Alimentazione, l’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile fa chiarezza: “non contiene grassi trans e non è dannoso”

L'Unione Italiana per l'Olio di Palma Sostenibile tiene a evidenziare alcune "informazioni inesatte"
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In merito a quanto affermato dalla dottoressa Anna Villarini, biologa nutrizionista, professoressa a contratto all’Università di Milano e ricercatrice presso l’Istituto Nazionale Tumori di Milano, su proprietà e caratteristiche dell’olio di palma, l’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile, tiene a evidenziare alcune “informazioni inesatte“.
In particolare il Presidente Giuseppe Allocca, in una nota, si sofferma in dettaglio su:

l’affermazione “I grassi vegetali sono generalmente buoni, a meno che non vengano ‘lavorati’ cioè estratti con dei solventi e poi raffinati per eliminare le tracce dei solventi, come accade per esempio con l’olio di palma e con altri oli vegetali. Quando vengono lavorati, questi grassi, pur essendo vegetali, diventano ‘cattivi’, al punto da essere indicati come il principale fattore di rischio cardiovascolare legato al consumo di grassi.”

e “I grassi che ne derivano si chiamano in configurazione ‘trans’ (sono i famosi grassi ‘trans’) e sono particolarmente pericolosi per le arterie e per il cuore” 

Ci preme precisare che l’olio di palma si ottiene per spremitura del frutto e non per estrazione con solventi così come non vengono utilizzati solventi nella fase di raffinazione”.

“Il trattamento di raffinazione e la cottura ad alte temperature dell’olio di palma non danno luogo alla formazione di grassi trans, perché l’olio di palma è ricco di acido oleico (monoinsaturo) ed è resistente alle alte temperature. I grassi trans possono formarsi a temperature superiori ai 200 negli oli ricchi di acidi grassi polinsaturi. 

Più in generale, per quanto riguarda nello specifico l’olio di palma precisiamo inoltre che:

  • non contiene grassi trans in quanto ha naturalmente presenti grassi saturi che lo rendono naturalmente semi-solido a temperatura ambiente. Pertanto, non necessita di essere sottoposto a trattamento di idrogenazione parziale, che da luogo alla loro formazione, per variare le sue caratteristiche.

al contrario, è uno degli oli normalmente utilizzati per evitare quelli parzialmente idrogenati contenenti trans. 

  • la sua composizione è bilanciata, infatti è costituito per il 49% circa da grassi saturi (in prevalenza acido palmitico) e per il rimanente 51% da grassi insaturi (con prevalenza di acido oleico, caratteristico dell’olio di oliva).
  • come tutti gli altri oli vegetali, l’olio di palma non contiene colesterolo.
  • autorevoli studi scientifici ne hanno inoltre confermato la neutralità sul metabolismo del colesterolo ed il ruolo positivo nella riduzione dei grassi trans nei prodotti alimentari. 

Ricordiamo inoltre che le nuove Linee Guida per una Sana Alimentazione del CREA Nutrizione del Ministero Politiche Agricole), hanno confermato che:

  • come accade per molti alimenti, anche per l’olio di palma non si possono dare definizioni come “buono” o “cattivo”, e soprattutto è concettualmente sbagliato parlare di un valore nutrizionale positivo o negativo di un singolo componente senza inquadrarlo nel contesto della dieta globale.
  • i grassi non devono essere demonizzati, al contrario, per un’alimentazione equilibrata e completa è necessario consumarne nelle giuste quantità, per il loro ruolo energetico, strutturale e fisiologico.
  • è necessario che nella nostra alimentazione i grassi siano mediamente presenti in modo tale da apportare una quantità non superiore al 35% della quota calorica giornaliera complessiva.
  • in particolare, il consumo di acidi grassi saturi, non dovrebbe superare la soglia del 10% delle calorie totali, circa 22 g (200 kcal) in una dieta di 2000 kcal, da qualsiasi fonte alimentare essi provengano (animale o vegetale)
  • anche per le fonti di olio di palma vale la raccomandazione generale – ovvero la moderazione nel consumo – fornita per tutti i grassi ed in particolare quelli saturi

E’ inoltre opportuno considerare che la relazione tra i grassi alimentari totali, inclusi saturi, mono e polinsaturi e trans insaturi e il rischio cardiovascolare è stata oggetto di una revisione significativa. Le più recenti indicazioni della letteratura scientifica mettono in discussione il ruolo dei grassi saturi in quanto tali nell’aumento del rischio di malattie cardiovascolari, colesterolo, obesità, diabete e sindromi metaboliche e suggeriscono che occorra piuttosto tenere conto di fattori quali la matrice alimentare, la composizione dei pasti e la distribuzione dei macronutrienti“.

L’Unione Italiana Olio di Palma Sostenibile è stata costituita nell’ottobre 2015 da un gruppo di Aziende e Associazioni attive in vari settori merceologici nei quali viene utilizzato olio di palma, con l’obiettivo di promuovere attivamente la cultura della sostenibilità di questo prodotto e promuovere la produzione e l’impiego esclusivo di olio di palma sostenibile.

L’olio di palma sostenibile contribuisce al raggiungimento degli SDGs: la scienza e le esperienze sul campo lo confermano

In occasione del Festival dello Sviluppo Sostenibile 2021 promosso da ASviS, l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, UNDP Green Commodities Programme (GCP) e l’Unione Italiana Olio di Palma Sostenibile hanno organizzato l’evento “Il contributo dell’olio di palma sostenibile al raggiungimento degli SDGs: il parere della scienza e le esperienze degli operatori” per presentare il punto di vista accademico e degli operatori della filiera sul contributo dell’olio di palma sostenibile al raggiungimento degli SDGs e stimolare possibili forme di collaborazione tra stakeholder pubblici e privati per supportare congiuntamente lo sviluppo dell’olio di palma sostenibile.

Il Green Commodities Programme di UNDP è stato attivato per affrontare le questioni relative alla sostenibilità ambientale sociale ed economica delle principali commodity come olio di palma, carni bovine, soia e prodotti ittici.

La sua missione è migliorare la qualità della vita ed il benessere delle famiglie di agricoltori e delle loro comunità, proteggendo allo stesso tempo le foreste ad alto valore di conservazione e gli ecosistemi più vulnerabili, supportando i governi affinché si attivino per creare contesti nazionali favorevoli allo sviluppo sostenibile delle filiere. In Indonesia UNDP GCP supporta l’Iniziativa per l’Olio di Palma Sostenibile (Sustainable Palm Oil Initiative), una partnership tra il Ministero dell’Agricoltura indonesiano e UNDP Indonesia, che porta avanti una serie di importanti progetti con il contributo anche del settore privato.

Charles O’Malley, Senior Systems Change Advisor all’UNDP GCP, ha presentato una overview generale delle sfide relative all’olio di palma sostenibile sottolineando che l’olio di palma ha un impatto positivo importante nella riduzione della povertà e della fame e nella promozione del lavoro dignitoso e della crescita economica e che gli standard di sostenibilità come RSPO si sono rivelati fondamentali nello stimolare l’adozione di buone pratiche nel settore dell’olio di palma per correggere gli impatti negativi. E’ necessario anche elevare gli standard minimi attraverso l’azione governativa ed è inoltre evidente che senza una collaborazione tra il settore pubblico e privato non è possibile realizzare soluzioni sistemiche che permettano di soddisfare tutti gli SDGs più rilevanti.

Matteo Bellotta, esperto della Fondazione Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC), ha presentato i risultati di un lavoro scientifico sull’impatto socio-economico dell’olio di palma recentemente pubblicato. L’analisi si è concentrata sul contributo offerto dall’olio di palma al raggiungimento di 8 SDG su 17, riferiti alla dimensione socio-economica della sostenibilità, confermando che l’olio di palma supporta il loro raggiungimento, in particolar modo di quelli inerenti alla riduzione della povertà e della fame e alla crescita economica delle economie locali. Bellotta ha anche evidenziato alcuni punti critici, come i conflitti riguardanti l’accesso alle terre e alla proprietà e alla disuguaglianza di genere, che possono tuttavia essere efficacemente affrontati attraverso la certificazione di sostenibilità:“Il contributo della produzione dell’olio di palma al raggiungimento degli SDG socio-economici è una questione complessa e controversa. I vantaggi e gli svantaggi dipendono in grande misura da quanto il sistema di produzione si basa concretamente sui principi e sui criteri di sostenibilità”. L’unica strada da percorrere è quindi quella della certificazione dell’intera filiera che includa anche i piccoli agricoltori, anche se l’intervento del governo rimane fondamentale.

A sottolineare l’enorme importanza del comparto dell’olio di palma per l’economia e lo sviluppo sostenibile in Indonesia è intervenuto S.E. Ngurah Swajaya, Direttore Generale agli Affari Americani ed Europei del Ministero degli Affari Esteri, che ha presentato alcuni interessanti dati emersi da un’analisi comparativa sul contributo apportato dagli oli vegetali al raggiungimento degli SDGs condotta dalla Policy Analysis and Development Agency del Ministero degli Affari Esteri. L’olio di palma ha concorso in modo significativo alla riduzione della povertà per circa 30 milioni di persone e alla promozione dell’uguaglianza intra-territoriale, migliorando il livello di sostentamento di più di 2 milioni di piccoli proprietari terrieri, che possiedono oltre il 40% delle piantagioni di olio di palma, creando opportunità di lavoro per 16,2 milioni di persone (4,2 direttamente e 12 milioni indirettamente) e generando circa 19 miliardi di entrate annue dalle esportazioni.

“Un trattamento iniquo e discriminatorio nei confronti dell’olio di palma porterà solo effetti negativi sulle condizioni socio-economiche di oltre 2 milioni di piccoli coltivatori di palma da olio e influenzerà anche il raggiungimento degli SDGs, nonché il nostro continuo sforzo per ridurre la deforestazione e le emissioni di gas serra in Indonesia – ha dichiarato l’Ambasciatore Ngurah Swajaya, sottolineando lo sforzo del Paese verso la sostenibilità, anche in vista del summit G20 che si terrà a Bali nel 2022. “Siamo pronti a lavorare congiuntamente con i paesi che condividono la nostra visione, per parlare della necessità di adottare un approccio inclusivo, olistico e non discriminatorio nei confronti di tutti gli oli vegetali, compreso l’olio di palma”.

Il governo indonesiano ha rafforzato il suo impegno per il raggiungimento degli SDGs attraverso lo sviluppo del sistema di certificazione ISPO e l’adozione del Piano d’Azione Nazionale per l’Olio di Palma Sostenibile, recepito con Istruzione Presidenziale dal Presidente Joko Widodo nel 2019. Tali misure intendono aumentare la sostenibilità e la competitività della produzione dell’olio di palma, concentrandosi, allo stesso tempo, sulla riduzione delle emissioni di anidride carbonica. Sono già stati ottenuti importanti traguardi per quanto riguarda la deforestazione, ai minimi storici rispetto agli ultimi 20 anni, e gli incendi forestali, diminuiti dell’89%.

Rispondendo alla domanda su cosa preveda la regolamentazione indonesiana riguardo l’olio di palma a seguito del termine della moratoria sulle nuove concessioni dello scorso settembre, l’Ambasciatore ha confermato che “L’entrata in vigore della Legge Omnibus sull’ occupazione garantisce anche il proseguimento delle politiche di sostenibilità nella produzione di olio di palma, escludendo la possibilità di ulteriori espansioni in aree forestali per produrre olio di palma”.

L’importanza dei piccoli agricoltori– che in Indonesia rappresentano circa il 42% della produzione totale di olio di palma – è stata sottolineata anche da Rukaiyah Rafik, Farmer School Principal presso l’Indonesian Sustainable Palm Oil Smallholders Forum (FORTASBI) avviato nel 2014 da alcune ONG e organizzazioni di coltivatori di palme da olio per favorire il percorso verso la certificazione di sostenibilità. “I piccoli proprietari sono soggetti importanti che devono essere coinvolti per assicurare il raggiungimento degli SDGs. La certificazione dell’olio di palma sostenibile nell’ambito degli schemi RSPO e ISPO è uno strumento che può essere utilizzato per incoraggiare il loro coinvolgimento. La collaborazione tra tutte le parti interessate è molto importante per garantire che i piccoli proprietari non vengano lasciati indietro.”. Rafik ha anche sottolineato che grazie alla certificazione i piccoli agricoltori possono imparare a gestire al meglio le loro piantagioni e aumentare la produttività nel rispetto dei diritti dei lavoratori e preservando gli ecosistemi.

La parola è passata poi ai rappresentanti di due aziende operanti nella filiera dell’olio di palma in Indonesia e in Italia, Triputra Agro Persada e Unigrà. Ciò che è emerso è che effettivamente il settore privato è seriamente impegnato ad adottare pratiche sostenibili che vanno ben oltre oltre la certificazione, andando a contribuire al raggiungimento di diversi SDGs, e che la necessità di una maggiore collaborazione tra tutte le parti interessate è sentita anche a valle della filiera.

Rudy Prasetya, Responsabile Sostenibilità presso la Triputra Agro Persada, ha fatto notare che “L’ESG è un percorso che coinvolge tutti. L’impegno per supportare gli SDGs dell’ONU deve essere tradotto in azioni quotidiane da parte di tutte le istituzioni. La collaborazione tra le parti, inclusi governi, operatori economici, accademici, società civile e consumatori nello spirito della giustizia, della correttezza e della non-discriminazione, è la chiave per far funzionare tutto questo.”

Marcello Valenti, Responsabile Ambiente e Sostenibilità presso Unigrà, ha ripreso le parole di Prasetya, aggiungendo che “Il dialogo costante, sistemico e orientato all’ESG tra gli operatori della filiera è il modo più giusto per supportare la transizione verso la sostenibilità”.

Nel suo intervento conclusivo Charles O’Malley, UNDP, ha sottolineato che “La crescita del settore dell’olio di palma ha prodotto molti benefici sia per i consumatori, sia per i produttori. Ma ha anche generato costi ambientali non indifferenti. Non raggiungeremo una soluzione dividendo il mondo in “buoni” e “cattivi”. Dobbiamo adottare un approccio sistemico e capire che si possono trovare soluzioni solo quando si lavora insieme. Questo significa creare una migliore collaborazione tra i produttori e gli acquirenti, coinvolgendo governi, aziende e comunità.”

L’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile – rappresentata dal Segretario Generale Francesca Ronca – ha confermato il suo impegno a promuovere l’impiego esclusivo di olio di palma sostenibile certificato e a facilitare il dialogo ed il partenariato tra gli stakeholder e accelerare il completamento della trasformazione della filiera, particolarmente importante per lo sviluppo economico sostenibile dell’Indonesia e di molti altri paesi produttori e per il soddisfacimento della crescente domanda di olio vegetale a livello mondiale.

Olio di Palma Sostenibile per il clima: obiettivo zero-deforestazione e certificazione di filiera

L’olio di palma sostenibile può essere una soluzione alla lotta al riscaldamento globale? Quali sono le opzioni più efficaci e coerenti per perseguire l’obiettivo deforestazione zero?

Questi i quesiti di partenza dell’evento “Olio di palma sostenibile per il clima: obiettivo zero deforestazione e certificazione di filiera” organizzato dall’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile nell’ambito del Festival della Sostenibilità di ASVIS e inserito nel programma All4Climate – Italy 2021, promosso dal Ministero della Transizione Ecologica in vista della COP26, dedicata alla lotta contro i cambiamenti climatici.

Sono stati presentati i primi risultati dell’analisi LCA condotta dalla Fondazione CMCC sugli impatti ambientali della filiera dell’olio di palma da cui emerge che le emissioni generate per la produzione dell’olio di palma sostenibile sono inferiori sia a quelle dell’olio di palma convenzionale che a quelle  di altri oli vegetali, come soia, colza o girasole:  “Il grande vantaggio dell’olio di palma è la sua elevata resa, per cui a parità di input e superficie utilizzata, le emissioni per unità di prodotto sono minori rispetto agli oli alternativi. Inoltre, la deforestazione evitata grazie alla certificazione di sostenibilità comporta un notevole vantaggio in termini di riduzione delle emissioni per la produzione dell’olio di palma sostenibile. Tuttavia, specifica la Dott.ssa Maria Vincenza Chiriacò, ricercatrice del CMCC, è altrettanto importante che anche gli altri oli sostitutivi provengano da coltivazioni certificate che non hanno causato deforestazione, altrimenti spostare i consumi dall’ olio di palma verso altri oli non certificati potrebbe voler dire addirittura amplificare le emissioni.”

“La certificazione è un elemento fondamentale nella strada verso una produzione a basso impatto ambientale. Sono diversi gli strumenti che RSPO mette a disposizione dei propri soci per migliorare la gestione delle coltivazioni in chiave responsabile. Uno di questi è il PalmGHG Calculator, strumento che consente ai soci di stimare e monitorare le loro emissioni nette di gas serra e infine ridurre il loro impatto ambientale” racconta Francesca Morgante, Market Development Manager Europa RSPO“Attraverso l’implementazione dei Principi e Criteri RSPO del 2018, i coltivatori soci di RSPO hanno identificato e preservato aree forestali ad alto valore di conservazione, rendendo possibile il risparmio, dal 2019 ad oggi di 191,254 t di emissioni di CO 2, equivalenti a 41,594 veicoli passeggeri guidati per un anno*”

*Il dato è relativo alle emissioni sequestrate ed evitate dalle aree High Conservation Value e High Carbon Stock dal 2019 al 2021 individuate in base ai principi RSPO.

Sebbene produttori e utilizzatori si stiano muovendo verso un cambiamento di passo con soluzioni e scelte sempre più sostenibili, come mostrano anche i più recenti dati sull’andamento della deforestazione nei paesi produttori di olio di palma, in calo per il quarto anno consecutivo (Fonte: World Resources Institute), il consumatore, stenta ad orientarsi fra i mille messaggi che riceve e che trova sulle etichette dei prodotti.

Inoltre con l’affollarsi dei messaggi, spiega il Prof. Davide Pettenella, Università di Padova, se aumenta il livello complessivo di informazione del consumatore, si allarga anche il gap tra conoscenza e percezione del problema e comportamento effettivo di spesa. È stato infatti rilevato che non sempre un consumatore molto informato è un consumatore che nelle scelte di acquisto si comporta coerentemente.

Si è posto anche il quesito di quale sia il confine tra l’area di intervento delle istituzioni e dell’Ue, che ha allo studio diverse ipotesi di misure volte a ridurre la deforestazione importata, quali ad esempio l’introduzione dell’obbligo di due diligence e la definizione di criteri per considerare un prodotto “deforestation-free”, e gli ambiti di iniziativa della società civile.

Interessante e in un certo senso provocatoria la testimonianza della Presidente degli Amici della Terra OnlusMonica Tommasi – che già da alcuni anni approfondisce il tema dell’olio di palma in seguito alla campagna denigratoria verso questo prodotto “Nonostante i risultati positivi che si ottengono tramite la certificazione molte aziende alimentari fanno ancora proprio lo slogan “senza olio di palma” che non attesta affatto la sostenibilità del prodotto e altre, che invece utilizzano olio di palma sostenibile, non hanno ancora il coraggio di inserire il marchio di certificazione e questo a discapito della consapevolezza del consumatore. In tutto questo non si rileva nessun intervento istituzionale di controllo che pure sarebbe dovuto visto che l’etichetta senza olio di palma gode dell’indebita fama di attestare un pregio ambientale. Ci auguriamo che le autorità di controllo e scientifiche pongano rimedio al più presto smascherando il greenwashing operato attraverso questa stucchevole affermazione”.  

“Con l’evento di oggi, commenta Giuseppe Allocca, presidente dell’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile, volevamo contribuire ad aumentare conoscenze e consapevolezza sui temi dello sviluppo sostenibile, condividere buone pratiche e stimolare idee e politiche finalizzate a mantenere gli impegni sottoscritti con la firma dell’Agenda 2030 e dell’Accordo di Parigi”.

Per rispondere ai quesiti di partenza, alla luce delle testimonianze raccolte, possiamo concludere che la produzione ed il consumo di olio di palma sostenibile certificato sono certamente la risposta allo sforzo collettivo di fermare la distruzione del nostro ecosistema e contrastare i cambiamenti climatici a vantaggio di pratiche sostenibili, rispettose del contesto in cui vengono applicate e delle popolazioni locali. La sfida che ci vede impegnati è quella di soddisfare il previsto aumento della domanda internazionale di olio di palma, già oggi l’olio vegetale più consumato al mondo, promuovendo la completa transizione della filiera verso modelli di sviluppo, produzione e consumo più responsabili.

La certificazione è lo strumento sul quale puntare nell’ambito di uno smart mix di misure obbligatorie e volontarie e, ove necessario, di regolamentazione complementare ed interventi per affrontare il problema della deforestazione importata (per maggiori informazioni vedi il position paper della Tropical Forest Alliance sottoscritto da 50 organizzazioni internazionali, tra cui l’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile).

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