“Per quanto riguarda il nucleare, l’impegno tecnico ed economico è concentrato sulla fusione a confinamento magnetico, che attualmente è l’unica via possibile per realizzare reattori commerciali in grado di fornire energia elettrica in modo economico e sostenibile. La strategia europea per l’energia da fusione è sviluppata dal Consorzio EUROfusion, che gestisce fondi Euratom pari a oltre 500 milioni di euro per il periodo tra il 2021 e il 2025. Questo consorzio prevede l’entrata in funzione del primo prototipo di reattore a fusione nel 2025-28“. Così il premier Mario Draghi, rispondendo in Aula alla Camera ad un’interrogazione sulle iniziative volte a porre in sicurezza gli approvvigionamenti energetici nella prospettiva di una politica energetica organica e differenziata, che tenga in considerazione anche il cosiddetto “nucleare pulito“.
“L’Italia è uno dei principali membri del Consorzio ed è presente con università, istituti di ricerca e industrie, sotto il coordinamento dell’Enea. Negli ultimi anni sta prendendo vigore, soprattutto negli Stati Uniti e nel Regno Unito, lo studio di reattori in cui il contenimento del plasma viene ottenuto tramite campi magnetici molto alti. Continuiamo a seguire e a sostenere questi sviluppi sul fronte della ricerca, nell’ambito di una strategia energetica che punta a diversificare le fonti e a garantire la nostra sicurezza energetica“, ha aggiunto Draghi.
Cos’è un reattore nucleare
Un reattore nucleare a fusione, prodotto dell’ingegneria energetica e nucleare, è in grado di gestire una reazione di fusione nucleare in modo controllato. Attualmente non esistono reattori a fusione in grado di produrre energia elettrica in maniera continuativa: gli unici impianti esistenti sono impianti sperimentali che consumano più energia elettrica di quella che producono, ma allo studio vi sono strumenti innovativi. Vi sono ingenti investimenti in questo tipo di reattori anche se si ritiene che i primi impianti potranno essere operativi tra diversi anni, tant’è che quello di cui parla Draghi è appunto solo un prototipo.
La reazione di fusione nucleare produce un solo tipo di scoria, la 4He, ovvero un gas inerte e non radioattivo; le centrali a fusione nucleare non produrrebbero energia tramite combustione di combustibili fossili e quindi non sarebbero inquinanti per l’atmosfera e non peggiorerebbero l’effetto serra. Tra le altre cose, questi centrali dovrebbero essere in grado di ottenere grandi quantità di energia. Il peggior isotopo che potrebbe essere disperso nell’ambiente dai reattori nucleari è il trizio che ha un tempo di dimezzamento di 12,3 anni, un periodo molto ridotto rispetto ad alcuni isotopi prodotti dalle centrali a fissione che per dimezzarsi necessitano migliaia di anni.
Dal punto di vista della sicurezza le centrali a fusione con confinamento magnetico, non hanno nessuna possibilità di avere un comportamento per cui la reazione possa continuare in assenza del contenimento del plasma.
Il meccanismo presenta però anche degli svantaggi. La fusione, infatti, necessita di temperature di lavoro molto elevate e non può essere contenuta in nessun materiale esistente. Il plasma di fusione viene quindi confinato grazie all’ausilio di campi magnetici di intensità elevatissima. Accade però che per raggiungere alte temperature è indispensabile innescare e sostenere la reazione, e a questo scopo vi sono varie tecniche possibili. Una delle più plausibili consiste nel concentrare sul plasma in cui deve avvenire la reazione di fusione fasci di onde elettromagnetiche a elevata frequenza, inferiore alla frequenza della luce visibile. Uno dei problemi più studiati ormai da anni è la costruzione delle antenne necessarie a generare questi fasci in ITER. Questa costruzione è però un processo difficile, tecnologicamente complesso e dispendioso.