Dall’1 febbraio sono iniziati i controlli per accertare il rispetto dell’obbligo di vaccinazione contro il Covid introdotto dal governo per le persone che hanno più di 50 anni. Per i trasgressori, è prevista una multa da 100 euro. Considerando che con questa mossa l’intento del governo era quello di incentivare le vaccinazioni, non è andata così. Secondo i dati della struttura commissariale, infatti, 1,4 milioni di persone con più di 50 anni non ha ancora aderito alla campagna vaccinale.
Oltre a non aver prodotto gli effetti sperati in termini di vaccinazioni, anche arrivare a sanzionare i trasgressori è molto più lungo e difficile di quanto si possa immaginare. È sanzionabile non soltanto chi non è vaccinato, ma anche chi non ha completato il ciclo vaccinale secondo i tempi stabiliti: per esempio, chi ha fatto la prima dose ma non la seconda, o chi ha fatto le prime due ma poi ha lasciato scadere il Green Pass e non ha fatto la dose di richiamo.
Secondo la procedura per accertare il rispetto dell’obbligo, i dati delle persone residenti in Italia vengono incrociati con quelli delle anagrafi vaccinali attraverso il sistema delle tessere sanitarie. Ma l’inserimento dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione (ADER), che si occupa di recapitare le multe, nella procedura complica le cose.
Un ruolo determinante in tutto questo lo svolgono ovviamente le esenzioni. Finora, i certificati di esenzione da vaccino, temporanei o definitivi, non sono stati raccolti e archiviati. Per questo motivo, anche chi è esente dovrebbe ricevere la multa e dimostrare successivamente di non rientrare nell’obbligo: la persona multata ha dieci giorni di tempo per inviare all’azienda sanitaria eventuali esenzioni, secondo quanto spiega “Il Post”. Il decreto legge specifica che tra i motivi di ricorso ci può essere anche un’altra ragione «assoluta e oggettiva», come la mancanza di appuntamenti disponibili per la vaccinazione. Oltre a comunicare l’esenzione all’azienda sanitaria, la persona multata ingiustamente deve quindi comunicare all’ADER di aver chiarito la sua posizione. Entro altri successivi dieci giorni, l’azienda sanitaria deve comunicare all’Agenzia delle Entrate-Riscossione se confermare la sanzione oppure no. Se viene confermata, l’ADER delle Entrate deve comunicare l’addebito alla persona multata entro 180 giorni.
Ma non è finita qui. La persona sanzionata ha poi 60 giorni per pagare oppure 30 giorni per presentare un ricorso al giudice di pace. Nel caso di sentenza non favorevole del giudice di pace, questa persona potrebbe essere condannata al pagamento delle spese di giudizio. Avrebbe comunque poi la possibilità di presentare un ulteriore appello entro 30 giorni dalla notifica della sentenza del giudice di pace. Infine, se una persona decide di vaccinarsi dopo aver ricevuto la comunicazione dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione deve comunque pagare la multa.
Come è facile capire, questa procedura ingarbugliata può richiedere fino a diversi mesi prima di arrivare a confermare una multa per il mancato rispetto dell’obbligo vaccinale che, tra l’altro, dovrebbe scadere il 15 giugno.
Inoltre, il Garante della Privacy ha criticato il ruolo conferito all’ADER in questa procedura. Durante un’audizione che si è tenuta il 10 febbraio alla commissione Affari sociali della Camera, Pasquale Stanzione, Presidente del Garante per la protezione dei dati personali, ha detto che il ruolo dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione “non è pienamente giustificabile, anzitutto in termini di protezione dati”. Stanzione ha spiegato che l’ADER dovrebbe intervenire solo in ultima fase, esclusivamente per l’invio della sanzione, e non durante il processo di verifica delle esenzioni. Per come è stata pensata la procedura, invece, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione viene coinvolta nel trattamento di dati sensibili, per esempio quelli relativi alla condizione vaccinale di persone esenti, a cui non dovrebbe accedere se si occupasse solo di inviare le multe a chi è effettivamente inadempiente.
Stanzione ha aggiunto che per rispettare il principio di ridurre il più possibile il trattamento dei dati sensibili si potrebbe “limitare la competenza” dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione “alle sole fasi successive all’avviso di addebito”. Solo a partire da quella fase, “il coinvolgimento dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione può ritenersi pienamente legittimato”. Al momento non è stata inviata nemmeno una sanzione e non è chiaro se la procedura verrà adeguata in base dell’indicazioni del Garante della Privacy.