Arrivano i Giorni della Merla e la Candelora, dell’inverno “siamo fora”? Leggende, tradizioni e proverbi più noti

Quello dei Giorni della Merla e della Candelora è un momento simbolico, a metà strada tra inverno e primavera: ecco le tradizioni popolari e i proverbi più noti
MeteoWeb

A Gennaio inoltrato si inizia a intravedere all’orizzonte la fine dell’inverno e l’arrivo della primavera: per tale motivo, quello dei “Giorni della Merla” e della Candelora è un momento simbolico, in quanto si trova a metà strada tra il solstizio d’inverno e l’equinozio di primavera, ed è quindi consuetudine pronosticare il meteo delle settimane successive.

I 3 “Giorni della Merla“, il 29, 30 e 31 gennaio, secondo la tradizione popolare, dovrebbero essere i più freddi dell’anno.
Periodo atteso con speranza dai freddofili, temuto da altri, ogni anno ci si chiede se la tradizione verrà rispettata: difficile stabilirlo con esattezza a priori, perché ciò dipende da ogni singola località. Il picco di freddo non è uguale nelle varie regioni d’Italia e ciò dipende dalle peculiarità climatiche, in parte dal soleggiamento, dall’inerzia termica del mare e dalla traiettoria delle irruzioni fredde, solite verificarsi durante il trimestre invernale.

In linea di massima, comunque, a livello climatologico, “i giorni più freddi dell’anno sono i primi di 10-15 giorni di Gennaio: infatti, già dalla 3ª decade le temperature iniziano a risalire,” ha spiegato ai microfoni di MeteoWeb Bernardo Gozzini, direttore scientifico del Consorzio LaMMa, costituito dalla Regione Toscana con il CNR, con sede a Firenze.

I “Giorni della Merla”, tra leggende e storie intramontabili

Secondo la leggenda, i “Giorni” di fine gennaio prendono il nome da una merla bianca che si rifugiò dentro un camino per sfuggire al gelo. Dopo tre giorni uscì dal comignolo, completamente nera. Da allora tutti i merli sono neri. La tradizione attribuisce alla “Merla” anche la capacità di prevedere l’andamento delle stagioni successive: se i 3 giorni saranno freddi, la primavera sarà calda e soleggiata. In caso contrario, la primavera tarderà a manifestarsi.

Un’altra leggenda, avente anch’essa per protagonista una merla, spiega l’origine della locuzione “giorni della merla” come se si trattasse di una favola. I suoi personaggi sono una merla completamente bianca e la personificazione di gennaio, freddo e gelido. Gennaio era un mese un po’ dispettoso, che si divertiva a ricoprire il terreno di neve e gelo, non appena la merla si decideva a mettere il becco fuori dalla tana per procacciarsi del cibo. Stufa di questi scherzi, un anno la merla decise di raccogliere molto cibo, in modo da resistere per un mese intero chiusa nella sua tana. Gennaio, allora, che fino a quel momento durava solo 28 giorni, si indispettì e, per punire la merla, aggiunse 3 giorni al suo mese e fece scendere sulla terra il freddo, accompagnato da neve e vento. Presa alla sprovvista, la merla si trovò un rifugio di fortuna in un camino e, terminati i tre giorni, uscì tutta nera, segnando così il futuro piumaggio degli esemplari della sua specie.

Giorni della Merla: credenze popolari e proverbi

I ben noti Giorni della Merla (29, 30, 31 gennaio) per la tradizione popolare sarebbero i tre giorni più freddi dell’anno, ma l’origine della locuzione non è però ben chiara.

Sebastiano Pauli (Modi di dire toscani ricercati nella loro origine; p. 341- Venezia, appresso Simone Occhi MDCCXL, 1740) espone due ipotesi:

“I giorni della Merla” in significazione di giorni freddissimi. L’origine del quel dettato dicon esser questo: dovendosi far passare oltre Po un Cannone di prima portata, nomato la Merla, s’aspettò l’occasione di questi giorni: ne’ quali, essendo il Fiume tutto gelato, poté quella macchina esser tratta sopra di quello, che sostenendola diè il comodo di farla giugnere all’altra riva. Altri altrimenti contano: esservi stato, cioè un tempo fa, una Nobile Signora di Caravaggio, nominata de Merli, la quale dovendo traghettare il Po per andare a Marito, non lo poté fare se non in questi giorni, ne’ quali passò sovra il fiume gelato.

Secondo la versione più conosciuta ed elaborata della leggenda,

una merla, con uno splendido candido piumaggio, era regolarmente strapazzata da gennaio, mese freddo e ombroso, che si divertiva ad aspettare che lei uscisse dal nido in cerca di cibo, per gettare sulla terra freddo e gelo. Stanca delle continue persecuzioni, la merla un anno decise di fare provviste sufficienti per un mese, e si rinchiuse nella sua tana, al riparo, per tutto il mese di Gennaio, che allora aveva solo ventotto giorni. L’ultimo giorno del mese, la merla, pensando di aver ingannato il cattivo Gennaio, uscì dal nascondiglio e si mise a cantare per sbeffeggiarlo. Gennaio se ne risentì così tanto che chiese in prestito tre giorni a febbraio e si scatenò con bufere di neve, vento, gelo e pioggia. La merla si rifugiò alla chetichella in un camino e lì restò al riparo per tre giorni. Quando la merla uscì, era sì salva, ma il suo bel piumaggio si era annerito a causa del fumo, e così essa rimase per sempre con le piume nere”.

Anche in questo caso dietro la leggenda c’è sempre un fondo di verità: sin dai tempi di Numa Pompilio e della sua riforma del 713 a.C., nel calendario romano il mese di gennaio aveva realmente solo 28 o 29 giorni. Fu poi nel 46 a.C. che gennaio “prese in prestito” i tre giorni a febbraio, grazie all’introduzione del calendario giuliano che rendeva il computo dei giorni definitivamente solare.

Un proverbio bolognese dice: “Quando canta il merlo, siamo fuori dall’inverno”; un vecchio proverbio romagnolo, invece, consiglia al merlo di non cantare nemmeno a marzo perché gli si potrebbe gelare il becco, lasciando, invece, che canti la tordella che non ha pausa di nessuno. In dialetto bresciano si dice: “Due soldi li ho a prestito e uno lo troverò. Se bianca sei, nera ti farà, e se nera sei, bianca diventerai”. Nel bergamasco si dice: “Canta il merlo, l’inverno è finito, ti saluto padrone, trovo un altro tetto!”.
Nel linguaggio popolare “dare del merlo a qualcuno” significa considerarlo uno sprovveduto, un sempliciotto, un ingenuo da cantar vittoria prima del tempo per poi pagarne le conseguenze.

Dai Giorni della Merla alla Candelora: dell’inverno “siamo fora”?

Dopo i Giorni della Merla il pensiero corre subito alla Candelora, un giorno simbolico, in quanto si trova a metà strada tra il solstizio d’inverno e l’equinozio di primavera: è consuetudine in tale periodo pronosticare il meteo delle settimane successive.

La festa della Presentazione di Gesù al Tempio cade il 2 febbraio, a 40 giorni di distanza dal Natale e, oltre che come Presentazione del Signore, è nota anche come la Purificazione di Maria, oltre che, nella tradizione popolare, come la “Candelora“, ricorrenza che prevede la benedizione di ceri e candele nelle chiese. Celebrata già dall’imperatore Giustiniano, fu adottata a Roma fin dal Settimo secolo, con una processione penitenziale istituita da papa Sergio I (687-701).
Intorno alla data del 2 febbraio, come anche per molte altre, la nostra tradizione storica e popolare ci ha tramandato una serie di detti e proverbi tra cui il più noto è “Per la santa Candelora se nevica o se plora dell’inverno siamo fora“, un antico proverbio popolare riferito al rituale della Candelora, introdotto dal patriarca di Roma Gelasio intorno all’anno 474 d.C., in sostituzione della cerimonia pagana dei Lupercali, dalla quale ha assunto qualche ispirazione procedurale. Il proverbio è legato anche al clima e allo scorrere delle stagioni.

Nella ruota dell’anno, la Candelora è una sorta di porta tra l’inverno, oramai al suo declino, e l’imminente primavera. È il periodo adatto ai riti propiziatori per attirare fecondità e fertilità, riti che saranno determinanti per l’annata agricola che sta per cominciare. Questo passaggio contrassegna simbolicamente il transito dal “periodo oscuro” del calendario indoeuropeo contrassegnato dal freddo, dal buio e dalla morte dell’inverno verso il rinnovamento del cosmo che magnificamente si esprime con la primavera.

 

Le origini della Candelora vanno ricercate nelle antiche celebrazioni italiche, legate soprattutto alle divinità romane: nella Roma antica il mese di febbraio era un momento contrassegnato dal caos, dal rimescolamento tra vecchio e nuovo e non a caso è ancora oggi legato al Carnevale, la festa celebrativa della confusione e del ribaltamento delle regole.

Un detto salentino recita: “Te la Candelora la vernata è ssuta fora, ma ci la sai cuntare nc’e’ nu bbonu quarantale” (Della Candelora l’inverno è già passato, ma se fai bene i calcoli, ci sono ancora ben 40 giorni altri”. I triestini dicono: “Candelora piova e Bora, del’inverno semo fora, Candelora sol el vento del’inverno semo dentro”. Ed ancora: “A la Cannilora, ogni gaddina veni a ova” (ogni gallina, anche quella più giovane, inizia a fare le uova”; “Pi la Cannilora figghia a vecchia e figghia a nova” ( gallina vecchia e giovane fanno le uova). Divertente il proverbio siciliano: “Ppà Cannalora a mmirnata ie fora ma se fora un iè, n’atri quaranta jorna cci n’è” (Se il tempo nel giorno della Candelora è buono, allora sì che l’inverno sta per finire. In caso di pioggia e vento, il brutto tempo continuerà per altri 40 giorni con un marzo, a livello meteorologico, freddo e piovoso).

In Lombardia si dice: “Alla Madonna della Candelora dall’inverno siamo fuori, ma se nevica o tira vento 40 giorni siamo ancora dentro”; in Toscana, a differenza di molti altri proverbi, si considera finito l’inverno in caso di brutto tempo: “Se piove o se gnagnola dell’inverno semo fora”.
Proseguendo: “Si purificatio nivibus, Pasqua floribus. Si purificatio floribus, Pasqua nivibus“, ossia, se il 2 febbraio nevica, la Pasqua sarà fiorita. Viceversa, se della Candelora le gemme sono già sbocciate, si tratta di un falso allarme: a Pasqua sarebbe caduta la neve e l’inverno sarebbe stato più lungo. Un detto latino recita: “Sole micante, die Purificante, frigor peior postquam ante” (Se il Sole ammicca il giorno della Candelora, seguirà un freddo ben peggiore di prima”. “Candelora in foglia, Pasqua in neve”; “Candelora scura dell’inverno non si ha paura” ; “Se nevica per la Candelora, sette volte la neve scola”; “Da Candalora cu on avi carni s’impigna a figghijola”; “Pa Cannilora u brascirr fora”.

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