In riferimento alle epatiti acute di origine sconosciuta in bambini precedentemente sani, i dati “sono ancora fluidi, a volte non molto precisi perché ci sono verifiche da fare, ma siamo a circa 190” casi segnalati “in questo momento in tutto il mondo e circa 40 nell’Ue/Spazio economico europeo“: lo ha reso noto, durante una conferenza stampa, Andrea Ammon, direttrice del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC). “Il Regno Unito è stato il primo Paese a lanciare un allarme all’inizio di aprile e ha segnalato più di 100 casi, ora più Paesi hanno fatto segnalazioni tra cui 10 Paesi Ue/See ma anche Israele e Stati Uniti“.
Molti di questi bambini hanno avuto un’epatite grave, diversi hanno avuto insufficienza epatica e alcuni sono stati sottoposti a trapianto di fegato. “Al momento la causa esatta di questa epatite rimane ancora sconosciuta,” ha sottolineato Ammon. Le epatiti da A a E “sono escluse e le autorità sanitarie pubbliche stanno ora esaminando possibili cause e fattori, le indagini in questo momento puntano su un collegamento all’infezione da adenovirus. Continueremo a monitorare, anche con l’Oms, per capire cosa c’è dietro. Finora non c’è alcun collegamento tra i casi e anche nessuna associazione con viaggi. Stiamo lavorando a una rapida valutazione del rischio che prevediamo di pubblicare giovedì“.
La tesi secondo cui c’è stata “poca esposizione negli ultimi due anni a causa dei lockdown e della poca interazione” tra i bambini “potrebbe essere un fattore, ma non posso né confermarlo né negarlo perché è ancora sotto indagine in questo momento,” ha sottolineato Ammon. “La presentazione clinica più comune è stata l’ittero, quindi l’ingiallimento nella pelle e negli occhi, seguito da vomito e sintomi gastrointestinali che sono compatibili con l’adenovirus su cui alcune indagini puntano, ma poi alcuni di questi bambini hanno avuto sintomi più gravi e insufficienza epatica davvero acuta che ha richiesto di eseguire trapianti di fegato in emergenza“.