Spesso si sente parlare di “microplastiche“. Ma cosa sono esattamente? Si tratta di particelle di dimensioni inferiori ai 5 mm di diametro che possono essere prodotte o dall’alterazione di oggetti in plastica o, direttamente dalla fabbriche (già di quelle dimensioni). Vengono spesso citate quando si parla di inquinamento degli oceani e una tra le principali preoccupazioni è legata ai possibili danni sulla nostra salute.
Ma come si formano queste microplastiche? E quali sono le aree del mondo in cui sono più presenti?
Come si formano le microplastiche?
Come ripotato anche dall’Unione Europea, le microplastiche non sono altro che frammenti di plastica dalle dimensioni inferiori ai 5 mm di diametro e che possono essere suddivise in due grandi gruppi a seconda della loro origine: microplastiche primarie e secondarie.
Microplastiche primarie
Le microplastiche primarie sono quelle che vengono intenzionalmente prodotte di piccole dimensioni, solitamente a causa delle loro ottime proprietà abrasive. Possiamo trovarle all’interno di cosmetici, dentifrici, prodotti per la casa, detergenti, vernici, ma anche nell’industria petrolifera. Vengono utilizzate non solo per le loro proprietà abrasive, ma anche anche per migliorare la stabilità o l’aspetto di un prodotto: è ad esempio il caso di alcune tipologie di glitter.
Stando ai dati della European Chemical Agency, ogni anno ne vengono prodotte 145 mila tonnellate, delle quali 42 mila vengono disperse nell’ambiente.
Microplastiche secondarie
A differenza di quelle primarie, le microplastiche secondarie si formano in seguito all’alterazione di prodotti in plastica. Questo avviene ad esempio quando la plastica finisce in mare e si inizia lentamente a degradare sotto l’effetto del Sole e del mare.
Le microplastiche nell’ambiente
Per quanto riguarda le microplastiche che si formano sulla terraferma, grandi quantità raggiungono ogni giorno gli oceani di tutto il mondo: come confermato da un report pubblicato su Nature nel 2021, si stima che siano presenti tra i 15 e 51 mila miliardi di microplastiche galleggianti sulle acque superficiali nel mondo (dati elaborati nel 2015). Spesso e volentieri le correnti oceaniche permettono alle microplastiche di accumularsi in alcune porzioni dell’oceano dando origine a quelle che sono state in seguito battezzate giornalisticamente “isole di plastica“.
Tra tutte le isole di plastica, una tra le più estese è la Great Pacific Garbage Patch, al largo della costa occidentale degli USA, nell’Oceano Pacifico. Si tratta di un’area grande circa tre volte la Francia e originatasi a causa delle correnti superficiali del Pacifico che, muovendosi circolarmente in senso orario, creano una spirale con al centro una zona di “acque ferme”.
Le microplastiche sono pericolose?
Rispondere a questa domanda è estremamente complesso. Sappiamo per certo che le microplastiche presenti negli oceani possono essere inghiottite da animali marini e, attraverso la catena alimentare, arrivare fino a noi tramite il cibo. In questi anni, infatti, abbiamo osservato che queste sostanze possono essere presenti all’interno del nostro organismo: uno studio pubblicato nel 2022 su Environment International ha dimostrato come di un campione di 22 persone, il 77% possedesse tracce di microplastiche nel sangue.
Se è quindi vero che nel nostro corpo possano essere presenti microplastiche, tutt’altra faccenda è capire se e quanto queste particelle possono essere pericolose per la nostra salute – considerando anche il fatto che possono contenere additivi come stabilizzatori o ignifughi. Si tratta di un argomento delicato, la cui risposta richiederà del tempo: si spera che nei prossimi anni nuovi studi permetteranno di far luce sull’argomento, trovando delle prove in grado di mettere d’accordo l’intera comunità scientifica.
Le soluzioni europee contro le microplastiche
Al momento l’Unione Europea è al lavoro su diverse soluzioni per cercare di limitare la quantità di microplastiche in mare.
A settembre 2018, ad esempio, gli eurodeputati hanno approvato una serie di misure per aumentare i tassi di riciclaggio dei rifiuti di plastica nell’UE, mentre nel 2020 è stato imposto il divieto di aggiungere microplastiche primarie (cioè quelle prodotte intenzionalmente di piccola dimensione) all’interno dei prodotti cosmetici e detergenti.
Anche i prodotti usa e getta in plastica sono finiti nel mirino dell’Unione che, dal 14 gennaio 2022, ne ha vietato sia la produzione che la vendita.