Sebbene a passi lenti, le rinnovabili guadagnano terreno nel contesto energetico italiano. In attesa delle nuove misure che il governo sta mettendo a punto per sbloccare definitivamente gli impianti green, le quali confluiranno probabilmente nel decreto atteso la prossima settimana, nel periodo pasquale appena trascorso, da sabato 16 a lunedì 18 aprile, le fonti pulite hanno coperto oltre la metà della domanda di elettricità, con una punta del 60,3% proprio nel giorno di Pasqua.
Complice la festività e la richiesta energetica limitata per la chiusura delle attività produttive, secondo i dati di Terna tra le 14 e le 15 c’è stato un picco dell’89%, il valore più alto degli ultimi anni, raggiunto soprattutto grazie alla produzione fotovoltaica ed eolica. I dati sono meno entusiasmanti, ma comunque significativi, guardando alla normalità: nel mese di marzo, l’ultimo per cui si hanno i dati complessivi, l’Italia ha consumato 27,3 miliardi di kWh di energia elettrica, con una crescita del fabbisogno del 3,5% rispetto allo stesso mese del 2021 e in linea con quello di febbraio 2022. In questo caso la domanda è stata soddisfatta per l’87% dalla produzione nazionale, pari a 24 miliardi di kWh (+7,7%), con le rinnovabili che ne hanno coperto il 29%.
Il contributo è però di vario genere: Terna ha rilevato infatti come alla crescita importante della produzione eolica (+10,2%) e termica (+21,8%), abbia fatto da contraltare il calo di quella geotermica (-0,2%), fotovoltaica (-3,5%) e soprattutto di quella idroelettrica, che ha registrato un drammatico -48,2%. Da qualche mese sull’idroelettrico, fonte rinnovabile per eccellenza nel nostro Paese, si fa infatti sentire l’effetto della siccità. I fiumi in secca, a partire dal Po e dai suoi affluenti, stanno comportando livelli di riempimento degli invasi prossimi ai valori minimi degli ultimi 50 anni. I danni sono già evidenti nel Nord Est: “la produzione per i primi sei mesi dell’idroelettrico in Trentino è compromessa“, secondo l’assessore all’ambiente della Provincia autonoma di Trento, Mario Tonina. Il Veneto, infatti, chiede che Trentino e Alto Adige assicurino 20 metri cubi al secondo di acqua ciascuno. Ma al momento, per la scarsità di piogge e di neve durante l’inverno, nei bacini del Trentino c’è appena un quinto dell’acqua che normalmente si accumula nel periodo. Le conseguenze peggiori si faranno probabilmente sentire in estate, quando alla produzione di energia si affiancheranno anche le crescenti necessità di irrigazione della filiera agroalimentare.