La fondazione spagnola Civio (qui i dati utilizzati) e EDJNet, il network europeo di data journalism, hanno realizzato un’inchiesta sul sistema di accoglienza europea dei rifugiati. Secondo quanto emerge dai dati e dalle interviste raccolte l’Europa affronta la nuova crisi umanitaria ucraina con un ritardo medio di oltre 15 mesi nell’esame delle richieste di asilo. “Ai profughi ucraini – si legge nell’inchiesta – è applicato il sistema di protezione speciale accelerato, ma i sistemi di accoglienza già esistenti hanno accumulato centinaia di migliaia di richieste pendenti e un’alta percentuale di rifiuti”.
Alla fine del 2021 i Paesi della Ue avevano accumulato nel complesso quasi 760.000 richieste di asilo in attesa dell’esito della procedura. Sono tante? Se consideriamo che in totale, a dicembre, sono state ricevute poco più di 60.000 richieste, non sono poche. Detta altrimenti, questi quasi 760.000 procedimenti in sospeso equivalgono alle domande ricevute negli ultimi 15 mesi. E questo stesso sistema di asilo deve ora accogliere buona parte dei quasi 4 milioni di rifugiati che, secondo i dati delle Nazioni Unite, hanno lasciato l’Ucraina dopo lo scoppio della guerra con la Russia.
Come funziona
I rifugiati ucraini in fuga dalla guerra possono appellarsi in Europa al sistema di protezione speciale, attivato con una direttiva approvata il 4 marzo. Questo sistema, regolato da un’altra direttiva del 2001 finora mai applicata, sancisce per gli ucraini e i residenti in Ucraina prima del 24 febbraio il diritto d’asilo quasi automatico (che tuttavia consente agli Stati membri, e anzi li incoraggia, a estendere questa forma di protezione anche ad altri soggetti in condizioni analoghe). Tutto questo significa permessi di soggiorno, di lavoro, alloggio e istruzione per i minori con procedure molto snelle e ridotte. Il problema è che man mano che il sistema, già al collasso prima di questa crisi, comincia a saturarsi, alcuni centri non riescono più a evadere le richieste, e le code fisiche si trasformano in code virtuali in attesa di un appuntamento. La stessa norma che regola questo sistema assicura che la misura non comporterà stanziamenti di risorse aggiuntive, anche se è evidente che non se ne può avere la certezza.
Cosa dicono i dati raccolti?
Dal 2008 al 2020 67.110 ucraini hanno chiesto asilo nell’Unione europea, ma l’ha ottenuto solo il 18,7%. I Paesi più rigidi sono stati Croazia, Bulgaria, Lussemburgo, Lettonia e Slovenia, che non hanno accolto nessuna richiesta. Ma neanche Germania (6%) e Spagna (8%), due dei Paesi ad aver ricevuto più richieste insieme all’Italia, sono state particolarmente generose con gli ucraini. Ben diversa invece la risposta di Italia (quasi 45%), Malta (58%), Estonia (oltre il 68%) e Portogallo (78%).