Naufragio della Costa Concordia, la testimonianza: “Schettino non è un mostro”

Il racconto di uno dei sopravvissuti alla tragedia del naufragio della Costa Concordia, avvenuto 10 anni fa
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Per due o tre anni ho provato una grande rabbia verso Schettino. Ma ora, leggendo anche le parole della figlia, provo un po’ di dispiacere anche per il comandante. L’intera colpa non può ricadere su di lui, c’era anche l’equipaggio che doveva gestire le cose. Di errori ne ha fatti come altri, servirebbe meno accanimento“: lo ha dichiarato all’ANSA Umberto Trotti, ristoratore 44enne di Ferentillo, tra i sopravvissuti alla tragedia del naufragio della Costa Concordia, avvenuto 10 anni fa, la notte del 13 Gennaio 2012. “Il vero dolore – ha proseguito – è quello delle famiglie delle vittime, ma sono vicino anche a quella del comandante, perché non penso sia un mostro come è stato definito da tante persone“.
Trotti era sulla nave in viaggio di nozze con la moglie Fjorda, oggi 33enne, e i due figli Valentina e Carlo, che allora avevano 2 anni e 6 mesi.
Ogni anno per noi è sempre il primo – ha raccontato – dimenticare quei momenti è impossibile anche se il dolore diventa più ‘morbido’. Ora prendono il sopravvento le cose belle, come i legami con chi ci ha salvato e soccorso“.
Sull’Isola siamo tornati solo per il primo anniversario – ha proseguito – l’impatto è stato però veramente brutto. Mia moglie si è sentita male e così non siamo più tornati. Ma la settimana scorsa, tramite Facebook, siamo stati contattati da una signora, proprietaria di un agriturismo, che si è presa cura di noi dopo il salvataggio, dandoci delle coperte e del latte per i bambini. Le ho promesso che andremo a trovarla“.
Anche se il pensiero va sempre alle 32 vittime, “a loro e ai loro cari la felicità è ormai negata e questo è il più grosso dispiacere“, la famiglia del ristoratore cerca però “di vedere il lato positivo di questa esperienza“. “Per mesi abbiamo avuto strascichi, io ad esempio avevo paura pure dell’acqua del laghetto artificiale vicino al ristorante. Ma abbiamo anche scoperto che ci sono persone dal cuore grande e che nel momento delle difficoltà il lato umano esce. Anche noi oggi cerchiamo di aiutare il prossimo come possiamo, più di prima“.
Trotti è stato anche ricoverato 20 giorni in terapia intensiva a fine 2020, dopo aver contratto il Covid: “Quello sì che ti lascia davvero solo, isolato dal mondo. Ma il destino – ha concluso – ha voluto che fossi ancora qui a raccontare“.

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