Alcuni scienziati italiani hanno portato a compimento due studi sui precursori sismici. Gli studi e la ricerca sono stati finanziati dal settore assicurativo italiano attraverso la Fondazione ANIA. Il primo studio è stato svolto in Islanda, grazie alla collaborazione con ricercatori locali, e pubblicato sulla rivista Science of the Total Environment. Il secondo studio è stato svolto lungo la Faglia del Monte Morrone (Figg. 5 e 6), nei pressi di Roccacasale (AQ) in Abruzzo ed è stato pubblicato sulla rivista Earth and Planetary Science Letters. Lo studio delle anomalie geochimiche per avanzare le nostre conoscenze sui fenomeni pre-sismici e pre-vulcanici è una frontiera di grande interesse scientifico.
“I risultati mostrano che il monitoraggio sistematico idrogeochimico delle acque sotterranee costituisce un percorso di studio. Per arrivare un giorno a stabilire se sia possibile validare anomalie-precursori, e quali, bisogna prima di tutto comprendere se tali fenomeni siano avvenuti anche nel passato remoto geologico e se abbiano lasciato un segno ormai fossile ma identificabile nelle rocce”, spiega Andrea Billi, ricercatore dell’Istituto di geologia ambientale e geoingegneria del Consiglio nazionale delle ricerche, Cnr-Igag. “Gli studi geochimici del Monte Morrone (Figg. 7 e 8), sede di forti terremoti storici, hanno messo in luce la presenza, nelle rocce della faglia, di strutture delle dimensioni dei micron riconducibili a fluidi che sono risultati particolarmente ricchi in Vanadio, probabile testimonianza di antiche anomalie. I risultati sembrano validare i precursori idrogeochimici ricchi in Vanadio (ed anche Arsenico e Ferro) registrati nell’area di Sulmona prima della sequenza sismica del 2016 in Appennino centrale”. I ricercatori spiegano che i fluidi profondi “sono intrappolati ad alcuni chilometri di profondità nella crosta terrestre. Tali fluidi risalirebbero verso la superficie terrestre settimane o addirittura mesi prima di terremoti intermedi e forti, con una composizione chimica anomala, e si possono mescolare con le acque superficiali”, conclude Billi. “Con analisi chimiche ad hoc possono essere riconosciuti dai geologi e costituire un mezzo efficace nel filone degli studi predittivi di fenomeni sismici e vulcanici. Detto ciò, prevedere precisamente dove e quando si verificherà un terremoto, con dati utili in termini di prevenzione e protezione, è ancora un obiettivo remoto per geologi e geofisici. La predizione di tali eventi non è ancora dietro l’angolo, necessita di molto tempo e studi approfonditi e continuativi su larga scala, ma questa strada sembra avere grande interesse scientifico”.
Il primo studio è stato svolto in Islanda (Fig. 1), grazie alla collaborazione con ricercatori locali, e pubblicato sulla rivista Science of the Total Environment. Già dai primi anni 2000, gli scienziati islandesi cominciarono a raccogliere settimanalmente le acque di due pozzi denominati HU01 e HA01 e situati nel nord dell’isola, presso Húsavik, dove avvengono frequenti terremoti di magnitudo superiore a 5.0 (Figg. 2 e 3).
A partire dal 2018, la collaborazione tra scienziati italiani ed islandesi ha portato a effettuare, nei laboratori del Dipartimento di Scienze della Terra della Sapienza Università di Roma, nuove e diverse analisi su specifici elementi chimici nei campioni d’acqua che erano stati raccolti tra il 2010 ed il 2018. I risultati hanno messo in luce forti anomalie geochimiche in alcuni momenti della sequenza temporale, che precedono di giorni, settimane o mesi alcuni eventi geologici islandesi: la grande eruzione vulcanica del Bardabunga del 2014 (anticipata anche da una locale sequenza sismica) e tre terremoti di magnitudo superiore a 5.0 avvenuti nel 2012, 2013 e 2018.
Il secondo studio è stato svolto lungo la Faglia del Monte Morrone (Figg. 5 e 6), nei pressi di Roccacasale (AQ) in Abruzzo ed è stato pubblicato sulla rivista Earth and Planetary Science Letters. I geologi avevano cominciato a monitorare la chimica delle acque dell’area di Sulmona ai piedi del Monte Morrone già da circa un anno prima dell’inizio della sequenza sismica di Amatrice-Norcia in Appennino centrale, nell’agosto 2016. Circa 3-4 mesi prima della sequenza sismica, le acque monitorate mostrano contenuti anomali in Vanadio, Arsenico e Ferro, che sono stati studiati come potenziali precursori sismici al pari di quelli individuati in Islanda del Nord e che riguardano elementi chimici quali Vanadio, Boro, Alluminio o Litio, normalmente presenti solo in tracce nelle acque analizzate (Fig. 4). Lo studio svolto lungo la Faglia del Monte Morrone ha messo in luce la presenza di microlivelli di roccia ricchi in Vanadio, probabile testimonianza di antichi eventi sismici nell’area preceduti da anomalie di Vanadio nei fluidi. In altre parole tale studio, tramite l’analisi chimica di fluidi fossili, irrobustisce la validità di anomalie chimiche come potenziali precursori pre-sismici in Appennino centrale.