La collina del Castello di Udine è il più grande tumulo preistorico artificiale d’Europa, costruito durante l’Età del bronzo 3.000-3.500 anni fa. Il Corriere della Sera ha presentato in anteprima i risultati dei lavori archeologici e geofisici guidati da Alessandro Fontana, professore associato di Geografia fisica e geomorfologia presso il dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova.
Il Castello è una collina preistorica artificiale con la cima spianata, alta 30 metri, larga 250 e con un volume di 400mila metri cubi. Lo scavo e le analisi sono partite dal progetto del Comune di costruire due ascensori per collegare il centro della città con il Castello: la Sovrintendenza aveva chiesto un approfondimento per studiare la collina.
“La leggenda narra che il tumulo, in linguaggio tecnico chiamato megamound, venne realizzato con i loro elmi dai guerrieri unni per far vedere ad Attila l’incendio di Aquileia, la città dell’Impero romano d’occidente che avevano saccheggiato nel 452 d. C.,” ha spiegato Fontana al Corriere. “Nel secolo scorso la scoperta di collinette di origine naturale alte 5-7 metri nella pianura friulana aveva portato a ritenere che anche il Castello di Udine fosse di natura geologica, almeno in parte. Invece i nostri scavi hanno risolto ogni dubbio“. “Ci aspettavamo di trovare un nucleo di ghiaie cementate, invece la collina non è naturale. Il materiale proviene probabilmente dalla sottostante Piazza Primo Maggio, dove adesso c’è un grande parcheggio mentre fino a due secoli fa era coperta da un laghetto, poi interrato“.
Il motivo che ha spinto gli uomini dell’Età del bronzo a creare la collina è un mistero: “Sorge nel mezzo della pianura friulana e, prima della costruzione della città moderna, si vedeva a chilometri di distanza,” ha spiegato Fontana. “Forse sulla cima c’era un santuario oppure serviva per incutere timore e rispetto: far capire a chi si avvicinava che aveva di fronte una potenza capace di fare qualcosa di straordinario e quindi era meglio non entrare in conflitto. Vogliamo compiere nuove e più approfondite analisi e datazioni accurate di reperti con il radiocarbonio per cercare di risolvere quello che al momento è ancora un enigma“.