Terremoto L’Aquila: “la guerra non deve far dimenticare le vittime del sisma del 2009”

Erano le ore 03:32 del 6 aprile 2009 quando un scossa di terremoto devastò l'Abruzzo
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La guerra non deve far dimenticare le vittime del terremoto de L’Aquila! Erano le ore 03:32 del 6 aprile 2009 quando un scossa di terremoto magnitudo 6.3 colpì vari centri abitati dell’Abruzzo. L’epicentro fu nella zona compresa tra le frazioni di Roio Colle, Genzano di Sassa e Collefracido. Le vittime furono 309, oltre 1.600 feriti e oltre 10 miliardi di euro di danni. Morirono anche tanti studenti. A distanza di 13 anni le associazioni “AVUS 6 aprile 2009”, Associazione Vittime Universitarie del Sisma del 2009 costituita da alcuni genitori dei giovani studenti e la Società Italiana di Geologia Ambientale (SIGEA-APS) si ritroveranno insieme in due importanti eventi che si svolgeranno rispettivamente, oggi, 5 aprile a L’Aquila, alle ore 15, presso l’aula magna “Alessandro Celementi” del Dipartimento Scienze Umane, con la cerimonia di premiazione del IX premio AVUS sulla migliore tesi sulla prevenzione sismica e Venerdì 8 aprile, a Roma, presso la Sala “Nuova Aula dei Gruppi Parlamentari” della Camera dei Deputati, con la presentazione del volume “Considerazioni geologiche, economiche e sociali nella gestione e prevenzione del rischio sismico – L’ESPERIENZA “AVUS 6 APRILE 2009”, curato da Eugenio Di Loreto e Michele Orifici“: lo ha annunciato Antonello Fiore, Presidente Nazionale della Società Italiana di Geologia Ambientale.

Furono proprio i genitori di Nicola Bianchi, Daniela Bartoletti, Martina Benedetta Di Battista, Gabriele Di Silvestre, Carmelina Iovine, Ivana Lannutti, Maurizio Natale, Sara Persichitti, Michele Strazzella, Enza Terzini, Maria Urbano, Roberta Zavarella, a costituire l’”AVUS 6 Aprile 2009” e a promuovere nel loro ricordo e grazie all’impegno del giornalista RAI Umberto Braccili che pubblicò il libro “Macerie dentro e fuori”, iniziative volte all’importanza della prevenzione sismica.

Il patrimonio sismico nazionale ha elevati livelli di vulnerabilità per ogni tipologia del costruito, dall’edilizia a uso abitativo a quello produttivo, da quello scolastico agli edifici strategici, dalle chiese ai beni monumentali. I disastri sismici, accaduti in Italia con una media di 5 anni, negli ultimi 160 della nostra storia unita dell’Italia, ce lo hanno ricordato ogni volta, trasformando interi paesi e borghi in cumuli di macerie. Gli edifici a uso residenziale esistenti in Italia sono più di dodici milioni, di cui circa 975 mila ubicati in comuni a elevata pericolosità sismica, con una accelerazione attesa [max] > 0.25. Oltre il 55% degli edifici residenziali è costituito da muratura portante. Se si prendono in considerazione anche le strutture realizzate in calcestruzzo armato, prima del 1980 – ha continuato Fiore – quando ancora la normativa sismica era debolmente applicata, la percentuale degli edifici residenziali aventi vulnerabilità medio-alta sale a oltre il 70% del totale. Da anni è aperto il dibattito sulla costruzione di una anagrafe del costruito, attraverso la predisposizione del cosiddetto “fascicolo del fabbricato”, rivolto sia agli edifici privati, sia a quelli pubblici. Un tale strumento, oltre a un’azione diagnostica speditiva, dovrebbe portare all’integrazione di dati e informazioni esistenti, da rilevare, acquisire ed elaborare, sia sulle caratteristiche costruttive dell’edificio, sia sulle caratteristiche del substrato geologico su cui è fondato, con riferimento alle amplificazioni sismiche locali, ma anche al rischio di liquefazione, o di interferenza con altri fenomeni geologici e geomorfologici, quali frane e cavità sotterranee. In tale logica, si impone anche un nuovo approccio alla pianificazione urbanistica, che si correli con il piano comunale di protezione civile e che prenda in considerazione i possibili scenari di rischio, attuali e futuri, finalizzati alla preservazione delle funzioni strategiche e vitali delle città, riferendosi al sistema della Struttura Urbana Minima (Sum)”.

Oggi l’antisismica è possibile anche con tecniche innovative e non invasive. Tutto il costruito dopo il 2008 in area sismica teoricamente, non dovrebbe avere necessità di interventi. In realtà, abbiamo visto fin troppi casi di edifici recenti miseramente crollati.
L’Italia ha circa 12 milioni di edifici residenziali per un totale di 29.074.722 abitazioni, di cui quasi il 40%, 10,6 milioni in area sismica: 1,4 milioni in zona 1 e 9,2 milioni in zona 2. In questo mosaico di debolezze strutturali vivono circa 21,8 milioni di persone, il 36% della popolazione italiana. Altri 19 milioni di italiani risiedono nella terza fascia di rischio
L’indagine che realizzò la struttura di missione “Casa Italia” di Palazzo Chigi, in pochi mesi, nel 2017, rilevò oltre 550.000 edifici residenziali non a norma nei 687 Comuni più sismici. Un elenco sterminato di case in muratura portante – ha continuato Fiore – o calcestruzzo armato costruite prima del 1971, quando tutto era permesso nella totale assenza di minimi obblighi costruttivi in zone sismiche, facili ad essere danneggiate come hanno dimostrato anche gli ultimi crolli di Amatrice o Accumoli, Ischia o alle falde dell’Etna. Gli stessi pericoli di quanto è accaduto a L’Aquila li corre anche una bella quota di edilizia produttiva come strutture e capannoni di aree industriali, centri commerciali, turistici e artigianali. Delle 325.427 strutture ad esclusivo o prevalente uso produttivo, 133.000 le hanno costruite tra il 1971 e il 1990, e quasi 3 su 10 a dopo il 1990, chiudendo un occhio sull’antisismica su tante delle 95.000 strutture nelle aree a più elevata sismicità. Nelle stesse condizioni ci sono poi 75.000 edifici pubblici “strategici”: 1.822 ospedali dei circa 5.700, caserme, municipi, prefetture. E il 41% dell’edilizia scolastica con un edificio su dieci realizzato in epoca anteriore al 1919 e il 43% pre-1971. Anche qui, quasi il 45% dell’intera rischiosità la troviamo al Sud, il 22% al Centro, il resto al Nord. Ecco a cosa servirebbe l’obbligo del “Fascicolo di Fabbricato” da sempre boicottato in parlamento e nel Paese. Farebbe uscire allo scoperto tanta edilizia spazzatura, e salverebbe la pelle a chi ci vive dentro in condizioni di pericolo”.

Sono necessari interventi legislativi e regolamentari che obblighino alla predisposizione di una documentazione tecnica minima, in funzione dei livelli di esposizione degli edifici, che potrà anche essere un utile riferimento per stimare il valore immobiliare di mercato e stabilire il premio assicurativo, come già si fa in altri Paesi, a copertura dei rischi da disastro naturale. Sempre in tema di vulnerabilità, le scuole e gli edifici strategici dovrebbero avere la priorità massima, sia in termini di tempistica di intervento, sia in termini di capacità di resistenza allo scuotimento sismico. Il quadro relativo agli edifici scolastici nel nostro Paese è ancora disastroso. Oltre il 60% delle scuole non è ancora adeguato sismicamente e più del 40% ricade in zona 1 e 2 di pericolosità sismica nazionale. Per valutare come realizzare scuole ed edifici strategici antisismici, vale la pena di ricordare che la mappa di pericolosità sismica del territorio nazionale è stata elaborata con un criterio probabilistico – ha concluso Antonello Fiore, Presidente Nazionale della Società Italiana di Geologia Ambientale – che si basa su conoscenze relative alla sismotettonica, distribuzione e natura delle faglie e sul catalogo parametrico dei terremoti italiani dell’INGV. Questa è espressa in termini di accelerazione massima del suolo, con probabilità di eccedenza del 10% in 50 anni. Una novità importante in materia di edilizia scolastica è rappresentata dal nuovo piano straordinario da oltre 500 milioni di euro, che sta per essere varato dal Commissario Straordinario per la Ricostruzione post sisma 2016, tramite apposita ordinanza speciale in deroga, finalizzata alla riparazione del danno ed adeguamento sismico di ben 184 scuole, nelle aree colpite dal recente terremoto dell’Italia centrale, in aggiunta agli interventi già previsti e finanziati. Un accordo intercorso tra Commissario Straordinario e Dipartimento Casa Italia prevede l’istituzione di un gruppo di lavoro per il monitoraggio e la definizione di apposite linee guida, per la qualità della progettazione degli interventi che, si auspica, possano orientare correttamente le soluzioni di intervento nella direzione auspicata”.

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