Tutti immaginiamo l’Islanda come una terra, quasi incantata, ferma in un tempo che preserva una natura incontaminata e in cui i fenomeni naturali ripropongono, con fascino immutato, spettacoli che lasciano senza fiato ogni visitatore.
Tuttavia l’Islanda si presenta anche come un’isola di virtuosismi energetici dato che utilizza in modo intelligente e diffuso le fonti del proprio territorio per produrre fonti di energia pulita.
La geotermia consente di riscaldare quasi la totalità del paese, ma la storia di sfruttamento sostenibile delle risorse naturali dell’Islanda ha un origine molto più antica che si può rintracciare nell’uso delle turf houses le abitazioni ricoperte da tetti di torba portate dai vichinghi.
La geotermia in Islanda
Grazie allo sfruttamento delle fonti di energia geotermica racchiuse nel sottosuolo, le centrali geotermiche oggi generano il 25% dell’elettricità del paese, mentre il resto è prodotto dalle centrali idroelettriche, inoltre, l’Islanda riesce ad alimentare il riscaldamento delle abitazioni per il 95%, questo avviene in gran parte grazie all’acqua e ai vapori che arrivano spontaneamente in superficie o vi sono condotti grazie alla perforazione di pozzi.
Il meccanismo di sfruttamento di questa fonte energetica è abbastanza semplice: l’acqua di scioglimento dei ghiacciai, quella dei laghi e quella piovana penetra nel terreno attraverso profonde fessure e ristagna al di sopra o nei pressi di grandi sacche di magma. L’acqua viene così surriscaldata e quando riemerge in superficie, grazie alla pressione alla quale è sottoposta, mantiene la sua temperatura.
Le vasche di acqua calda presenti negli hotel, l’acqua calda che arriva nelle docce o nei lavandini, nonché quella che alimenta i termosifoni è calda proprio grazie a questa fonte di energia rinnovabile. Alcune volte, inoltre, grazie alla conversione energetica la geotermia viene utilizzata anche per produrre elettricità.
Gli scienziati della Iceland Deep Drilling Project stanno anche perfezionando un altro metodo per l’uso del calore prodotto dalla terra, in particolare dal magma. Lo scopo è quello di raggiungere, sempre attraverso le perforazioni, le camere magmatiche che si trovano a 4000 metri di profondità sotto la superficie terrestre e sfruttare il vapore che da qui esce a 450° centigradi.
Questo progetto potrebbe portare a un nuovo livello l’impiego delle risorse geotermiche ed avere un elevato impatto energetico.
Tuttavia, quando è l’elettricità ad essere generata con lo sfruttamento dell’energia geotermica vi sono dei prodotti di scarto: vengono, infatti, rilasciati nell’atmosfera sia anidride carbonica che idrogeno solforato. Quest’ultimo rappresenta un vero e proprio effetto collaterale della perforazione in profondità delle aree vulcaniche, poiché il vapore che viene estratto porta con sé i materiali disciolti dal substrato roccioso che in tal modo raggiungono la superficie durante l’uso.
Inoltre, sebbene la quantità di anidride carbonica generata da questo tipo di produzione di energia elettrica sia molto ridotta rispetto a quella emessa dalla produzione di energia generata da fonti non rinnovabili, l’Islanda considera questa una sfida da vincere per giungere all’azzeramento delle emissioni di C02.
L’economia sostenibile dell’Islanda
Le risorse geotermiche, così, oltre a garantire energia pulita a hotel, famiglie, edifici commerciali e serre, hanno contribuito allo sviluppo di nuovi settori economici come quelli legati all’ittica dell’essicazione del pesce e dell’allevamento di alcune specie, quelli legati al turismo tradizionali ma anche al turismo connesso alla salute, con l’implementazione dei trattamenti naturali per i disturbi della pelle, nonché la produzione di cosmetici eco-friendly.
Si tratta di un modello vantaggioso per i cittadini ma anche sostenibile per l’ambiente, poiché non manca mai da parte del paese una profonda attenzione al presente e al futuro della natura islandese, tanto che, ad esempio, le decisioni sull’utilizzo dell’area di Hengill si basano esclusivamente sui risultati delle ricerche scientifiche annesse e hanno l’obiettivo di creare conoscenze che consentiranno di sfruttare in modo sostenibile e saggio l’area anche in futuro.
Le case dai tetti di torba: l’antica energia pulita islandese
Differentemente da quanto si verificava in altri paesi nordici, dove il tetto di turf (che si può tradurre con la parola “zolle” costituite di terra ed erba) era tipico delle abitazioni povere, in Islanda questa tecnica costruttiva fu adottata in tutti i tipi di edifici, sia quelli dei contadini che quelli dei capi.
Nel corso dei secoli le turf houses hanno continuato a mantenere gli stessi materiali di costruzione ma si sono evolute nella forma, adattandosi al suolo islandese che è caratterizzato dalle intense scosse sismiche che si verificano di frequente in questa nazione, ma anche facendo fronte alle condizioni atmosferiche spesso proibitive.
Le turf houses qui furono costituite da più edifici connessi tra loro con una parte sopraelevata e maggiormente calda che era adibita a zona notte; avevano piccole dimensioni ed erano disposte su due piani con le strutture di base in pietra e una cornice in legno di betulla sosteneva i blocchi di torba. Oggi invece sono usate nella maggior parte dei casi come magazzini.