“L’analisi dei dati di sorveglianza di routine dal Sudafrica suggerisce che, contrariamente alle varianti Beta e Delta, la variante Omicron di SARS-CoV-2 dimostra sostanziali evidenze a livello di popolazione per l’evasione dell’immunità fornita da una precedente infezione”, si legge in uno studio pubblicato su MedRXiv, che aveva l’obiettivo di esaminare eventuali cambiamenti nel rischio di reinfezione da SARS-CoV-2 nel corso della pandemia in Sudafrica.
Lo studio è stato condotto su 2.796.982 persone con infezione da SARS-CoV-2 confermata in laboratorio che hanno avuto un risultato del test positivo almeno 90 giorni prima del 27 novembre 2021. Gli individui con test positivi sequenziali ad almeno 90 giorni di distanza sono stati considerati come sospette reinfezioni.
I ricercatori hanno trovato evidenze di “un aumento sostanziale e continuo del rischio di reinfezione che è temporalmente coerente con i tempi dell’emergenza della variante Omicron in Sudafrica, il che suggerisce che il suo vantaggio di selezione è almeno in parte guidato da una maggiore capacità di infettare persone contagiate in precedenza. Al contrario, non troviamo evidenze che il rischio di reinfezione sia aumentato a causa dell’emergere delle varianti Beta o Delta, il che suggerisce che il vantaggio selettivo che ha permesso a queste varianti di diffondersi derivava principalmente da una maggiore trasmissibilità, piuttosto che dalla fuga immunitaria. Sebbene i dati di laboratorio sulla neutralizzazione di Omicron non siano ancora disponibili, la discrepanza tra le evidenze a livello di popolazione qui presentate e le aspettative basate sui test di neutralizzazione di laboratorio per Beta e Delta evidenzia la necessità di identificare migliori correlati dell’immunità per valutare la fuga immunitaria in vitro”.
“L’evidenza a livello di popolazione suggerisce che la variante Omicron è associata a una sostanziale capacità di eludere l’immunità da una precedente infezione. Al contrario, non ci sono prove epidemiologiche a livello di popolazione di fuga immunitaria associata alle varianti Beta o Delta. Questa scoperta ha importanti implicazioni per la pianificazione della sanità pubblica, in particolare in Paesi come il Sudafrica con alti tassi di immunità da precedenti infezioni. Quantificare l’entità della fuga immunitaria di Omicron per l’immunità sia naturale che indotta dal vaccino, nonché la sua trasmissibilità rispetto ad altre varianti e l’impatto sulla gravità della malattia, sono priorità urgenti”, concludono i ricercatori.