Primo volo suborbitale italiano con Virgin Galactic, intervista a Pantaleone Carlucci (CNR): “tre anni fa ero in un hangar con un monomotore a pistoni, l’emozione è enorme”

Per la prima volta Virgin Galactic farà volare esperimenti con equipaggio dedicato, e per la prima volta il CNR parteciperà a una missione spaziale con un proprio operatore
MeteoWeb

E’ grande l’attesa per la prima missione suborbitale scientifica italiana che vedrà a bordo dello spazioplano Spaceship-2 della società Virgin Galactic un equipaggio misto dell’Aeronautica Militare e del Consiglio Nazionale delle Ricerche.
La missione Virtute-1 (acronimo di Volo Italiano per la riceRca e la Tecnologia sUborbiTalE ma che riprende anche il motto dell’Aeronautica “Virtute siderume tenus”) si svolgerà nel 2022 (la data esatta è ancora da definirsi), presso lo Spaceport America, il primo spazioporto operativo per finalità commerciali del mondo, situato in New Mexico (USA): la partenza è stata rinviata più volte (era prevista inizialmente a fine settembre, poi a metà ottobre e in seguito a novembre) inizialmente a causa di indagini condotte dall’aviazione USA in riferimento al volo di luglio (che si sono concluse con l’autorizzazione a riprendere le operazioni di volo), e di recente per la decisione di Virgin Galactic di procedere ad un periodo di manutenzione programmata.

A sessant’anni dal primo volo suborbitale svolto dalla capsula Mercury, l’iniziativa AM-CNR rappresenta la prima missione di questo tipo in ambito europeo, oltre che la prima volta che Virgin Galactic fa volare esperimenti accompagnati da un equipaggio ad essi dedicato.

virgin galactic

Alla missione, oltre al colonnello Walter Villadei e al tenente colonnello Angelo Landolfi, entrambi dell’Aeronautica Militare, partecipa anche l’ingegner Pantaleone Carlucci, del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Ingegnere energetico, Carlucci lavora presso il CNR da oltre 5 anni svolgendo attività nei settori dell’ingegnerizzazione della strumentazione scientifica su piattaforme aeree, con particolare riguardo alla remotizzazione dei dati acquisiti, attività di supporto all’implementazione dei Payloads aerei, è coordinatore – Ingegnere di Volo/Pilota nelle attività di volo dei velivoli CNR.

All’inizio di questa avventura stentavo quasi a crederci, l’emozione di partecipare ad una missione così importante è enorme, soprattutto l’orgoglio di rappresentare il più grande ente di ricerca italiano, ma al momento non sto pensando molto ai sentimenti che provo riguardo la missione, sono e siamo concentrati sulle attività di preparazione al volo soprattutto sugli esperimenti,” ha dichiarato Carlucci ai microfoni di MeteoWeb, facendo il punto su “Unity 23”, dall’origine della missione agli obiettivi futuri.

Il suo coinvolgimento, ha raccontato Carlucci, “è iniziato a metà 2019. In quel periodo abbiamo cominciato ad interagire con l’Aeronautica Militare per sondare la possibilità di partecipare ad una missione suborbitale come CNR. Il gruppo di lavoro era composto da me, l’ing. Lucia Paciucci, e il dott. Francesco Cairo. Dopo aver capito che la progettualità si stava concretizzando ci siamo strutturati internamente ognuno per il proprio background. In sinergia con l’AM, il dottor Cairo si è occupato della parte scientifica, l’ingegner Paciucci della parte operazioni e addestramento, e io della parte volo in quanto negli ultimi anni mi sono sempre occupato di ricerca airborne avendo volato sugli aerei del CNR e sviluppato la strumentazione di bordo“.

L’ing. Carlucci è attualmente impegnato nella fase di training con i colleghi dell’Aeronautica Militare: “Negli ultimi mesi, la collaborazione con Virgin è stata più assidua, e abbiamo organizzato una parte del training a distanza prima della partenza per Spaceport America dove svolgeremo nei 15 giorni precedenti il volo il nostro training. Le sessioni a distanza riguardavano la descrizione del profilo di volo, l’operatività in cabina e meeting con tutto l’equipaggio coinvolto. Abbiamo anche svolto delle visite mediche di idoneità a volo su jet tattico all’istituto di medicina legale dell’Aeronautica militare“.

E’ una missione delle prime volte: è la prima missione di questo tipo in ambito europeo, è la prima volta che Virgin Galactic fa volare esperimenti con equipaggio dedicato, e per la prima volta il CNR partecipa a una missione spaziale con un proprio operatore.

Il coinvolgimento del CNR, ha proseguito Carlucci, “è nato dalla stretta collaborazione con l’Aeronautica militare. L’AM ha reso possibile questo volo firmando l’accordo con Virgin Galactic il 2 ottobre 2019 e successivamente ci ha coinvolti (CNR) per organizzare un gruppo di lavoro con l’obiettivo di scegliere le sperimentazioni più promettenti e soprattutto idonee per la tipologia di volo“.
Benefici e sinergie – dal punto di vista scientifico, operativo ed addestrativo – legano Aeronautica Militare e CNR: “Il volo dello spazioplano offre l’opportunità di condurre esperimenti in condizioni eccezionali sotto due aspetti: in primo luogo l’accelerazione alla quale equipaggio e strumentazione saranno sottoposti, varia da 3-4 volte l’accelerazione gravitazionale fino alla sua virtuale assenza nel punto culminante della traiettoria del velivolo; in secondo luogo lo spazioplano attraversa la mesosfera, una regione tra i 50 e i 100 km di quota, regione al di sopra della quota massima di volo degli aerei e dei palloni, e sotto la quota minima per i satelliti, e per questo la parte di atmosfera meno sondata e conosciuta. Per questo il volo offre l’opportunità di effettuare esperimenti ed osservazioni non altrimenti realizzabili. Il Consiglio Nazionale delle Ricerche su mandato dell’Aeronautica Militare ha selezionato sperimentazioni proposte da gruppi provenienti non solo dai suoi Istituti e dai centri di ricerca della Forza Armata, ma anche dal mondo accademico, e cito in particolare l’Università di Tor Vergata, l’Università di Urbino, l’Università e il Policlinico di Milano, oltre a sfruttare collaborazioni internazionali, con l’Università di Bruxelles e l’Istituto per la Ricerca e la Tecnica Spaziale bulgaro“.

La missione durerà in totale circa un’ora e 40 minuti e sarà la prima volta che la navetta di Virgin Galactic verrà utilizzata per esperimenti scientifici e con operatori a bordo. L’equipaggio italiano sarà totalmente autonomo nella gestione degli esperimenti anche se si coordinerà con la crew di Virgin Galactic che si occuperà della condotta della navetta. I piloti della missione saranno Michael Masucci e CJ Sturckow, a bordo dello spazioplano VSS Unity, e Kelly Latimer e Nicola Pecile, per la piattaforma di lancio (“mothership”) VMS Eve.
Le varie fasi verranno documentate da operatori dell’Aeronautica Militare, di Virgin Galactic e altri in accordo con AM e Virgin.

Il colonnello Walter Villadei, il tenente colonnello Angelo Landolfi e l’ingegner Pantaleone Carlucci condurranno un programma di ricerca scientifica che testerà ben 12 esperimenti, di cui 4 medici e 8 tecnologici. L’equipaggio misto AM-CNR valuterà e misurerà gli effetti biologici della fase di transizione in microgravità sul corpo umano: gli esperimenti “sono stati selezionati non solo in base al loro interesse scientifico ma anche in base alla loro maturità e realizzabilità nel lasso di tempo del progetto: alcuni di essi discendono da analoghe esperienze effettuate a bordo della Stazione Spaziale Internazionale.
Possono essere raggruppati in esperienze che studiano la fisiologia e la risposta del corpo umano, o di sue particolari cellule coltivate in vitro, alla variabilità delle accelerazioni, esperimenti che verificano il funzionamento di dispositivi tecnologici satellitari innovativi in particolari in condizioni di aumentata o diminuita gravità, sperimentazioni di fluidodinamica e chimica della combustione in condizioni di assenza di gravità, ed infine osservazioni che riguardano la qualità dell’aria ed il campo di radiazioni cosmiche al quale sono esposti i partecipanti al volo. Insieme ai colleghi AM avremo il compito di monitorare la strumentazione predisposta nel Rack e intervenire qualora fosse necessario. Alcuni strumenti saranno wearable, cioè dispositivi indossabili come il rilevatore di Radiazione dell’Ing. Paciucci o quelli per effettuare test di misurazione delle prestazioni cognitive in condizioni di microgravità del tenente colonnello Landolfi. Proprio in queste settimane stiamo definendo con AM le procedure di attivazione in volo“.

Sostanzialmente il profilo di volo dovrebbe essere simile” a quello dell’11 luglio scorso, “sia in termini di quota sia di tempo di microgravità“, ha confermato Carlucci: in linea di massima, quindi, il decollo avverrà da Spaceport America con l’aereo spaziale VSS Unity, che salirà a un’altitudine di 50mila piedi (15mila metri) con l’aiuto della sua “nave madre”, VMS Eve, un aereo da trasporto WhiteKnightTwo. Dopo aver raggiunto questa altitudine, il velivolo VMS Eve rilascerà l’aereo spaziale VSS Unity, che da lì raggiungerà un’altezza di 86 km sopra la superficie terrestre, per poi tornare sulla Terra e atterrare nei pressi dell’area di decollo a Spaceport America.
È chiaro che questo tipo di volo rappresenta e rappresenterà un laboratorio privilegiato,” ha ricordato l’ing. Carlucci. “Abbiamo la possibilità di sfruttare tre minuti in microgravità: anche se sembrano pochi, tre minuti sarebbero impossibili da replicare a quote inferiori o in laboratori predisposti a terra. Possiamo simulare la microgravità su voli parabolici, con un tempo relativamente basso di 30 secondi, o su drop tower che simulano una microgravità per soli pochi secondi. Al momento le mie aspettative sono di completare con successo il volo su Unity 23 e tornare a casa con tutti i dati raccolti e tutti gli esperimenti andati a buon fine“.
Pensando al passato e rivolgendo lo sguardo al futuro, Carlucci ha sottolineato: “Tre anni fa ero in un hangar con un monomotore a pistoni a montare strumentazione per delle attività di ricerca sulla terra dei fuochi e oggi sono qui a parlare di questa incredibile avventura. Quale obiettivo mi propongo di raggiungere? E se mi aveste fatto questa domanda allora che cosa avrei risposto secondo voi?

Infine, facendo il punto sulle possibili implicazioni di questi esperimenti sulla vita quotidiana delle persone, Carlucci ha concluso: “Immaginiamo che nel futuro le piattaforme suborbitali diventeranno dei veri e propri laboratori di ricerca necessari per testare come il fisico umano risente di tale condizione e validare il funzionamento di specifiche apparecchiature che monitoreranno in tempo reale le condizioni dell’ambiente garantendo la sicurezza degli operatori e la salvaguardia della salute dei civili. Dai risultati degli esperimenti di Unity23 sarà possibile ricavare preziose informazioni per la futura applicazione in una vasta gamma di ambiti, da quello addestrativo ed operativo fino ai possibili impieghi innovativi in ambito industriale“.

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