Si trova a strapiombo sulla valle dell’Altindere in Turchia il Monastero di Sumela che da oltre 16 secoli domina i 1200 metri che si aprono sotto di lui nella provincia di Trebisonda.
La leggenda narra che fu fondato da monaci ateniesi nel 386 d.C. e prosperò fino a quando nel 1923 l’esodo dei Greci dalla Turchia portò al suo graduale abbandono. Oggi un lungo restauro l’ha riconsegnato ai visitatori che possono ammirare questo patrimonio dell’umanità dell’UNESCO con la Chiesa nella roccia, diverse cappelle, sale di studio, per un totale di oltre 760 stanze, un ostello, una biblioteca e una fonte miracolosa ancora venerata.
Il Monastero di Sumela
Si trova a 1200 metri di altezza il Monastero di Sumela che si colloca nella provincia di Trebisonda in Turchia e con la sua storia millenaria rappresenta un simbolo storico culturale di notevole importanza del patrimonio greco nella regione del Ponto. Si tratta di un luogo di richiamo sia per i turisti che per i fedeli greco ortodossi poiché il monastero nacque per ospitare un’icona della Vergine Maria che si riteneva avesse proprietà miracolose.
Il nome Sumela deriverebbe dalla locuzione Sou Melà che si potrebbe tradurre con “su Melas”, la montagna sulla quale si colloca il monastero. Ma un’altra teoria farebbe derivare il nome dal colore scuro dell’icona custodita dal colore scuro, infatti melas significa proprio nero; infine, un’altra ipotesi etimologica connette il nome alla parola laz che si traduce con Trinità.
Il monastero oggi opera come museo e ogni anno il 15 agosto si celebra una santa messa in occasione della festa della Dormizione. Il sito è stato oggetto di un progetto di restauro iniziato nel 2016 e che ha incluso elementi paesaggistici, geologici, geotecnici nonché il consolidamento delle scogliere. Il sito è stato riaperto al pubblico a partire dall’estate 2020 e oggi attrae un numero sempre crescente di turisti.
La storia del Monastero di Sumela
Non si conosce l’esatta data di fondazione del monastero, ma in base alla tradizione tramandata dal cristianesimo avvenne durante il regno di Teodosio I, quando i santi Barnaba e Sofronio, due monaci greci originari di Atene, ricevettero un segno divino e l’indicazione di recarsi qui con l’icona della Vergine Maria.
La leggenda tramanda che l’Evangelista Luca portasse sempre con sé l’immagine della Vergine e quando morì a Tebe, in Beozia, i suoi seguaci trasferirono l’icona ad Atene, in una chiesa i piedi dell’Acropoli. L’eremita Barnaba con il nipote Sofronio, provenienti dalla Calcifica, la portarono su questo monte del Ponto e qui dopo alcuni anni morirono lo stesso giorno, il 18 agosto del 412.
Nei pressi di una fontana nella valle dell’Altindere quando giunse l’icona nel 386 d.C. pare che iniziarono i primi lavori per la costruzione di una cappella e di due celle monastiche.
Viene riportato che “La fama della Vergine della Montagna Nera si sparse rapidamente e crebbe ancora dopo la morte dei due monaci fondatori che, venerati come santi, furono sepolti nel monastero. La loro fama di santità contribuì ad aumentare ancor più i pellegrinaggi, sicché Sumela diventò in breve uno dei centri più importanti del monachesimo orientale, al quale nel VI secolo Giustiniano offrì un vaso di argento per raccogliere le reliquie di S. Barnaba.”
Le fonti documentarie attribuiscono al generale Belisario il restauro e l’ampliamento per l’imperatore Giustiniano I, durante il V secolo; ma il momento il cui il monastero ebbe maggiore risalto fu nel XIII secolo, quando la dinastia dei Comneni proclamò l’Impero di Trebisonda. Si pensa che proprio allora entrò in uso il termine Sumela.
Nella seconda metà del XIV secolo il monastero assunse la sua attuale forma, quando la leggenda narra che la Vergine Maria salvò il giovane Alessio III da una tempesta. Proprio al sovrano fu ordinato di costruire il complesso monasteriale e per gratitudine proprio Alessio III emise una bolla che esonerava Sumela dalle tasse e i tributi dovuti all’impero e da tutti quelli futuri. Tra i privilegi di cui il luogo sacro fu dotato vi fu anche l’affrancamento dall’autorità dei signori locali e dagli obblighi militari.
I diritti del Monastero di Sumela furono confermati anche dopo la conquista di Trebisonda da parte degli Ottomani nel XV secolo e i sultani emanarono decreti appositi. I principi di Valacchia si interessarono al monastero a partire dalla seconda metà del XVIII secolo offrendo aiuti finanziari e sostegni di ogni sorta.
Al 1682 risale la fondazione della Scuola di Trebisonda, che ebbe sede a Sumela sino al 1902 ed aveva lo scopo istituzionale di coltivare l’identità nazionale e religiosa delle comunità greche locali. Alle metà del 1800 risalgono invece le nuove strutture realizzate per dare stanze di preghiera e dormitori atti ad ospitare i pellegrini.
Quando nel 1923 l’Impero Ottomano crollò le popolazioni greche del Ponto Eusino e dell’Asia Minore furono espulse dal paese e il monastero fu abbandonato. Le parti in legno vennero arse da un incendio e le costruzioni furono oggetto di ruberie e vandalismo da parte di saccheggiatori.
I monaci, tuttavia, riuscirono a salvare l’icona miracolosa e le altre reliquie prima di abbandonare il sito che solo nel 1972 venne rilevato dal Museo di Trebisonda. Negli anni ‘80 infine si iniziarono i lavori di restauro che lo restituirono al popolo.
Il complesso monasteriale oggi
Oggi il sito è protetto dall’UNESCO e consta del monastero costruito sulla ripida scogliera al quale si accede tramite un ripido sentiero che attraversa i boschi della valle, l’accesso avviene tramite una scala lunga e stretta.
In nucleo principale è costituito dalla chiesa che ne rappresenta la parte più antica e dove si ritiene vi fosse l’icona, mentre una piccola cappella adiacente alla chiesa principale fu aggiunta in epoche successive.
Le pareti interne e anche quelle esterne della chiesa sono decorate con cicli di affreschi che rappresentano scene bibliche della vita di Gesù e di quella della Vergine Maria, ma i più antichi del XIV secolo sono andati incontro a distruzione o sono stati coperti da altri più recenti.
Di grande pregio risulta anche l’acquedotto che riforniva il Monastero di Sumela e che venne realizzato sul lato della scogliera. Esso consta di numerose arcate in gran parte restaurate. Tra gli altri elementi di valore si annoverano: la stanza delle guardie che si colloca nei pressi dell’ingresso, il cortile interno, la grotta, edifici monastici che costituivano i romitori dei monaci e una biblioteca.
Il Monastero di Sumela rappresenta oggi una delle mete fortemente raccomandate dalle guide turistiche perché è a buon diritto annoverata tra i luoghi maggiormente suggestivi del paese, tuttavia, si trova lontano dalle solite tratte turistiche.
I quattro piani del monastero tolgono letteralmente il fiato, soprattutto se si arriva sul sito nella prima mattinata quando le nebbie lo avvolgono in un manto misterioso. Quando il sole si alza il paesaggio appare simile a quello alpino: con montagne ricche di boschi, torrenti e abitazioni contadine in legno. Già dal tardo autunno fa la sua comparsa la neve, mentre per gli amanti della botanica il luogo riserva l’occasione di ammirare il kar çiçegi, il fiore della neve.
La fontana a cui tutti possono accedere è ritenuta miracolosa sia dai cristiani che dai musulmani, infatti, anche il sultano Selim I la bevve per guarire dopo che era stato ferito durante una battuta di caccia. Per riconoscenza fece dono al monastero dei lampadari della chiesa, mentre Selim II regalò ai monaci alcuni manoscritti provenienti dal monastero del Sinai.