I raggi UV, ovvero la componente ultravioletta della luce solare, colpiscono le cellule della pelle causando modifiche nella struttura del DNA che, se non riparate, incrementano l’insorgenza di mutazioni genetiche. Poiché l’accumulo di mutazioni contribuisce allo sviluppo di tumori, proteggersi dalla luce UV è fondamentale per prevenire i tumori cutanei.
Nelle cellule umane, il NER (dall’inglese, nucleotide excision repair) è l’unico meccanismo molecolare noto in grado di riparare le lesioni al DNA causate dalla luce UV. Alterazioni nel NER sono responsabili di diverse patologie umane. Lo xeroderma pigmentoso (XP) è una malattia genetica rara in cui una elevata sensibilità alle radiazioni ultraviolette è associata ad alterazioni cutanee e oculari e a carcinomi cutanei multipli. Non insorgono invece tumori, nonostante l’accumulo di mutazioni nel DNA, nei malati di tricotiodistrofia, un gruppo eterogeneo di malattie caratterizzate da capelli corti e fragili, e carenza di zolfo, né in quelli affetti da sindrome di Cockayne, una malattia multisistemica caratterizzata da bassa statura, caratteristiche facciali, invecchiamento precoce, disfunzione neurologica progressiva, deficit cognitivo e fotosensibilità cutanea.
In uno studio guidato da alcuni ricercatori dell’Istituto di genetica molecolare “Luigi Luca Cavalli-Sforza” del Consiglio nazionale delle ricerche di Pavia (Cnr-Igm) e in collaborazione con centri di ricerca internazionali, hanno dimostrato che le cellule dei malati di tricotiodistrofia, a differenza di quelli con xeroderma pigmentoso, non producono l’enzima PTGIS in grado di sintetizzare la prostaglandina I2 (PGI2), un potente vasodilatatore e inibitore dell’aggregazione piastrinica potenzialmente coinvolto anche nella progressione tumorale. “L’assenza di PGI2 nel derma della cute dei pazienti affetti da tricotiodistrofia interferisce con l’insorgenza e lo sviluppo dei tumori cutanei, nonostante l’accumulo continuo di danni al DNA. Oltre a definire PTGIS un bio-marcatore utile alla diagnosi della tricotiodistrofia, i dati ottenuti in questo studio aprono nuove prospettive terapeutiche nella carcinogenesi cutanea”, afferma Donata Orioli, ricercatrice del Cnr-Igm e coordinatrice della ricerca. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista PNAS.
Lo stesso gruppo di ricercatori del Cnr-Igm, in collaborazione con l’Università di Siena, ha inoltre scoperto che le proteine del NER responsabili della sindrome di Cockayne si associano alla proteina FECH, la cui alterazione causa la protoporfiria eritropoietica (EPP), una patologia caratterizzata da estrema e dolorosa sensibilità alla luce solare. “Questo studio stabilisce un collegamento tra processi biochimici fino a oggi considerati distinti e dimostra che le cellule dei pazienti affetti da protoporfiria eritropoietica, analogamente a quelli colpiti dalla sindrome di Cockayne, presentano alterazioni nell’espressione dei geni che codificano per l’RNA ribosomiale. Questi risultati aprono a nuove interpretazioni sui meccanismi molecolari responsabili della fotosensibilità cutanea”, conclude Orioli. I dati emersi da questo secondo studio sono stati pubblicati sulla rivista Nucleic Acids Research.