In uno studio, pubblicato sulla rivista Nature, vengono presentate le prove del fatto che gli spinosauri avevano adattamenti per uno stile di vita acquatico. I risultati sfidano l’ipotesi che la maggior parte dei dinosauri non aviari fosse limitata agli ambienti terrestri.
Sebbene possa essere difficile dedurre adattamenti anatomici in specie estinte, si ritiene che solo poche specie di dinosauri non aviari siano parzialmente o prevalentemente acquatiche. Nell’ultimo decennio, sono emersi fossili di spinosauri caratterizzati da piedi palmati e code a forma di pinna, ma rimane sconosciuto se questi dinosauri vivessero prevalentemente sulla terra o nell’acqua.
La densità ossea è usata come proxy per l’adattamento acquatico, poiché anche gli animali acquatici che non sono chiaramente modellati per uno stile di vita acquatico, come l’ippopotamo, hanno ossa molto dense. Le ossa compatte sono una caratteristica che spesso precede l’evoluzione di adattamenti corporei più chiaramente visibili per la vita in acqua, come le pinne.
Per studiare gli adattamenti acquatici nei dinosauri, i ricercatori hanno analizzato e confrontato la densità di 380 ossa di un’ampia gamma di amnioti estinti e non estinti (mammiferi, lucertole, coccodrilli e uccelli, inclusi rettili marini e rettili volanti), compresi i dinosauri non aviari. Lo studio, realizzato da un team internazionale di paleontologi tra cui spiccano gli italiani Matteo Fabbri del Field Museum di Chicago, Cristiano Dal Sasso del Museo di Storia Naturale di Milano, Simone Maganuco e Marco Auditore collaboratori dello stesso museo, e Gabriele Bindellini dell’Università degli Studi di Milano, si è svolto nei laboratori e nelle collezioni dei musei naturalistici di mezzo mondo.
Dai risultati è emerso che più il tessuto osseo è denso e più l’animale è adattato a vivere e nutrirsi in acqua. A un estremo ci sono i rettili volanti (pterosauri) e gli uccelli, che possiedono ossa cave e leggerissime per volare, mentre all’altro estremo, ci sono gli spinosauri insieme a molti rettili marini, cetacei e ippopotami, che hanno ossa quasi piene, con una cavità midollare strettissima o addirittura assente.
Gli autori hanno scoperto che gli spinosauri, una famiglia di dinosauri predatori, avevano ossa dense, il che suggerisce che si fossero adattati alla vita nell’acqua. La loro maggiore densità ossea potrebbe aver facilitato il controllo del galleggiamento quando erano immersi nell’acqua, in relazione alla ricerca di cibo in Spinosaurus e Baryonyx e ad ambienti più terrestri in Suchomimus, suggeriscono gli autori.
Che lo spinosauro fosse un abile nuotatore “lo avevamo già capito osservando le ossa ritrovate nel Sahara, ma ora abbiamo la conferma dal confronto con centinaia di animali estinti e viventi”, sottolinea Dal Sasso. Questo nuovo dato va a “integrare un insieme di caratteristiche che ormai lasciano pochi dubbi sullo stile di vita acquatico di Spinosaurus, come le piccole zampe posteriori con piedi palmati e la coda che era a tutti gli effetti una pinna”, aggiunge Auditore.
Dallo studio della densità ossea emergono differenze all’interno della famiglia degli spinosauridi, “suggerendo che Spinosaurus e Baryonyx cacciavano le prede soprattutto in acqua – puntualizza Matteo Fabbri, primo autore dello studio – mentre Suchomimus stava più a terra”, forse cacciando le sue prede senza immergersi, un po’ come fanno gli aironi. “L’aver trovato ossa compatte anche in Baryonyx, che a differenza di Spinosaurus non aveva ancora evoluto particolari caratteristiche fisiche per il nuoto, è la prova che l’acquisizione di uno scheletro più denso ha rappresentato il primo passo per la conquista dell’acqua, anche nei dinosauri“, afferma Maganuco.
“I dati indicano che gli adattamenti alla vita anfibia comparvero negli spinosauridi all’inizio del Cretaceo, tra 145 e 100 milioni di anni fa, differenziandoli dai grandi dinosauri carnivori terrestri già nel Giurassico”, conclude Bindellini.