Prevenire i tumori con l’alimentazione è possibile: seguendo alcuni semplici accorgimenti, si può godere dei benefici di un regime alimentare con effetti antitumorali e anti-invecchiamento evitando la malnutrizione, traendo piacere da ciò che si mangia, seguendo una dieta sana per il resto della vita.
Si tratta di mangiare di più, ma limitandosi a un certo numero di ingredienti che piacciono e nello stesso tempo consentono di mantenere un peso normale, rispettando la tradizione, la nutritecnologia e sulla base di quanto emerso da test clinici, studi epidemiologici e sui centenari, oltre che dalla iuventologia e dagli studi sulla longevità.
Il cancro a digiuno
Nel suo nuovo libro “Il cancro a digiuno”, Valter Longo, biogerontologo di fama internazionale, si è avvalso dei risultati di trent’anni di ricerca di base e clinica per dimostrare l’efficacia della Dieta Mima-Digiuno e della Dieta della Longevità nella riduzione dei fattori di rischio dei tumori e altre malattie dell’invecchiamento e come Jolly terapeutici a rinforzo delle tradizionali terapie anti-cancro.
Il ruolo del digiuno e della DMD nella prevenzione dei tumori
Quali benefici può avere il digiuno sulla nostra salute, di riflesso, sulla prevenzione dei tumori? Quando e quanto digiunare? Perché seguire la Dieta Mima-Digiuno (DMD)? A rispondere a queste domande è lo stesso dott. Longo, che nel suo nuovo libro spiega:
“Il periodo di tempo ideale di astinenza dal cibo per prevenire patologie, in assenza di situazioni specifiche e di storia famigliare, è di 12 ore tra la cena e la colazione del giorno seguente. Un interessante studio clinico eseguito tramite un’applicazione per telefoni cellulari ha osservato come mangiare in un arco di tempo di 15 ore o più può avere ripercussioni negative su peso, sonno e livelli di energia. Quando il consumo di cibo veniva invece limitato a un arco temporale di meno di 11 ore, si osservavano effetti positivi su peso, sonno e livelli di energia. Oltre alle 12-13 ore di digiuno al giorno, dovrebbe essere presa in considerazione la possibilità di sottoporsi periodicamente a delle diete mima-digiuno. La dieta mima-digiuno dura 5 giorni ed è a basso contenuto di calorie, proteine e zuccheri e ad alto contenuto di grassi di origine vegetale, e ha dimostrato in diversi studi clinici la sua efficacia nella riduzione dei fattori di rischio e dei marcatori tumorali, tra cui IGF-1, insulina, leptina, glucosio, oltre a ridurre il grasso addominale e il girovita“.
Attenzione a non esagerare però, le ore di digiuno non devono essere poche, ma neanche troppe:
“in un esperimento durato 16 settimane, le persone che si astenevano dal cibo per 14 ore al giorno (e quindi mangiavano nell’arco di 10-11 ore al giorno) hanno ottenuto una riduzione del peso corporeo, che hanno mantenuto anche dopo un anno. Coloro che seguono questo schema dietetico riferiscono anche di sentirsi più energici in generale e in particolare la mattina, di provare meno fame all’ora di andare a letto e di dormire meglio. Se però monitoriamo persone che praticano quotidianamente un digiuno di 16 ore o più e consumano cibo nell’arco di 8 ore o meno, iniziamo a vedere dei problemi, in particolare tra coloro che saltano la colazione. Tra gli effetti negativi riportati da coloro che saltano la colazione ci sono aumento di peso e del colesterolo, pressione alta, diabete, cardiopatie, oltre a un incremento della mortalità. Lunghi periodi di digiuno accrescono anche il rischio di formazione di calcoli alla cistifellea: un digiuno di 16 ore raddoppia la possibilità di soffrire di calcoli alla cistifellea rispetto a chi digiuna per 10 ore al giorno. Sulla base di tutto questo, le mie raccomandazioni, come descritto nel libro La Dieta della Longevità, sono di mangiare nell’arco di 11-12 ore e di digiunare nell’arco di 12-13 ore al giorno. Non ho mai letto uno studio che abbia evidenziato conseguenze negative di un digiuno di 12 ore al giorno e questo fa pensare che, se la cosa provoca problemi, lo fa raramente“.
Se ci riferiamo nello specifico ai tumori, l’esperto precisa che
“il digiuno notturno provoca miglioramenti nella regolazione del glucosio nel sangue e del sonno, due fattori che potenzialmente riducono il rischio di recidive, ovvero del ripresentarsi del tumore. Per esempio una ricerca pubblicata nel 2012 ha evidenziato come un digiuno notturno breve (13 ore o meno a notte) fosse associato a un maggior rischio di recidiva del tumore alla mammella (36%), rispetto a un digiuno di 13 o più ore a notte, in un campione di donne che hanno partecipato allo studio prospettico Women’s Healthy Eating and Living, svoltosi tra il 1995 e il 2007. Nel caso delle donne con famigliarità al tumore alla mammella o già colpite da questo tipo di tumore, vale forse la pena di prolungare il digiuno notturno a 13-14 ore. Adottare quindi un periodo di digiuno giornaliero di 12-14 ore rappresenta un sistema semplice e fattibile per ridurre potenzialmente la recidiva del tumore alla mammella. Il fenomeno potrebbe basarsi in parte sulla capacità di adottare periodi di digiuno quotidiano per abbassare i livelli di glucosio nel sangue e insulina, ma probabilmente anche sulla capacità dei periodi di digiuno di ridurre l’IGF-1 e altri fattori di crescita. Oltre a ciò, si potrebbe ridurre anche il rischio di ammalarsi di diabete di tipo 2 e di soffrire di disturbi cardiovascolari“.
Per approfondire:
Il ruolo della Dieta della Longevità nella prevenzione dei tumori
Il cancro rientra tra le patologie maggiormente legate all’avanzamento dell’età, in quanto dipende da una serie di fattori influenzati dal processo di invecchiamento, come i danni al DNA, l’infiammazione e l’indebolimento del sistema immunitario.
La prevenzione del tumore è quindi legata anche alla possibilità di ritardare il processo di invecchiamento e di attivare strategie anti-invecchiamento.
Nel nuovo libro, il prof. Longo ricorda che
“la Dieta della Longevità poggia sui ‘5 Pilastri della Longevità’, quindi su diversi campi della scienza e della medicina, così da assicurare che le raccomandazioni alimentari abbiano radici profonde e un’alta probabilità di prolungare una sana longevità. Lo scopo è di spostarsi da un punto di vista che si limita a un singolo studio o a un solo ambito di ricerca come quello degli studi epidemiologici per formulare raccomandazioni basate su tutti i pilastri e che probabilmente cambieranno in modo sostanziale nei prossimi decenni“.
Quindi, per prevenire i tumori con l’alimentazione, e basandosi su decenni di ricerche in questo campo, l’esperto consiglia di adottare una dieta con un contenuto basso ma sufficiente di proteine:
“Sappiamo che i geni della crescita come IGF-1 e S6K-TOR sono implicati nella proliferazione cellulare e nelle patologie legate all’invecchiamento, tra cui il tumore. Sappiamo anche che possiamo attivarli con l’assunzione delle proteine o di certi amminoacidi. Non sorprende quindi che un’alimentazione a basso ma sufficiente apporto di proteine aumenti la durata della vita dei topi. Una bassa assunzione di proteine può anche far diminuire la crescita e la sopravvivenza di alcuni tumori, per esempio il melanoma e il tumore della mammella nei topi, una volta che il tumore si è stabilizzato. Nelle persone adulte l’assunzione di proteine dovrebbe limitarsi a 0,8 grammi di proteine per chilogrammo di peso corporeo ideale, il che significa che se una persona è sovrappeso o obesa, il peso in base al quale deve essere calcolata la corretta assunzione di proteine deve essere riferito a una via di mezzo tra peso effettivo e quello, appunto, ideale. Eventuali modifiche dovrebbero essere suggerite dal medico e/o dal nutrizionista a seconda dell’età, dello stato nutrizionale, dell’attività fisica e di altri parametri fisiologici e clinici. Nello studio epidemiologico da noi realizzato abbiamo mostrato che le persone che adottano una dieta a basso contenuto di proteine (meno del 10% delle calorie giornaliere) hanno un rischio 4 volte minore di sviluppare tumori rispetto a coloro che consumano una dieta ad alto contenuto di proteine (più del 20% delle calorie giornaliere). La cosa interessante è che questo si dimostrava vero solo per le persone fino ai 65 compresi, che erano state seguite per molti anni dopo la prima intervista, ma non per gli ultra sessantaseienni. In altre parole, un ottantenne che segue una dieta a basso contenuto di proteine non mostrava gli stessi benefici osservati in adulti con una dieta a basso contenuto di proteine. Questo non significa che l’ottantenne dovrebbe consumare una dieta ad alto contenuto di proteine, ma che un’assunzione moderata e probabilmente di una gamma più larga di fonti di proteine (legumi, semi, frutta a guscio, pesce, uova, yogurt ecc.) potrebbe essere più indicata per le persone anziane“.
Importante anche mantenere bassi, ma non troppo, i livelli di glucosio nel sangue:
“Gli zuccheri hanno preso il posto dei grassi e sono diventati le sostanze nutrienti più demonizzate. Come nel caso delle proteine, zuccheri e carboidrati non dovrebbero essere sottoposti a critiche feroci, ma invece è il loro eccesso e l’eccesso di carboidrati raffinati e ricchi di amido come pasta, riso, pane, patate ecc. che dovrebbero essere limitati, non evitati, in modo da fornire nutrimento senza provocare alti livelli di insulina né promuovere l’accumulo di grasso e l’insulino-resistenza (che a loro volta provocano un ulteriore innalzamento degli zuccheri nel sangue e ulteriore accumulo di grasso). Molti di questi cibi a base di carboidrati raffinati, come le patate e il pane, inducono un immediato rilascio di zuccheri nel sangue, similmente allo zucchero da tavola. Oltre a provocare aumento di peso e a ridurre la funzionalità dell’insulina, alti livelli di zuccheri nel sangue possono accelerare il processo di invecchiamento, agendo sia direttamente sui bersagli cellulari, sia attraverso l’attività dell’insulina“.
Infine, un cenno ai tanto demonizzati grassi:
“Nel periodo che ha seguito la demonizzazione dei grassi, dove tutti tendevano a consumare cibi «privi di grassi» o «a basso contenuto di grassi», abbiamo assistito a un incremento senza precedenti di sovrappeso e di obesità. Poi, negli ultimi decenni, la guerra ai grassi è stata sostituita da quella ai carboidrati che è stata anche accompagnata da un analogo aumento nel peso della popolazione in molti Paesi: negli Stati Uniti quasi tre persone su quattro sono sovrappeso o obese. Quindi, all’inizio una grande parte della popolazione mondiale ha adottato un’alimentazione a basso contenuto di grassi e alto di carboidrati e ha accumulato molto grasso, poi è passata a un’alimentazione a basso contenuto di carboidrati e alto di proteine e grassi, raggiungendo livelli record di sovrappeso e di obesità. Quindi, la soluzione che consente di avere il massimo impatto sull’incidenza dei tumori non può essere riassunta in due parole come «low fat» o «low carb», come a tanti giornalisti piacerebbe farvi credere, ma è una soluzione relativamente semplice che presenterò alla fine di questo capitolo e che comprende un buon apporto di grassi salutari (frutta a guscio, olio di oliva, salmone ecc.), proteine basse ma sufficienti (vedi sopra), un’alimentazione relativamente ricca di carboidrati (circa il 60% delle calorie giornaliere) provenienti prevalentemente da verdure e legumi ma anche da pasta, pane, riso, patate ecc., però in quantità limitate. Nelle cliniche della mia fondazione a Milano e Los Angeles non ci limitiamo a sensibilizzare le persone sull’alimentazione ideale e a dare loro raccomandazioni per uno stile di vita salutare, ma ci preoccupiamo anche della fattibilità di tutto questo o, in altre parole, di quanto a lungo le persone possono riuscire effettivamente a seguire le nostre indicazioni. Proibire del tutto alimenti amidacei e carboidrati raffinati come riso e pasta o sostituirli completamente con le loro alternative integrali potrebbe forse avere effetti benefici maggiori che limitarli, ma per la grande maggioranza delle persone un’alimentazione priva di questi ingredienti sarebbe molto difficile da seguire, e molto facile da abbandonare. La cosa migliore, quindi, è 1) ridurre il consumo di cibi con limitati nutrienti che rilasciano rapidamente zuccheri nel sangue come patate, riso, pane, per mantenere nei limiti ideali glucosio nel sangue, insulina, peso e circonferenza addominale e minimizzare il rischio di tumore e di altre patologie; 2) permettere però alle persone di consumare una quantità sufficiente di questi cibi altamente amidacei, perché le persone traggano ancora piacere dal cibo e riescano a seguire variazioni della Dieta della Longevità per tutta la vita. Oltre a dare queste indicazioni, i nostri nutrizionisti cercano anche di capire cosa piace alle persone e forniscono loro diete personalizzate per cambiare il meno possibile le abitudini alimentari“.
Per approfondire:
Come prevenire i tumori con l’alimentazione: cosa mangiare a colazione, pranzo e cena
Avere un’alimentazione sana e bilanciata, va premesso, consente “una prevenzione a 360 gradi, in riferimento a tutte le patologie: in quest’ottica si inserisce la Dieta della Longevità perché prolunga la giovinezza, prevenendo l’invecchiamento, e quindi le patologie connesse, tra cui diabete e tumori,” spiega a MeteoWeb la dott.ssa Romina Inès Cervigni, biologa nutrizionista, Responsabile Scientifico della Fondazione Valter Longo Onlus. “L’invecchiamento è un fattore di rischio per molte patologie, tra cui i tumori“.
Alimentazione equilibrata significa nutrirsi “evitando eccessi o carenze,” ricorda l’esperta. Tra gli eccessi è importante fare attenzione “a proteine e zuccheri, perché sono in grado di attivare meccanismi intracellulari proinvecchiamento: attivano i geni TOR e PKA che velocizzano i processi di invecchiamento“.
E’ fondamentale in questo contesto anche “il mantenimento del giusto peso corporeo, il grasso in eccesso è un fattore di rischio per diverse patologie, tra cui anche il cancro“.
Per quanto riguarda invece le carenze, “la malnutrizione indebolisce il sistema immunitario, il cui compito è proteggerci da attacchi di vario genere, e tra questi figura anche il cancro. Nelle prime fasi in cui il tumore si sviluppa il ruolo del sistema immunitario è proteggerci: se siamo deboli e fragili non può attaccare le prime cellule che danno vita al tumore“.
Tutto ciò significa semplicemente che “dobbiamo mangiare nelle giunte quantità e abbinamenti precisi,” afferma la nutrizionista.
Ad esempio, riguardo gli zuccheri, “pensiamo anche alla frutta, che è ricca di vitamine, fibre, ma è comunque una fonte di zuccheri, come lo sono biscotti, marmellate, miele: vanno assunti in piccole quantità, secondo l’OMS non dovrebbero superare il 10% del totale delle calorie assunte. Meglio se non si supera il 5%“.
Tornando all’esempio della frutta, “se viene assunta da sola, come spesso si tende a fare, viene assorbita rapidamente, con conseguente rapido innalzamento della glicemia a cui segue il picco ipoglicemico, dandoci la sensazione di fame che ci porta a mangiare altri zuccheri“. Questo circolo vizioso “dà vita a meccanismi di lipogenesi, aumenta il grasso addominale, così come aumentano come i fattori di rischio” per tante malattie tra cui i tumori.
Un “trucco” per spezzare questo circolo vizioso è “abbinare agli zuccheri i grassi sani o proteine o fibre, o tutte e tre. Grassi, proteine e fibre disturbano l’assorbimento degli zuccheri, attutiscono il picco iperglicemico prima e quello ipoglicemico poi, l’aumento della glicemia avviene in modo graduale, e vengono meno i meccanismi dannosi“.
Invece che “mangiare solo un frutto, sarebbe meglio quindi abbinare noci, o un pezzo di cioccolato fondente“. O ancora, ad esempio, “ai carboidrati come un pezzo di pane, si può abbinare l’olio“.
Riguardo le proteine, “molti pensano che siano solo quelle animali a non dover essere consumate in eccesso, il che è in parte vero, perché apportano grassi saturi e magari derivano da allevamenti intensivi e possono contenere antibiotici e ormoni,” ma va precisato che “anche quelle vegetali attivano determinati meccanismi, quindi anche queste vanno a finire nel computo. I legumi contengono fibre, vitamine, minerali, sono benefici, ma anche il loro contenuto di proteine va a finire nel computo“. Si ricordi infatti che nelle persone adulte l’assunzione di proteine dovrebbe limitarsi a 0,8 grammi di proteine per kg di peso corporeo ideale.
Le proteine animali, però, sottolinea la dott.ssa Cervigni, “non hanno solo lati negativi: se consideriamo il pesce grasso, questo contiene anche Vitamina D e Omega-3, che ha funzione antinfiammatoria“.
Infine qualche consiglio utile sui pasti. L’esperta inizia sfatando un mito: “I carboidrati sono più facili da digerire rispetto alle proteine, se consumati a cena ci consentono di andare a dormire senza essere appesantiti dal pasto“. Tra l’ultimo boccone a cena e il primo boccone la mattina dopo, inoltre, dovrebbero trascorrere 12 ore: il digiuno notturno ha effetti davvero benefici sulla salute. “Ai pazienti che hanno vinto la battaglia contro il cancro consigliamo un digiuno notturno di 13-14 ore, perché questo lasso di tempo è stato associato a un minore rischio di recidive,” ricorda l’esperta.
Dopo una cena leggera quindi, il giorno dopo, “la colazione potrà essere più ricca: si potrà consumare una fonte di carboidrati complessi, pane, fette biscottate, cereali senza zucchero, grassi sani come noci, nocciole, le creme di frutta secca 100%, un frutto, marmellata, spremuta d’arancia“. La cena leggera consente anche, volendo, “di potere consumare proteine a colazione, magari yogurt vegetale, fare una colazione salata con l’hummus di ceci“.
Sempre partendo dall’assunto della cena leggera, magari con un piatto di pasta, un primo con legumi, più verdure e olio, “il pranzo può essere costituito da un secondo, pesce e verdure, e pochi carboidrati, come un po’ di pane. Si può consumare qualcosa di simile al poke, una ciotola di riso con una fonte di proteine, come ceci, salmone, verdure. Vanno evitati gli affettati, che sono stati classificati come cancerogeni dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro IARC. Allo stesso modo, se si opta per il salmone, non deve essere affumicato“. Altre opzioni per il pranzo possono essere “l’hummus di ceci, sgombro, verdure, avocado“.
I latticini “sono da consumare moderatamente, anzi, andrebbero limitati il più possibile, anche per la presenza dell’ormone della crescita, sempre nel contesto della prevenzione dei tumori“.
Infine, un elemento da non dimenticare per la prevenzione delle malattie e per godere di uno stato di salute ottimale: “L’attività fisica fa parte dell’ottica preventiva ma non solo. E’ consigliata sia quella aerobica (come una passeggiata a passo veloce, fare le scale il più possibile invece di prendere l’ascensore), che quella anaerobica (come il pilates, il sollevamento pesi, anche molto leggeri),” conclude l’esperta.
Chi è Romina Inès Cervigni, biologa nutrizionista
Romina Inès Cervigni, biologa nutrizionista, Responsabile Scientifico della Fondazione Valter Longo Onlus, ha al suo attivo un dottorato di ricerca alla Open University nel Regno Unito conseguito focalizzando i suoi studi in ambito oncologico, con un particolare focus nelle ricerche di biologia cellulare. Ha collaborato, inoltre, come ricercatrice post-dottorato con il Comitato Nazionale delle Ricerche (CNR) di Napoli e con l’Università VitaSalute San Raffaele di Milano, occupandosi di malattie neurodegenerative.
I suoi studi in Nutrizione e Dietetica, con un Master di secondo livello all’Università Politecnica delle Marche, le permettono di completare il suo percorso formativo integrando fra le sue competenze le terapie farmacologiche per diverse patologie attraverso una terapia alimentare. Collabora con la Fondazione Valter Longo Onlus fin dalla sua creazione e assiste quotidianamente pazienti con diverse patologie provenienti da tutto il mondo.
Cos’è la Fondazione Valter Longo Onlus, la prima in Italia dedicata a ottimizzare la longevità
Offrire a tutti l’opportunità di una vita più lunga e sana. È questo il mantra che ha ispirato Valter Longo, scienziato e biogerontologo di fama internazionale, nella creazione della Fondazione Valter Longo Onlus, che opera per prevenire e curare gravi malattie e permettere a tutti, bambini e adulti, anche in povertà, di vivere sani e a lungo. La prima in Italia dedicata a favorire la longevità sana attraverso l’educazione alimentare nelle scuole ed il sostegno alle persone fragili e in difficoltà nella prevenzione e cura di gravi malattie.
Una Fondazione concentrata sulla creatività, ma anche sull’approccio multidisciplinare tipico dell’ambito universitario. Un approccio unico, che combina la biologia molecolare, la dietologia e la medicina per informare, assistere e curare sempre più persone, dall’infanzia agli anni d’argento, per accompagnarle verso una longevità sana – intendendo per longevità una vita di durata superiore alla media. In particolare, il lavoro della Fondazione si focalizza sulla ricerca del nesso tra nutrienti e geni della longevità per vivere in salute più a lungo e dar vita a quella che può essere definita una “longevità programmata”.
La missione della Fondazione è rallentare e combattere l’insorgenza di importanti patologie correlate all’avanzare dell’età o non trasmissibili – quali tumori, diabete, obesità, malattie cardiovascolari, autoimmuni, come il Morbo di Crohn e la sclerosi multipla, e patologie neurodegenerative come l’Alzheimer – promuovendo l’educazione alimentare e la crescente diffusione di uno stile di vita bilanciato e di abitudini alimentari salutari.
“Non tutti sono consapevoli che la nutrizione è uno dei più potenti farmaci naturali a nostra disposizione, sia in un’ottica preventiva che in un percorso di cura”, tiene a precisare Valter Longo. Ecco perché il lavoro della Fondazione Valter Longo Onlus si focalizza sulla ricerca del nesso tra nutrienti e geni della longevità per vivere in salute più a lungo. Una vera e propria strategia biologica evoluta per poter influire sulla longevità e sulla salute attraverso strategie di protezione e rigenerazione come la dieta e il digiuno.
Fondazione Valter Longo Onlus intende educare, formare e collaborare con un esercito di 10mila nutrizionisti per trasformarli in veri e propri ambasciatori della sana longevità e dare un contributo concreto alla salute di adulti e bambini.