L’aumento dei prezzi delle materie prime e dell’energia sta comportando, negli ultimi mesi, pesanti ripercussioni su imprese e famiglie: gli effetti della pandemia e della recente guerra tra Russia e Ucraina hanno innescato un meccanismo a catena che ha avuto devastanti ripercussioni sulle economie internazionali, travolgendo programmi e strategie di ogni Paese. In Italia si è assistito ad un boom senza precedenti per quanto riguarda i costi di gas ed energia elettrica, al punto che il Governo è dovuto intervenire già nell’autunno 2021 con il primo “decreto-energia” con l’abolizione parziale degli oneri di sistema. Ma non è bastato. “E’ stata una sorta di tempesta perfetta” spiega ai nostri microfoni Fabio Latella, tecnico esperto del settore nonché titolare della Flat impianti Srl, azienda che opera nel settore di fotovoltaico e climatizzazione con una cultura specialistica pluridecennale. “I lock-down hanno bloccato i mercati, si sono fermato le estrazioni, rallentato in modo la produzione, sviluppo e il trasporto delle materie prime a livello internazionale, senza contare poi il rimbalzo della domanda che ne è scaturito nel 2021 raddoppiata sostanzialmente rispetto al 2020 con un boom di richieste. Tutto questo ha provocato la mancanza di materie prime. Sui principali mercati mentre la Cina ha aumentato a dismisura le proprie riserve creando fibrillazioni sui costi, senza contare gli effetti devastanti che sta causando attualmente la guerra in Ucraina. I governi non sono riusciti a mettere in piedi un meccanismo per contenere l’aumento dei prezzi, e questa spirale sta determinando un tasso di inflazione storico, mai visto dal 1995 quando però era un fenomeno italiano legato a dinamiche nazionali e alla debolezza della Lira; oggi invece assistiamo ad un boom dei prezzi mondiale, trainato proprio dall’energia”
Secondo Fabio Latella, “il punto è la transizione energetica. Questo scenario ci dimostra che è la soluzione non solo per motivazioni di carattere ambientale e climatico, ma anche sotto il profilo economico e geopolitico. Le fonti rinnovabili devono essere fortemente incentivate, e in modo particolare il fotovoltaico che è un elemento imprescindibile per qualsiasi futuro energetico. Ovviamente la riqualificazione energetica è un percorso virtuoso che non significa affatto rinunciare ai comfort ma, anzi, approfittare proprio delle nuove tecnologie dotandoci di elettrodomestici e dispositivi più efficienti per ridurre i consumi senza perdere i benefici. Ad esempio, oggi, sostituire una caldaia con una pompa di calore è un valido metodo per risparmiare energia: tutti sono alla ricerca di un modo per ridurre i costi, ci sono tante soluzioni, tanti possibili correttivi“.
A portata di tutti, oggi c’è la possibilità di realizzare un piccolo impianto fotovoltaico domestico. “Su questo bisogna innanzitutto fare chiarezza e non illudere la gente: realizzare un impianto fotovoltaico oggi non significa essere indipendenti dalla rete elettrica pubblica, ma puntare ad un abbattimento fino al 50% dei consumi elettrici annuali. Se, invece, a questo si aggiunge un sistema di accumulo con batterie il cui costo non è più proibitivo, e si associa un comportamento virtuoso, allora si potrebbe davvero puntare all’autonomia energetica con la possibilità di avvicinarsi al costo zero in bolletta. Si tratta di un investimento sull’immobile: la parte di energia che non viene consumata si immette nella rete e viene retribuita al prezzo di mercato. L’investimento solitamente si ripaga in tre-quattro anni, ma è fondamentale la coscienza del cittadino e la sensibilizzazione sui consumi. Il fotovoltaico funziona bene, ma se una famiglia utilizza il gas naturale per produrre l’acqua calda, il riscaldamento e per la cottura cibi, allora il risparmio sull’energia sarà minimo. L’utilizzo di tecnologie che sfruttano invece l’energia elettrica per produrre acqua calda, per la cucina e il riscaldamento, potrebbe invece garantire un significativo risparmio che ci consente di ripagare l’investimento in pochi anni e di beneficiarne enormemente a medio e lungo termine“.
Se però il punto di vista del cittadino è questo, la situazione cambia elevando il tema su dinamiche più ampie: “la stragrande maggioranza del consumo non è nel domestico o nel residenziale. I consumi delle famiglie sono molto marginali: la soluzione definitiva si potrà individuare soltanto rendendo sostenibili le imprese energivore, fabbriche, industrie e siti produttivi, e la pubblica amministrazione, la sanità, gli ospedali, le scuole e le università, e tutti gli edifici pubblici che sono la maggioranza e anche i più energivori perché assorbono gran parte dei consumi anche dei cittadini che lì sono impiegati. Industria e Stato devono avere priorità assoluta nella transizione energetica, che non si fa certo SOLO con gli sforzi degli individui singoli nella loro abitazione di residenza. Anche qui, il fotovoltaico può essere la soluzione: va agevolato ad ogni livello soprattutto per i grandi consumatori di energia elettrica. Per le imprese si può pensare a una detrazione fiscale con credito di imposta, ma che sia più breve degli attuali dieci anni. L’ideale sarebbe tra 3 e 5 anni, non per forza con lo sconto in fattura che invece è fondamentale per i privati. Lo Stato può installare parchi fotovoltaici sugli edifici pubblici, che hanno enormi superfici disponibili sui terrazzi di copertura, così come è necessario sensibilizzare le pubbliche amministrazioni che hanno a disposizione la legge del conto energia con enormi incentivi, ma raramente sfruttati“.
Dal punto di vista pratico, il superbonus è nato proprio per incentivare la transizione energetica “purtroppo spesso è stato interpretato come la possibilità di ristrutturare casa gratis perdendo quindi l’originaria e virtuosa motivazione. Si tratta, se ben applicato, di un meccanismo molto valido che deve diventare strutturale per le imprese. Non è importante che sia al 110%, può andar bene anche al 70% ma deve avere un orizzonte ampio affinché le aziende possano pianificare gli interventi. Alle imprese servono date e aliquote certe; paradossalmente fare un bonus 110% di un anno è molto peggio che fare un bonus 70% per dieci anni, innanzitutto perché un patrimonio edilizio non si riqualifica in poco tempo, ma soprattutto perché un’azienda deve strutturarsi per crescere in modo solido e sostenibile. Ci siamo ritrovati con una quantità enorme di nuove imprese edili che si sono affacciate attratte dai bonus al settore ma data l’inesperienza inevitabilmente destinate a sbattere contro un muro non appena questa bolla finirà. Inoltre la riduzione del Superbonus a un anno è una delle cause dell’aumento spropositato dei prezzi: i grossisti fanno incetta della merce incrementando i listini in modo incontrollato, invece con un programma a lungo termine queste anomalie non si verificano. Più importante ancora del superbonus, è mantenere lo sconto in fattura sui bonus ordinari del residenziale che è ciò che consente ai cittadini di provvedere alla riqualificazione energetica anche in assenza di grandi somme di denaro liquido. E’ una scelta molto democratica“.