È la misura della massa del bosone W più accurata che sia mai stata realizzata. È frutto di un lavoro di analisi durato dieci anni realizzato dalla Collaborazione dell’esperimento CDF (Collider Detector at Fermilab), che è stato in attività per oltre 25 anni all’acceleratore Tevatron del Fermi National Accelerator Laboratory, negli Stati Uniti. Il valore ottenuto dalla collaborazione scientifica attraverso questa scrupolosa analisi – spiega l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare – diverge da quello previsto dalla teoria del Modello Standard che descrivere il mondo delle particelle elementari e delle forze fondamentali. Il bosone W, la cui scoperta è valsa il premio Nobel per la fisica a Carlo Rubbia e Simon van der Meer nel 1984, è una delle due particelle mediatrici della forza debole ed è responsabile, tra l’altro, dei processi di decadimento nucleare che alimentano il nostro Sole. Il risultato di CDF, di cui l’Italia è uno dei soci fondatori, assieme a Stati Uniti e Giappone, e la cui partecipazione al progetto è coordinata dall’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, viene pubblicato su Science, conquistando la copertina della prestigiosa rivista scientifica dell’8 aprile 2022.
“Negli ultimi quarant’anni, molti esperimenti agli acceleratori hanno misurato la massa del bosone W: sono misure complicate ma nel tempo sono stati raggiunti livelli di precisione sempre crescenti”, commenta Giorgio Chiarelli, ricercatore della Sezione di Pisa dell’INFN e co-responsabile della collaborazione scientifica CDF. “Abbiamo impiegato molti anni per valutare tutti i vari aspetti da tenere in considerazione nella misura e per realizzare tutti i controlli e le verifiche necessari. Ad oggi, questa è la nostra misura più solida, e la discrepanza tra il valore atteso e quello misurato permane”, conclude Chiarelli.
“Questa misura premia uno sforzo decennale di un esperimento al quale gli italiani, con il supporto costante dell’INFN, hanno contribuito in maniera decisiva, sin dagli esordi, oltre 40 anni fa“, commenta Giorgio Bellettini, ricercatore all’INFN e professore emerito all’Università di Pisa tra i fondatori di CDF e primo responsabile non statunitense dell’esperimento.
MISURA SPERIMENTALE E TEORIA. La misura della massa dei mediatori W e Z è particolarmente importante, perché a differenza di quella delle altre particelle del Modello Standard, il loro valore è predetto dalla teoria. Grazie a questa nuova misura di CDF i ricercatori hanno determinato la massa della particella W con una precisione dello 0,01%, ossia due volte maggiore rispetto alla migliore delle precedenti misure, e questo consente loro di testare l’attuale quadro teorico che descrive la natura al livello dei suoi costituenti fondamentali.
La massa del bosone W è circa 80 volte la massa di un protone, cioè approssimativamente 80.000 MeV/c2. Il valore centrale e l’incertezza della nuova misura [nDt: di questa misura] è 80.433±9.4 MeV/c2. Questo risultato è basato sull’osservazione e l’analisi di 4,2 milioni di particelle candidate W, il quadruplo rispetto a quelle dell’analisi pubblicata dalla stessa collaborazione nel 2012. Il nuovo valore della particella W è coerente con molte misure precedenti, ma ve ne sono anche altre in disaccordo. Saranno quindi necessarie future misure per fare maggiore chiarezza su questo aspetto.
La collaborazione CDF ha inoltre comparato il risultato così ottenuto con il valore atteso per la massa del bosone W in base al Modello Standard: 80.357 ± 6 MeV/c2. Questo valore si ricava con complessi calcoli che legano la massa del bosone W alle misure delle masse di altre due particelle: il quark top, scoperto sempre da CDF e da D0 al Tevatron nel 1995, e il bosone di Higgs, scoperto dagli esperimenti ATLAS e CMS all’acceleratore LHC del CERN nel 2012. Se sarà confermata, questa nuova misura sembra suggerire che potrebbe essere necessario affinare i calcoli teorici del Modello Standard, oppure introdurre delle estensioni alla teoria, arricchendola con nuove idee fisiche.
“Il risultato è un contributo importante per testare l’accuratezza del Modello Standard, – spiega David Toback, professore della Texas A&M University e co-responsabile di CDF – ora saranno gli altri esperimenti e la comunità dei fisici teorici ad approfondire e fare maggiore chiarezza su questa discrepanza”. “Se la differenza tra il valore sperimentale e quello atteso è dovuta a qualche nuova particella o interazione subatomica, che è una delle possibilità, c’è una buona probabilità che essa possa essere scoperta nei prossimi esperimenti”, conclude Toback.
IL RUOLO DELL’INFN E DELL’ITALIA IN CDF. Ricorda Giorgio Bellettini: “Nell’inverno del 1979, quando al Fermilab si studiava come trasformare il protosincrotrone Tevatron in un collisore fra fasci di protoni e di antiprotoni, fisici dei Laboratori Nazionali di Frascati e della Sezione di Pisa dell’INFN stabilirono una collaborazione con gruppi americani e giapponesi per studiare con il nuovo collisore le interazioni subnucleari alle massime energie allora raggiungibili. Insieme progettammo e costruimmo un rivelatore magnetico, il Collider Detector at Fermilab (CDF), che operò dal 1985 al 2011 introducendo straordinarie novità nelle tecniche di misura e di analisi degli eventi nucleari. Da una ricca messe di dati sperimentali fu scoperto l’ultimo dei sei quark esistenti in natura e furono ottenute misure di precisione di parametri fondamentali del Modello Standard dei fenomeni subnucleari. La misura di precisione della massa del portatore carico delle interazioni deboli, il bosone W, che viene resa pubblica ora, è uno dei più straordinari risultati di CDF. Con una raffinata, puntigliosa analisi dei dati raccolti dall’esperimento la massa del W è stata misurata entro incertezze statistiche e sistematiche inferiori a quelle di tutte le precedenti misure combinate insieme. Poiché il valore trovato è in tensione con quello atteso a partire dagli altri parametri del Modello Standard, è iniziato un acceso dibattito sul possibile motivo di questa discrepanza. La risoluzione di questa incertezza potrebbe portare a una estensione di fondamentale importanza dell’esistente modello teorico. I gruppi italiani in CDF sono molto cresciuti nel tempo. Nel 2003 la Collaborazione comprendeva 650 fisici di vari Paesi impegnati nella fisica delle particelle, con 111 italiani delle Sezioni INFN e delle Università di Padova, Bologna, Trieste-Udine e Roma1 Sapienza, oltre a Pisa e ai Laboratori Nazionali di Frascati. In ogni momento il contributo degli italiani e il loro ruolo nella Collaborazione sono stati determinanti. Nella storia di CDF, i cinque responsabili dell’esperimento non americani sono stati tutti italiani”.