferro, magnesio, calcio, zolfo, titanio. Alcuni di questi appaiono in forma cristallina, come il solfato di ferro o feldspato. I cristalli sono una forma di organizzazione della materia che, semplificando, si ripete in modo regolare, ordinato e simmetrico.

Per la maggior parte, la roccia fusa è una massa amorfa ricca di vetri vulcanici: un materiale solido ma privo di struttura cristallina. Le prime analisi effettuate sulla lava di La Palma, effettuate da scienziati delle università di La Laguna e Granada, mostrano che almeno il 50% del materiale è vetro vulcanico.
C’è un rumore assordante, come milioni di vetri rotti“, ha affermato Gimeno. “Quello che succede è che, all’arrivo, il mare raffredda improvvisamente la colata, che è frammentata. Smette di essere un tutto solido e si espande accumulando vuoti di vetro“. In geologia, le brecce vulcaniche non sono fessure o buchi, sono rocce formate da agglomerati di materiali più piccoli, gli idroclasti. Un’altra delle pietre che si formano in questi casi sono le ialoclastiti, anch’esse agglomerati, ma caratterizzate da materiali più vetrosi, che ricordano l’ossidiana, anche se non così brillanti.

Il vulcano di La Palma incuriosisce gli scienziati perché essendo di tipo stromboliano, con un’eruzione permanente di lava relativamente fluida punteggiata da esplosioni, non rientra del tutto in questa categoria. Uno degli elementi enigmatici è il tipo di lava. Durante i primi giorni il flusso era molto denso, roccioso e lento: è quella che è conosciuta come lava di tipo “AA”, un nome preso dall’hawaiano che significa lava grezza. Negli ultimi giorni però la colata ha subito un’accelerazione a causa della presenza di materiali più fluidi. Le lave a bassa viscosità sono chiamate “pahoehoe” (morbide, sempre dall’hawaiano). Entrambi i tipi influenzano anche la forma finale della spiaggia che si sta formando. In quella parte della bellissima isola, il nuovo paesaggio sarà pieno di spigoli vivi.

Dallo stesso momento in cui l’incontro tra la lava e il mare provoca la vetrificazione del primo, inizia il processo inverso. Il vetro, nonostante ciò che può sembrare, non è così stabile e, almeno in natura, è destinato a cristallizzare e smettere di essere amorfo: “Alcuni minerali si formeranno in breve tempo, giorni, mesi e anni come argille, zeoliti, ossidi, e in migliaia di anni altri come feldspati e quarzi a bassa temperatura, epidoti,” ha spiegato José Mangas, dell’Istituto di oceanografia IOCAG dell’Università di Las Palmas de Gran Canaria.

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