“Non c’è dubbio” che l’impiego di farmaci recentemente approvati per “potenziare” la risposta immunitaria alle cellule tumorali “rappresenti una novità che ha arricchito l’arsenale di munizioni contro il cancro“, ma “non è il Santo Graal“: è il monito lanciato da un gruppo di oncologi italiani, alcuni attivi fra la Penisola e gli Stati Uniti, autori di una lettera pubblicata su Lancet Oncology, i cui dettagli sono stati riportati dalla Sbarro Health Research Organization (SHRO).
Anche se alcuni di questi farmaci (cioè la classe di farmaci denominata Inibitori del checkpoint immunitario, ICi) sono stati talvolta accolti come “miracolosi”, da molti pazienti e caregiver “è stata sollevata la questione di una visione più approfondita del loro reale impatto sulla sopravvivenza,” spiega la SHRO.
Una prima risposta è stata suggerita dagli autori della lettera pubblicata su Lancet Oncology, il cui titolo “Qual è la reale efficacia dell’immunoterapia di seconda linea nel mesotelioma?” anticipa chiaramente ciò che gli autori intendono dimostrare nel loro lavoro.
Gli studiosi hanno offerto un’analisi degli studi più recenti che utilizzano ICi per il mesotelioma refrattario a partire dal recente articolo pubblicato da D. Fennell e colleghi su Lancet Oncology nell’Ottobre 2021.
“Senza dubbio è un progetto piuttosto unico. Per il gruppo di controllo, in primo luogo, perché i pazienti in trattamento con Nivolumab (ICi) vengono confrontati con i pazienti trattati con placebo. Ciò solleva una profonda preoccupazione etica perché è chiaro che a un gruppo di pazienti è stato negato qualsiasi trattamento,” ha evidenziato Luciano Mutti, Adjunct Professor presso lo Sbarro Institute for Cancer Research and Molecular Medicine della Temple University, Presidente del Gruppo Italiano mesotelioma. “Non sorprende che Nivolumab sia leggermente superiore al placebo, ma un progetto dello studio scientificamente valido e più etico avrebbe dovuto confrontare Nivolumab rispetto al trattamento standard di seconda linea,” ha concluso Mutti.
Partendo da questo presupposto, gli autori hanno analizzato tutti i più recenti studi clinici relativi a pazienti con mesotelioma refrattario e hanno riassunto i risultati in una tabella.
“I risultati sono molto chiari,” ha spiegato il dott. Pier Paolo Correale, Direttore dell’Unità di Oncologia Medica presso il Grande Ospedale Metropolitano “Bianchi Melacrino Morelli” di Reggio Calabria. “Nessuno degli attuali trattamenti in questo contesto è superiore – in particolare ICi vs chemioterapia – perché la sopravvivenza dei pazienti sui diversi regimi terapeutici considerati è la stessa“.
“Nonostante questi fatti, siamo costernati nel notare come i risultati dei trial siano spesso distorti e fuorvianti,” ha proseguito Correale. “Questa sperimentazione con Nivolumab è stata salutata – ‘pubblicizzata’, direi – sui social e sul web, come in grado di ‘migliorare la sopravvivenza’ dei pazienti con mesotelioma. Guarda caso, negli stessi siti web i dettagli sul confronto con il placebo sono stati omessi o molto minimizzati. Ciò è irrispettoso verso i pazienti e verso la verità“.
“In collaborazione con due team internazionali specializzati in statistica biomedica, il nostro gruppo ha appena concluso un’analisi indipendente delle cosiddette ‘terapie di prima linea’ per il mesotelioma e anche per altri tumori a maggiore incidenza,” ha sottolineato Antonio Giordano, Direttore e fondatore della Sbarro Health Research Organization (SHRO), presso la Temple University, in collaborazione con l’Università di Siena. “È chiaro che la procedura per l’approvazione di nuovi farmaci necessita di una pronta revoca. In particolare, le approvazioni ‘fast track’ devono essere seguite da solidi studi di conferma. Altrimenti, il rischio di ritiro ritardato finisce per danneggiare i pazienti esposti a tossicità inutili. D’altra parte, i sistemi sanitari sono obbligati a sostenere il peso dei costi esorbitanti dei nuovi farmaci antitumorali. Se si considera che a volte le approvazioni ‘precipitose’ influenzano le linee guida e alcuni Paesi, come l’Italia, fanno riferimento alle linee guida quando un medico viene chiamato in giudizio per negligenza, diventa facile capire, ancora una volta, quanto sia fondamentale seguire la scienza“.