“Le politiche green sono probabilmente inutili e dannose: a fronte di indicazioni poco solide e fragili sotto il profilo scientifico, producono devastanti ripercussioni economiche e sociali che sono certe”: così il prof. Nicola Scafetta, climatologo dell’Università Federico II di Napoli, uno dei massimi esperti di climatologia italiani, commenta ai microfoni di MeteoWeb le decisioni politiche adottate dai Paesi occidentali per fronteggiare il cambiamento climatico. Una riflessione che ci ricorda molto da vicino gli effetti dei lockdown adottati per fronteggiare la pandemia di Covid-19: si sono dimostrati inefficaci dal punto di vista epidemiologico, non hanno consentito la diminuzione dei contagi, dei ricoveri e dei decessi, ma hanno provocato gravissime conseguenze sulla nostra società.
“Adesso c’è la guerra – dichiara il prof. Scafetta – che è un fatto tragico e contemporaneo, quindi è giusto che l’emergenza climatica sia in questo momento declassata, in qualche modo, dall’agenda politica e mediatica europea. Tuttavia ritengo che sia soltanto una percezione, perché i governi stanno sempre cercando di affrontare il problema nello stesso modo di prima, quindi con l’obbiettivo di ridurre drasticamente l’uso dei combustibili fossili, considerati colpevoli di aver provocato un pericoloso cambiamento climatico. Anzi, la guerra tra Russia e Ucraina sembra essere diventata un motivo in più per accelerare questa situazione, di conseguenza il fine rimane più o meno sempre lo stesso: ridurre al minimo l’uso dei combustibili fossili. Una scelta che ritengo sbagliata, perché si tratta della principale fonte di energia disponibile al momento e quindi rinunciare a questa fonte di energia significa impoverirci. Sono molto preoccupato, sia per la guerra in Ucraina che è un fatto tragico, ma anche per tutte le conseguenze che ne derivano“.
Il prof. Scafetta ha realizzato numerose pubblicazioni scientifiche in materia climatologica: “Secondo i miei studi – spiega ai nostri microfoni – la CO2 e quindi tutti i fattori antropici che possono alterare il clima esistono ma non sono così importanti come viene ritenuto, quindi la riduzione delle emissioni da parte dell’Europa, degli USA e di pochi altri Paesi sviluppati probabilmente cambierà poco o nulla per due motivi. Innanzitutto, perché il sistema climatico è poco sensibile alle variazioni di CO2, certamente non lo è quanto i modelli climatici proposti ai governi dall’IPCC ci vorrebbero far credere. Secondariamente, ed è il motivo principale, ammesso e non concesso che la CO2 fosse così determinante, l’Europa può ridurre anche a zero le proprie emissioni ma non produrrà alcun effetto se contemporaneamente i Paesi con economie emergenti come Cina, India, Brasile e altri Stati asiatici, africani e sudamericani, emetteranno molta più anidride carbonica di quanta ne emettono ora come intendono fare, quindi l’effetto dei nostri sacrifici sarà in ogni caso vano sotto l’aspetto climatico, ma intanto avrà devastato la nostra società. Queste politiche non risolveranno nulla, bisognerebbe puntare sulla ricerca vera, finalizzata a trovare fonti di energia veramente alternativa ai combustibili fossili. Oggi, ad esempio, si torna a parlare molto della fusione nucleare che potrebbe risolvere davvero il problema energetico dell’umanità, e quindi una volta che avremo queste vere alternative energetiche, allora si potrà tranquillamente rinunciare ai combustibili fossili, ma oggi questo non è possibile perché ancora questa tecnologia innovativa non esiste. Eppure se si investisse di più nella ricerca, si potrebbe raggiungere quest’obiettivo. C’è bisogno di risorse, che invece vengono destinate oggi per ultra-sovvenzionare forme di energia inefficienti come l’eolico e il fotovoltaico, o addirittura per comprare armi. È chiaro che così la soluzione è lontana“.
Ma quindi, se non sono le attività umane a determinare i cambiamenti climatici, da cosa dipende il riscaldamento globale?
“Il clima della Terra è determinato da fattori assolutamente naturali e certamente un ruolo determinante è quello dei cicli solari, oltre all’attività vulcanica e a molti altri fattori. I miei studi si sono soffermati sull’analisi di fenomeni astronomici su medie e lunghe scali temporali: il sistema climatico della Terra è regolato da cicli decennali, secolari e millenari che ovviamente contribuiscono al cambiamento climatico. Tutti questi cicli sono dimostrati coerenti a cicli astronomici: si tratta di cicli solari, cicli planetari e cicli mareali. Quindi è necessario tenere conto di questa variabilità naturale per interpretare in modo corretto i cambiamenti climatici e farne le corrette previsioni per il futuro. E’ importante sottolineare che i modelli climatici usati dall’IPCC per fare le previsioni future, che poi sono usate dai politici per decidere le politiche di mitigazione climatica finalizzate alla riduzione dell’uso dei combustibili fossili, non sono in grado di riprodurre alcuna oscillazione naturale che regola i cambiamenti climatici“.
Il caldo “anomalo” dei nostri giorni, quindi, potrebbe non essere così “anomalo” come pensiamo?
“Oggi stiamo vivendo un ciclo millenario che ha riportato la temperatura sui valori che la Terra aveva già avuto mille anni fa, e duemila anni fa, nel periodo caldo medievale e nel periodo romano. Anzi, sappiamo che almeno il periodo caldo medievale è stato un periodo più caldo dell’attuale, e probabilmente lo è stato anche quello romano. I ghiacciai alpini erano più ridotti rispetto ad oggi, sia mille che duemila anni fa. Sappiamo che durante il Medioevo i Vichinghi hanno colonizzato la Groenlandia, stabilendosi lì con fattorie e allevamenti di animali, oggi impensabili per l’elevato freddo invernale. Quindi almeno in Europa e nel nord Atlantico le temperature medie erano superiori a quelle odierne; abbiamo meno indicazioni storiche dal resto del mondo per ovvi motivi, ma di certo ora non stiamo vivendo un’anomalia inspiegabile per i cicli naturali del clima della Terra né abbiamo temperature senza precedenti nella storia. Questo grande ciclo millenario spiegherebbe che il periodo caldo che stiamo vivendo possa essere prodotto da questa ricorrenza, che è legata a cicli solari. L’attività solare è cresciuta negli ultimi secoli, sin dal 1700 quando abbiamo avuto il grande minimo di Maunder in cui l’attività solare era depressa e noi sulla Terra abbiamo avuto la Piccola Era Glaciale, con anche la laguna di Venezia che si ghiacciava con una certa frequenza. Da allora fino ad oggi si è osservato un riscaldamento che è correlato all’aumento dell’attività solare, una correlazione che non si può ignorare. Il riscaldamento degli ultimi due secoli nasce proprio da questo, almeno in buona parte, cioè dal Sole. Purtroppo i modelli usati dall’IPCC non riproducono questo ciclo millenario e quindi finiscono per fraintendere il riscaldamento globale associandolo soltanto alle emissioni antropiche di gas serra, ma questo porta ad una sovrastima dell’effetto climalterante che l’anidride carbonica può avere, e a sua volta questo porta ad una sovrastima di quello che può essere il riscaldamento futuro. Tale sovrastima porta ad adottare politiche di mitigazione che in realtà potranno essere inutili, se non addirittura dannose. Già da studi di 10 anni fa sappiamo che questi modelli, soprattutto quelli più sensibili all’aumento della CO2, hanno sovrastimando notevolmente il riscaldamento globale dal 2000 ad oggi. Ricordate, ad esempio, quando Al Gore nel 2008 predisse che entro cinque o sei anni la calotta polare artica sarebbe scomparsa? E cosa pensare delle previsioni climatiche degli anni 70 quando si prevedeva una imminente glaciazione? Quello che veramente succede è che ci sono delle oscillazioni climatiche naturali con periodi di riscaldamento e periodi di raffreddamento che i modelli ancora non riescono a ricostruire ma che sono fondamentali sia per comprendere i cambiamenti climatici che per predirli. Le attuali politiche green dell’occidente sono basate su questi modelli che non riproducono le oscillazioni climatiche del passato e fraintendono le vere cause dei cambiamenti climatici e questo è un grosso problema perché il rischio è che esse non avranno effetti positivi sperati sul clima, ma, contemporaneamente, politiche climatiche discutibili rischiano di apportare povertà, disoccupazione e quindi enormi tensioni sociali“.
Però almeno vivremo in un mondo più pulito: se sotto l’aspetto climatico non risolveremo nulla, sicuramente avremo benefici innegabili per l’ambiente e la salute.
“No, neanche. I veri inquinanti, cioè sostanze pericolose per la salute umana, sono altri rispetto alla CO2. L’anidride carbonica è un gas innocuo per la salute umana, le decisioni politiche dovrebbero essere finalizzate a combattere i veri inquinanti, e, quindi, ad esempio, inventare motori più efficienti e che inquinano di meno, ma sempre usando il gasolio e benzina che al momento sono molto più economici ed efficienti di forme alternative di energia“.
Cosa dovremmo aspettarci, quindi, per i prossimi anni?
“Il ciclo millenario di cui abbiamo già parlato raggiungerà il massimo nel 2060, quindi saremo ancora in una fase calda considerando le anomalie a lungo termine. Invece il ciclo di 60 anni ha avuto una fase negativa dal 2000 fino ad ora, in cui le temperature sono aumentate poco rispetto a quello che i modelli IPCC prevedevano. Questa fase negativa continuerà per almeno altri dieci anni e, quindi, possiamo aspettarci che le temperature cambino moderatamente nei prossimi 10-15 anni, seppur in un contesto di temperature generalmente più elevate dei secoli scorsi perché ci stiamo avvicinando al massimo del ciclo millenario. Ma, come già sottolineato, il punto è che questi cicli non vengono considerati dai modelli che prevedono catastrofici aumenti di temperatura da decenni, e sono sempre stati smentiti dai fatti. Almeno due terzi dei modelli sono fuori dal range osservato, i modelli migliori e più affidabili sono quelli che predicono un riscaldamento moderato, che non è allarmante. Questo mette in dubbio la necessità di usare politiche di mitigazione così aggressive, come quello che vuole fare l’Europa che ha annunciato zero emissioni nel 2050, un obiettivo che è oggettivamente impossibile finché non ci sarà un’alternativa al combustibile fossile. Il cuore del problema è che si fanno politiche climatiche basate su modelli che sono già in contraddizione con le osservazioni climatiche. Non è un fatto corretto né dal punto di vista scientifico né dal punto di vista politico e rischiamo di provocare danni sociali senza alcun reale motivo scientifico“.