Il Sole si sta svegliando e si sta assicurando di farcelo sapere.
Mercoledì e giovedì (3 e 4 Novembre), la Terra è stata colpita da una forte tempesta geomagnetica G3, il risultato di una serie di esplosioni solari avvenute lunedì e martedì (1 e 2 Novembre): tali esplosioni sono legate alle macchie solari. Sia queste ultime che l’attività solare fanno parte di un ciclo che si estende per circa 11 anni, e le tempeste di questa settimana sono sintomatiche dello stadio attuale del Sole in questo ciclo.
“Negli ultimi anni abbiamo avuto davvero poca attività, come nel caso del minimo solare, ma ora sta aumentando abbastanza velocemente verso il prossimo massimo del ciclo solare, che prevediamo nel 2025,” ha dichiarato a Space.Com Bill Murtagh, scienziato dello Space Weather Prediction Center (SWPC) della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA). “Stiamo assistendo all’aumento dell’attività che ci si aspetterebbe con l’aumento del ciclo solare,” ha spiegato Murtagh. “E’ una specie di fase di risveglio“.
Come hanno dimostrato le tempeste di questa settimana, l’attività solare non è un fenomeno limitato al Sole: quando raggiungono la Terra, le esplosioni solari possono causare una serie di fenomeni connessi al meteo spaziale con impatti che vanno da aurore eteree a danni ai satelliti.
La tempesta da un’espulsione di massa coronale “cannibale
La tempesta geomagnetica di questa settimana è stata originata da una serie di espulsioni di massa coronale, o CME, che sono bolle di materiale solare che a volte il Sole proietta nello Spazio. “Una CME è essenzialmente una nuvola di miliardi di tonnellate di gas plasma con campi magnetici – ha affermato Murtagh – quindi il Sole ha lanciato un magnete nello Spazio e quel magnete ha percorso 150 milioni di chilometri fino alla Terra“.
Il nostro pianeta, però, ha il suo campo magnetico e i campi magnetici che si mescolano nello Spazio non sempre funzionano bene insieme. “I due magneti si uniscono e questo crea una tempesta geomagnetica,” ha spiegato Murtagh.
A volte, una CME può accrescersi nel suo percorso nello Spazio: la tempesta geomagnetica di questa settimana ha avuto origine da una serie di esplosioni che si sono fuse quando una CME successiva si è mossa più velocemente di quelle che la precedevano. “Quella CME essenzialmente si è fatta strada attraverso i 150 milioni di km, quasi aprendo il percorso ad altre CME che poi sono venute a trovarsi dietro di essa,” ha detto Murtagh. “A volte usiamo il termine ‘cannibalizzazione‘ della CME che sta davanti“.
La forza di una tale tempesta dipende sia dalle dimensioni della CME che dall’allineamento dei due campi magnetici. Una CME abbastanza grande e una tempesta geomagnetica avranno effetti negativi, qualunque cosa accada, ma per le CME di medie dimensioni, come quella che ci ha colpito questa settimana, il quadro è più complicato.
Murtagh e i suoi colleghi possono creare modelli per prevedere come una CME viaggerà dal Sole attraverso lo Spazio, ma possono rilevare il campo magnetico di una CME solo quando l’esplosione ha raggiunto il Deep Space Climate Observatory (DSCOVR) della NOAA, che scruta la nostra Stella a 1,5 milioni di km dalla Terra.
“I grandi, grandi eventi sono quelli facili,” ha dichiarato Murtagh. “Eventi come quelli che abbiamo avuto negli ultimi giorni sono buoni esempi di quelli non facili perché non sono CME estreme, grandi e potenti. Sono piuttosto forti, ma non conosciamo la struttura magnetica in quella CME finché non colpisce DSCOVR“. A quel punto, la CME colpirà la Terra entro 20 o 30 minuti, quindi la tempesta geomagnetica è imminente.
Il meteo spaziale sulla Terra
Le tempeste geomagnetiche non sono solo un fenomeno intrigante. Questi eventi possono interferire con infrastrutture cruciali, come le reti elettriche, i satelliti di navigazione e le comunicazioni radio degli aerei in aree remote. Ecco perché esiste lo Space Weather Prediction Center della NOAA: Murtagh e i suoi colleghi monitorano il meteo spaziale per avvisare gli operatori su possibili problemi e criticità.
In caso di tempesta come quella di questa settimana, il centro avvisa automaticamente tutti gli operatori della rete elettrica negli Stati Uniti e in Canada, ha sottolineato Murtagh, anche se il rischio che qualcosa vada veramente storto è basso. “Vogliono essere avvisati su cosa sta accadendo, in modo da essere preparati,” ha detto Murtagh.
Il centro ha ricevuto segnalazioni di impatti in linea con le aspettative per una tempesta di questa portata.
“Abbiamo avuto centinaia di esempi di questo tipo di tempesta, quindi abbiamo un’idea delle conseguenze sulle reti elettriche,” ha detto Murtagh. “Questo livello di tempesta è molto gestibile“.
Potrebbe non essere sempre così. Se lo stesso fenomeno di “CME cannibale” si verifica con esplosioni più grandi, gli impatti possono essere più gravi.
Nel 1989, ad esempio, una tempesta solare ha causato un blackout di 12 ore in tutta la provincia canadese del Québec mentre gli Stati Uniti hanno affrontato una serie di perdite di energia, ha riportato la NASA. Una delle più grandi tempeste solari conosciute, l’evento di Carrington del 1859, ha mandato in tilt i sistemi telegrafici e ha portato l’aurora alle Hawaii, secondo la NASA.
“Quando pensiamo alle tempeste geomagnetiche estreme fino al famoso evento di Carrington del 1859, ciò che abbiamo concluso per scopi pratici è che sono tutte associate a più CME,” ha rilevato Murtagh.
Sfortunatamente, il meteo spaziale è ancora più difficile da prevedere rispetto al meteo sulla superficie terrestre. Gran parte di ciò è dovuto al fatto che gli scienziati stanno ancora cercando di capire come funziona effettivamente il Sole. Le missioni Parker Solar Probe e Solar Orbiter stanno producendo dati che aiuteranno gli scienziati ad affrontare queste incognite, ma non rendono le previsioni più facili in questo momento, ha osservato Murtagh.
“Abbiamo una certa abilità nella previsione del ciclo solare, ma non siamo ancora esperti,” ha detto Murtagh. “Ci sono molte incognite nel settore della meteorologia spaziale“.