Negli Stati Uniti e in Gran Bretagna sarà avviata la prima sperimentazione sull’uomo di una nuova terapia cellulare contro i tumori, leucemia in particolare. La cura, sviluppata in Italia nei laboratori dell’ospedale San Raffaele, sfrutta un nuovo tipo di linfociti T ingegnerizzati, capaci di riconoscere in modo specifico le cellule della leucemia mieloide acuta e di restare in circolo più a lungo per riattivarsi in caso di recidiva.
Sono stati promettenti i primi risultati ottenuti in laboratorio, pubblicati su Science Translational Medicine dall’equipe guidata da Chiara Bonini, vice direttrice della Divisione di Ricerca in Immunologia Trapianti e Malattie Infettive e professore ordinario di Ematologia presso l’Università Vita-Salute del San Raffaele. La ricerca è frutto della collaborazione con la compagnia statunitense Intellia Therapeutics, leader nel campo della tecnologia di editing con CRISPR-Cas9, con cui l’Ospedale San Raffaele ha stretto una partnership strategica proprio per sostenere l’ingresso della terapia in clinica. Grazie alle forbici molecolari CRISPR-Cas9, i ricercatori hanno potenziato i linfociti sostituendo i recettori presenti sulla loro superficie (chiamati TCR) con altri recettori TCR precedentemente isolati dal sangue di soggetti sani proprio per la loro capacità di riconoscere una specifica proteina tumorale, in questo caso WT1.
“Con questi recettori, i linfociti ingegnerizzati sono in grado di definire una cellula tumorale non solo in base alle proteine di superficie che possiede (come nel caso delle terapie CAR-T), ma anche per le proteine o per altri tipi di molecole che sono presenti al suo interno“, spiega Eliana Ruggiero, prima autrice dello studio. “Questo ha molti vantaggi. Innanzitutto amplia il numero di neoplasie che possiamo pensare, perché amplia il numero di e proteine tumorali che possiamo colpire. E’ inoltre facile molecole interne alla sopravvivenza del tumore, ovvero che il tumore non può sostituire o eliminare per sfuggire alla terapia“.