“Il carbonio trascinato a profondità sub-arco e sequestrato nel mantello superiore astenosferico durante le subduzioni “fredde” viene potenzialmente rilasciato dopo milioni di anni durante la rottura delle placche continentali. Tuttavia, non è chiaro se queste riserve di carbonio profondo possano essere rimobilizzate localmente su scale temporali a breve termine”, si legge in uno studio italiano, pubblicato sulla rivista “Communications Earth and Environment” del gruppo Nature, in cui è stato rivelato “il destino del carbonio sequestrato durante la subduzione “fredda” analizzando un terremoto insolitamente profondo avvenuto nel dicembre 2020 nel mantello litosferico sotto Milano, al di sopra di una riserva di carbonio profondo precedentemente identificata con metodi geofisici”.
“Un’importante anomalia a bassa velocità delle onde di taglio, situata a profondità fino a 180 km circa sotto la Pianura Padana, alla luce delle attuali conoscenze petrologiche e del quadro geodinamico regionale, suggerisce una possibile cattura di carbonio, attiva nel mantello astenosferico al di sopra della placca europea in subduzione. Questa vasta riserva di carbonio, rilevata su un’area di circa 105km², potrebbe essere rimobilizzata durante episodi di rift continentale determinando futuri picchi di degassamento di anidride carbonica dovuti al massiccio rilascio di carbonio riciclato. Nonostante l’impatto atteso di questi processi sia sulle scale temporali tipiche dei cicli tettonici delle placche, abbiamo esplorato la possibilità che il carbonio profondo possa essere mobilizzato su scale temporali molto più brevi e rilevanti per l’uomo. La presenza e migrazione di fusi/fluidi all’interno della Terra possono essere rivelate dalle componenti volumetriche dei tensori del momento sismico. In questo studio, abbiamo combinato l’analisi sismologica e la modellazione petrologica con i risultati di recenti studi geofisici della struttura profonda della regione alpina per rivelare l’evoluzione del carbonio profondo stoccato nel mantello sotto la Pianura Padana”, si legge nello studio.
Il terremoto preso in esame nello studio si è verificato sotto Milano il 17 dicembre 2020, ha avuto magnitudo momento 4.6 ± 0.3 e ipocentro nel mantello litosferico della placca adriatica a una profondità di 66 ± 20 km. “L’evento sismico si è originato in una regione con velocità delle onde di taglio leggermente inferiori a quelle generalmente osservate nel mantello litosferico della placca adriatica (4.25–4.55 km s−1 vs 4.50–4.80 km s−1). Ciò può suggerire la presenza di piccoli volumi di fusi/fluidi provenienti da regioni più profonde dell’astenosfera dove le velocità delle onde di taglio raggiungono i 4.00–4.30 km s−1”, riporta lo studio.
Gli autori dello studio dimostrano che “il tensore del momento della sorgente del terremoto include una componente esplosiva importante che attribuiamo alla migrazione di fluidi/fusi ricchi in carbonio lungo zone di taglio nel mantello superiore e al rapido rilascio di circa 17.000 tonnellate di anidride carbonica quando i fusi in risalita escono dal campo di stabilità dei carbonati”. “I nostri risultati sottolineano l’importanza dei fusi ricchi in carbonio per i budget di emissione di anidride carbonica lungo i margini continentali attivi”, evidenziano i ricercatori nel loro studio.
“La quantità di CO₂ rilasciata durante la fagliazione è stata valutata in base alla variazione di volume misurata e alle condizioni di pressione alla profondità ipocentrale. Il limite inferiore della quantità di CO₂ degassata dedotta per il terremoto di Milano supera la CO₂ emessa quotidianamente dai vulcani più attivi al mondo in termini di degassamento, come il Nyiragongo–Nyamuragira (circa 15.790 ton/giorno) e l’Etna (9.083 ton/giorno). Non sono ancora disponibili misurazioni dirette delle emissioni di CO₂ associate ai terremoti del mantello. Queste sono probabilmente difficilmente risolvibili dalle emissioni antropiche, soprattutto in aree industriali come la Pianura Padana, e possono essere anche ostacolate dalla diffusione della CO₂ in risalita nelle falde acquifere e nei suoli. Tuttavia, i nostri risultati dimostrano che le riserve di carbonio del mantello astenosferico formate durante subduzioni “fredde” possono subire una rimobilizzazione pressoché istantanea guidata dalla tettonica, contribuendo episodicamente alla CO₂ atmosferica. Concludiamo che il degassamento diffuso di carbonio attraverso faglie e zone di taglio è un processo rilevante, non solo nei rift continentali e nelle faglie trasformi ma anche nei margini continentali attivi dove le emissioni dagli archi vulcanici sono principalmente controllate dall’interazione tra l’evoluzione del carbonio profondo nel mantello superiore e la tettonica attiva”, concludono gli autori dello studio.
Il terremoto avvenuto il 18 Dicembre 2021 molto probabilmente ha caratteristiche simili a quelle del 17 Dicembre 2020, ma le risorse attualmente disponibili non permettono il necessario approfondimento per la conferma o meno della validità di un modello che può avere un grosso impatto sulla comprensione della circolazione della CO2 nel sistema litosfera atmosfera.