Ieri, 22 aprile, alle 12:16, è stato riavviato il Large Hadron Collider del CERN e due fasci di protoni hanno percorso, all’energia di iniezione di 450 miliardi di elettronvolt (450 GeV), in direzioni opposte, un primo intero giro dell’anello, lungo 27 chilometri, del più grande e potente acceleratore al mondo. LHC è così tornato in attività dopo una pausa di oltre tre anni (LS2, Long Shutdown 2) per i lavori di manutenzione e aggiornamento che hanno interessato sia l’acceleratore stesso sia i grandi esperimenti dislocati nei punti di collisione dei fasci. I fasci di protoni che hanno iniziato a circolare in LHC sono per ora a bassa intensità e viaggiano appunto all’energia di iniezione, quindi a bassa energia. Bisognerà attendere ancora alcune settimane perché abbia inizio il vero e proprio programma di fisica, il Run3, che dovrebbe iniziare a luglio. Prima è infatti necessario effettuare il collaudo della macchina e aumentare l’intensità dei fasci e la loro energia fino a raggiungere l’energia di regime di 13,6 trilioni di elettronvolt (13,6 TeV), un’energia ancora più elevata rispetto a quella raggiunta nel Run2.
“Con il Run 3 si apre un quadriennio che si annuncia eccitante per la fisica delle particelle”, commenta Roberto Tenchini, presidente della Commissione Scientifica Nazionale di fisica delle particelle dell’INFN. “LHC dovrebbe rendere assai più solidi i dati sulle anomalie osservate nei decadimenti del quark b durante il Run2, escludendole o confermandole definitivamente. Inoltre gli studi sulle proprietà del bosone di Higgs, scoperto 10 anni fa proprio a LHC, potranno essere effettuati con statistica assai più alta, estendendo contemporaneamente il territorio esplorato alla ricerca di nuovi fenomeni”, conclude Tenchini.
Il Run3 di LHC vedrà, infatti, gli esperimenti raccogliere dati dalle collisioni non solo a un’energia record ma anche in quantità senza precedenti. Gli esperimenti ATLAS e CMS raccoglieranno più dati di quelli raccolti nei primi due Run messi assieme, mentre i dati raccolti da LHCb, che ha subito un completo rinnovamento durante il LS2, dovrebbero aumentare di un fattore almeno tre. ALICE, poi, che è un rivelatore specializzato nello studio delle collisioni tra ioni pesanti, può aspettarsi un aumento da quattro a cinque volte del numero totale di collisioni di ioni, grazie al recente completamento di un importante aggiornamento. Il numero senza precedenti di collisioni consentirà alle collaborazioni internazionali di ricercatrici e ricercatori del CERN e di Istituti e Laboratori di tutto il mondo di studiare il bosone di Higgs in grande dettaglio e di sottoporre il Modello Standard della fisica delle particelle e le sue varie estensioni a ulteriori prove. Altre cose in arrivo con il Run 3 includono il funzionamento di due nuovi esperimenti, FASER e SND@LHC, progettati per cercare la fisica oltre il Modello Standard, collisioni speciali protone-elio per misurare la frequenza con cui vengono prodotte le controparti di antimateria dei protoni in queste collisioni, e le collisioni che coinvolgono ioni ossigeno che miglioreranno la conoscenza della fisica dei raggi cosmici e del plasma di quark e gluoni, uno stato della materia che esisteva poco dopo il Big Bang.
Interventi effettuati su LHC durante LS2
Il lungo shutdown 2 ha permesso un importante ammodernamento e miglioramento degli iniettori di LHC. Il cosiddetto progetto LIU (LHC Injectors Upgrade) ha realizzato la sostituzione del primo “anello” della catena di accelerazione (il LINAC2) con il LINAC4, che accelera le particelle a un’energia più elevata, ma soprattutto produce un’intensitá doppia di protoni per pacchetto. Inoltre, il rimpiazzo del sistema a radio-frequenza dell’acceleratore SPS e molti altri interventi di miglioria della lunga catena di iniezione permettono di ottenere densità di particelle più elevate per rispondere alle esigenze di HL-LHC (High-Luminosity LHC), il progetto di aumento del numero di collisioni in LHC, che dovrebbe realizzarsi a partire del 2026.
Inoltre, nel corso di LS2 si sono potuti compiere una serie di interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria su LHC, che permetteranno di aumentare l’energia di collisione della macchina, ma soprattutto di funzionare nei prossimi quattro anni con una rinnovata affidabilità e giungere all’appuntamento di HL-LHC con una parte dei lavori di upgrade già avanzati.
“L’attività più importante per LHC è stato il progetto DISMAC (acronimo di Diode InSulation and MAgnet Consolidation), – spiega Mirko Pojer, co-responsabile del progetto DISMAC – che ha permesso di rinforzare LHC per permettere l’aumento sicuro dell’energia da 6.5 a 6.8 TeV”. Si tratta dell’isolamento di uno dei componenti critici per la protezione dei magneti di LHC: i diodi. Durante il quench (transizione tra la fase superconduttiva e la fase resistiva), che può occorrere in un magnete superconduttivo quando si aumenta la corrente (e quindi il campo magnetico al suo interno) a valori prossimi al suo limite ingegneristico, un diodo, collegato in serie con il magnete, si attiva per evitare che la corrente continui a circolare nel magnete; altre protezioni garantiscono inoltre che l’energia del magnete si dissipi in maniera sicura al suo interno. Per una serie di ragioni pratiche, la connessione elettrica della maggior parte dei diodi dei 1232 dipoli di LHC non fu isolata durante l’installazione della macchina, con il risultato che, durante i molteplici quench avvenuti nel passato, in due casi si è osservato un problema elettrico (corto a terra di uno di questi diodi) che ha richiesto il riscaldamento di una parte della macchina per risolverlo. L’aumento dell’energia di LHC, sebbene dell’ordine di un ‘piccolo’ 5%, ha comportato circa 900 quench sui dipoli nel tunnel nell’ultimo anno: senza il consolidamento effettuato sull’isolamento dei diodi, avremmo potuto avere altri casi di perdita dell’isolamento elettrico, con conseguenze possibilmente anche serie sulla disponibilitá e integritá della macchina. Per completare questo lavoro di consolidamento di LHC, una squadra di circa 150 persone ha lavorato durante poco più di un anno per aprire più di 1200 interconnessioni tra magneti, permettere l’accesso ai diodi, isolarne le parti nude e richiudere e testare il tutto. Inoltre, una parte di questa squadra ha lavorato a sostituire 22 dei magneti della macchina che avevano delle debolezze elettriche di altro tipo (circuiti secondari danneggiati, protezione ridotta, configurazione dei tubi delle particelle non standard ecc.) e ha contribuito a implementare nuove soluzioni di misura e diagnostica sui circuiti di raffreddamento di LHC.
Parlando poi di raffreddamento, durante i due anni di LS2, l’acceleratore ha dovuto essere riscaldato per poter operare sui suoi magneti. Il servizio di criogenia del CERN ne ha quindi approfittato per compiere dei lavori di manutenzione di tutte le installazioni, inviando i grossi compressori (che servono a rafferddare l’elio che scorre nei magneti) persino a migliaia di chilometri di distanza per rimetterli in un perfetto stato di funzionamento che garantisca di operare senza problemi durante i prossimi quattro anni del Run3.
Molti altri gruppi e servizi sono stati poi attivi nel tunnel di LHC. A partire dal gruppo di protezione, che ha effettuato interventi di manutenzione sui sistemi che garantiscono di operare in maniera continua e sicura su LHC. Al gruppo di radio-frequenza, che ha sostituito dei moduli delle cavità che accelerano i fasci e ha lavorato a migliorare la diagnostica e i sistemi di feedback. Il gruppo di strumentazione ha anch’esso migliorato i propri strumenti di “osservazione” dei fasci, mettendo inoltre a punto tecnologie che saranno di grande utilizzo negli anni di HL-LHC. Proprio per HL-LHC, poi, un grande lavoro è stato fatto negli ultimi anni per realizzare le infrastrutture necessarie all’installazione di tutte le apparecchiature per il futuro upgrade della macchina, con lo scavo di due tunnel di 300 metri di lunghezza che corrono paralleli al tunnel principale, al punto 1 e 5 di LHC.
“Molti interventi sono stati realizzati, che hanno permesso di mettere LHC a regime e pronto a funzionare a un nuovo record di energia per i prossimi quattro anni, ma che hanno anche spianato la strada al prossimo progetto del CERN, volto ad aumentare la raccolta dii dati a LHC verso un futuro più brillante”, conclude Mirko Pojer.